5 canzoni contro la guerra

Mi lascia sempre meravigliata pensare a quanto l’essere umano possa essere artefice di cose incredibili e di altissimo livello culturale (opere d’arte, composizioni musicali, letteratura, ricerca scientifica, progresso tecnologico…), che elevano lo spirito e portano l’umanità alla sua massima e rispettabile espressione.

Allo stesso tempo rimango allibita e disgustata dal punto all’estremo opposto a cui siamo in grado di arrivare: gli orrori e la brutalità dell’odio, della guerra, di tutte le bestialità di cui siamo capaci, come genere umano, di sporcarci le mani e la coscienza.

Gli artisti hanno sempre cercato dal loro punto di vista di dare voce a chi una voce non ce l’ha più o non la può avere perché gli viene tolto il diritto, non solo di esprimersi, ma anche ad avere una cosa tra le più semplici e che forse noi diamo per scontata: un posto da chiamare casa.

Anche di recente, durante l’ultimo Sanremo, abbiamo visto Ghali e Dargen D’Amico lanciare appelli a favore della pace in Palestina. Ma ci sono centinaia di esempi, nel repertorio un po’ più datato (per cui io – ormai lo avete capito – ho un debole) di canzoni contro la guerra. Oggi, senza ulteriori fronzoli, ho scelto di proporvene cinque.

1. Il Vecchio e il Bambino (Francesco Guccini, 1972)

“Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,Gli occhi guardavano cose mai vistePoi disse al vecchio con voce sognante:Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!”

Tratta dall’album Radici, Il Vecchio e il Bambino è una canzone che alcuni definirebbero “fantascientifica”. Ma ciò che racconta non si discosta troppo da un pericolo tristemente realistico: i protagonisti della canzone sono un anziano e un bimbo, unici sopravvissuti sul nostro pianeta a un conflitto atomico.

L’uomo racconta al piccolo ciò che era la Terra prima dell’olocausto nucleare: descrive l’azzurro del cielo, il verde della natura, i fiori e i frutti. Il bambino lo ascolta e quasi riesce a vedere davanti ai suoi occhi le meraviglie che l’anziano descrive. Tuttavia non può concepire l’esistenza di un simile scenario, che non ha mai conosciuto: pensa, infatti, che tutto ciò che ha ascoltato sia una storia inventata dal vecchio.

2. Russians (Sting, 1985)

We share the same biology, regardless of ideology
What might save us, me and you
Is if the Russians love their children too 

In piena Guerra Fredda, l’ex-leader dei Police non risparmia i suoi attacchi a entrambi i lati del conflitto, rappresentati dagli USA e l’URSS. Il brano nomina ambedue i presidenti dell’epoca delle nazioni appena citate, Reagan e Chruščëv.

Al primo è criticata la retorica della “guerra da vincere” come obiettivo di grandezza per gli Stati Uniti: una bugia a cui il cantante invita a non credere più, in quanto da una guerra tutti escono perdenti. Al secondo, invece, si contesta l’atteggiamento aggressivo con cui dice di voler “seppellire” tutti gli americani.

Anche qui ritorna il riferimento agli ordigni nucleari, definiti “il giocattolo mortale di Oppenheimer”. Musicalmente, il brano si ispira a un tema di Prokof’ev. Russians fu scritta da Sting dopo aver visto dei programmi per bambini sulla TV sovietica: la cura con cui erano realizzati lo ha portato a riflettere sul fatto che l’amore che i russi provano per i loro figli avrebbe potuto salvare tutto il mondo dal pericolo della bomba atomica.

Nel 2022 il cantante ripropose una nuova esecuzione del brano sui suoi profili social, nel contesto del conflitto in Ucraina.

3. Is this the world we created? (Queen, 1984)

You know that every day a helpless child is born
Who needs some loving care inside a happy home
Somewhere, a wealthy man is sitting on his throne
Waiting for life to go by

Ormai lo sapete, qualunque sia il tema affrontato ogni mese, riesco sempre a infilarci i miei adorati Queen.

