Il 2023 è l’anno che porta con sé il ventesimo anniversario di “Pirati dei Caraibi: la Maledizione della Perla Nera”. Uscito il 9 luglio del 2003 fu un inaspettato successo e un clamoroso campione d’incassi.
So che, ripensandoci, sembra strano che nessuno all’epoca ne immaginasse il trionfo: ci sono Johnny Depp, Orlando Bloom e Keira Knightley fra pirati e fantasmi, cosa potremmo desiderare di più?
Ma il cinema, nonostante viva di soldi e previsioni, è un’arte imprevedibile e, ripercorrendo la genesi di quella pellicola, ogni vostra perplessità verrà fugata.
Pirati dei Caraibi, le origini
Nei primi anni 2000 Ted Elliot e Terry Rossio erano due sceneggiatori molti richiesti. Avevano scritto “Aladdin”, “La maschera di Zorro”, “La strada per El Dorado” e ottenuto la nomination agli Oscar per “Shrek”. Ma nei primi anni 90 si barcamenavano come molti, tentando di sfondare.
Una delle loro idee più bizzarre era quella di dare vita a un film sui pirati con toni soprannaturali. Quando scoprirono che la Walt Disney era interessata a realizzare una pellicola ispirata alla celebre attrazione di Disneyworld “Pirati dei Caraibi” colsero la palla al balzo.
La loro sceneggiatura era molto diversa dal film che oggi conosciamo.
Eppure riuscì a convincere un peso massimo come Steven Spielberg che sembrava, a sua volta, intenzionato a realizzare un film sui pirati (lo avrebbe poi fatto, anni dopo, con “Hook”). Le prime proposte di casting comprendevano Steve Martin e Bill Murray. Bastarono pochi mesi e Spielberg uscì dal progetto mentre la Disney bocciava il tutto non trovandosi a suo agio con il tono generale.
Il progetto tornò in auge all’inizio del 2000 grazie allo sceneggiatore Jay Wolpert che riscrisse interamente la sceneggiatura. Qui iniziamo a intravedere la storia che ricordiamo bene: la giovane guardia carceraria Will Turner fa evadere il pirata Jack Sparrow affinché lo aiuti a salvare l’amata Lady Elizabeth dalle grinfie del pirata Barbossa.
Purtroppo la Disney non sembrava crederci più di tanto e arrivò a suggerire di trasformarlo in un prodotto direct-to-video, uno di quei film che uscivano direttamente per il mercato dei DVD.
Venne reclutato un altro sceneggiatore, Stuart Beattie (futuro autore di “Collateral”), grande esperto di pirateria, che inserì numerosi riferimenti autentici e storicamente accurati al progetto.
Fu a quel punto che entrò in scena Jerry Bruckheimer, uno dei più famosi e potenti produttori di action movies hollywoodiani. I dubbi erano ancora parecchi, soprattutto perché ora il progetto sembrava un convenzionale film sui pirati, seppure accurato, e questo era il serio problema.
Pirati dei Caraibi – i dubbi della Disney
Giunti a questo punto potreste domandarmi: “Mr. Rob, ma per quale motivo tutti sembravano così spaventati dai Pirati dei Caraibi?”
La risposta è semplice: all’epoca Hollywood era terrorizzata all’idea di investire molti soldi in un film sui pirati. L’epoca d’oro degli anni ’50 che vedeva superstar come Douglas Fairbanks o Erroll Flynn combattere sulle navi con i loro baffetti da seduttori era finita.
Negli anni precedenti due pellicole molto ambiziose come “Pirati” di Roman Polanski e “Corsari” di Renny Harlin erano state due fallimenti catastrofici. Ogni Studio che si rispetti cerca sempre di evitare gli errori dei colleghi più sfortunati. Di conseguenza l’argomento pirateria era diventato off-limits e nessuno desiderava perdere altri milioni di dollari, indipendentemente dalla potenziale bontà del progetto.