Is this the world we created?, scritta da Freddie Mercury e Brian May, fa riflettere su tutta la sofferenza che le guerre e le carestie generano, in particolare nei confronti delle persone più indifese, come i bambini.

La canzone attacca tutto il genere umano e in particolare i potenti seduti sui loro troni: siamo tutti responsabili della devastazione che causiamo al nostro pianeta e a noi stessi, tramite odio e guerre. La guerra lascia sempre una triste e infinita scia di persone rimaste sole, senza aiuto, affamate e disperate.

Celebre rimane l’esecuzione dal vivo presentata al Live Aid di Wembley nel 1985, in cui il brano viene dedicato a tutti i bambini del mondo che ancora soffrono per la carenza di beni di prima necessità.

5. Il mio nome è mai più (Ligabue, Jovanotti e Piero Pelù, 1999)

Perché la pace è l’unica vittoria
L’unico gesto in ogni senso
Che dà un peso al nostro vivere 

Un trio del tutto inedito, che assunse ufficialmente il nome di LigaJovaPelù, si unì nel 1999 per pubblicare il brano Il mio nome è mai più, i cui proventi vennero interamente devoluti ai progetti umanitari di Emergency.

Al disco era allegata una mappa che indicava i 51 conflitti in corso all’epoca, oltre alle numerose zone del mondo a rischio bellico. L’associazione operava in molti di quei Paesi colpiti dalle guerre, come le nazioni della ex-Jugoslavia e in particolare il Kosovo.

A rileggere ciò che i tre artisti dichiaravano all’interno del libretto del singolo, sembra che le loro parole siano state scritte oggi: «Essere contro la guerra (qualsiasi guerra) sembra voler dire assumere una posizione politica. Beh, vogliamo essere liberi di sentirci oltre qualsiasi posizione del genere affermando che, per noi, non ci sarà mai un motivo valido per nessuna guerra».

5. Imagine (John Lennon, 1971

Imagine all the people
Livin’ life in peace 

L’inno alla pace universale per eccellenza. John Lennon immaginava un mondo senza confini, senza nazioni: un’unica enorme fratellanza tra gli esseri umani, tutti uniti sotto lo stesso cielo. Niente per cui ammazzarsi, niente per cui odiarsi. Un sogno di solidarietà, dove finalmente l’umanità potrebbe vivere in armonia, condividendo la bellezza del nostro pianeta Terra.

Sono passati più di 50 anni dall’uscita di Imagine, ma il suo messaggio è più attuale che mai. E non dovremmo mai darlo per scontato. Una canzone che trascende il tempo e va oltre persino ai generi musicali: Imagine è un capolavoro immortale.

Mentre scrivo, ascolto questi stessi brani dalla playlist “Minako’s Jukebox” (che trovate al link qui). E non posso fare a meno di pensare a quanto siamo fortunati a poter fare un gesto del genere, apparentemente semplice e banale, in tutta serenità tra le tranquille mura di casa nostra.

di Marta “Minako” Pedoni

Marta Pedoni
Marta Pedoni

Marta Pedoni è una cantante, attrice e performer. Ha inoltre studiato doppiaggio cantato a Roma presso la Scuola Ermavilo fondata da Ernesto Brancucci.
In arte Minako, sceglie questo nome in onore di Sailor Venus. Classe 1990, la sua vita (nonchè la sua personalità) si divide tra arte e scienza, in equilibrio tra razionalità e sensibilità. Tutto ciò si traduce, per farla breve, in una Principessa Disney laureata in Tecniche di Laboratorio Biomedico.
Quando non è su un palcoscenico a cantare, recitare e ballare o non viaggia su un aereo, parla di musica su Niente Da Dire e conduce con Daniele Daccò Il Cornetto Del Mattino sul canale Twitch de Il Rinoceronte Viola.

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