Jerry Bruckheimer lo sapeva bene e, proprio per questo, fece la più classica delle mosse a sorpresa: richiamò i due sceneggiatori originali Ted Elliot e Terry Rossio imponendo loro di inserire proprio quella componente soprannaturale nella quale credevano e che si era persa nelle stesure successive.
Quindi sì: “Pirati dei Caraibi” è entrato in produzione senza l’elemento narrativo della maledizione, che sarebbe poi diventato quello che lo rese subito riconoscibile. Capita frequentemente che riscritture in corso d’opera trasformino radicalmente un progetto, per questo nutro scetticismo verso chi ritiene che le modifiche durante le riprese siano sempre sbagliate a priori.
Pirati dei Caraibi, il cast
Ma la riuscita del film dipende anche dal suo cast. Il regista prescelto, Gore Verbinski, collaborò con Bruckheimer per trovare i volti giusti. Orlando Bloom fu in ballottaggio fino alla fine con Heath Ledger, ma venne scelto per via dell’immane successo del suo Legolas de “Il Signore degli Anelli”.
Geoffrey Rush venne contattato da Verbisnki per interpretare Barbossa perché desiderava un attore che adottasse uno stile alla Peter Sellers per quel personaggio (non a caso Rush avrebbe poi interpretato Sellers in un biopic pochi anni dopo).
Keira Knightley aveva solo 17 anni quando venne ingaggiata. Era talmente convinta di non essere adeguata per una simile produzione che portò con sé pochi bagagli, certa che l’avrebbero licenziata nel giro di una settimana.
E invece fu il film della sua rivelazione, ma pochi se n’erano davvero accorti. Tra questi Geoffrey Rush che impose a Verbinski di occupare il lato sinistro delle inquadrature ogni volta che doveva dividere la scena con Keira. La ragione era semplice: l’occhio umano guarda una scena partendo sempre dal lato sinistro e se lei lo avesse occupato avrebbe catalizzato l’attenzione generale a discapito di chi stava recitando sul lato opposto!
La vera sfida fu trovare il perfetto Jack Sparrow. Molti nomi vennero vagliati e Jim Carrey fu in trattative fino alle fasi finali, quando dovette rinunciare per le concomitanti riprese di “Una settimana da Dio”. Allora Bruckheimer propose Johnny Depp e ottenne dalla Disney una reazione gelida.
Dovete pensare che nel 2002 Depp non era certo una superstar, anzi. Attore specializzato in pellicole d’autore, sovente poco efficaci al botteghino, si era ritirato in Francia con la moglie Vanessa Paradis e nutriva una forte insofferenza verso Hollywood.
Eppure anche Verbinski lo trovava adatto e Depp accettò quando gli venne concesso di lavorare alla costruzione fisica e caratteriale del personaggio.
Anche per questo motivo non fu una lavorazione facile. Gli executives della Disney non approvavano le sue movenze strambe e la sua recitazione sopra le righe, lo facevano presente ogni singolo giorno.
E quando il film “I favororsi”, tratto da un’altra attrazione di Disneyworld, si rivelò un flop doloroso, l’allora amministratore delegato dello Studio Michael Eisner disse a Verbinski che se non fossero già arrivati a metà riprese avrebbe probabilmente cancellato l’intero film!
Pirati dei Caraibi, l’enorme successo
Quella che avete appena letto non è una eccezione. Spesso i film hollywoodiani di grande successo nascono da lavorazioni complesse, colme di ripensamenti e incidenti fortunati.
“Pirati dei Caraibi: la Maledizione della Perla Nera” incassò 654 milioni di dollari in tutto il mondo e Johnny Depp ottenne una nomination agli Oscar per la sua interpretazione, diventando l’attore simbolo dell’intero decennio.
Questo film generò anche una saga che, negli ultimi anni, sembra dovrà rinunciare alla sua star per i motivi “legali” che ben sappiamo.
Ma, soprattutto, questa avventura resuscitò il genere piratesco dopo anni di fallimenti. Ed è divertente pensare che si rese necessario un film che racconta di pirati maledetti per compiere questa impresa.
Roberto “Mr. Rob” Gallaurese