Festeggio quello che voglio.
Quando si parla di compleanni, è sempre molto labile il confine tra il passato e il futuro. Vi è una sorta di malinconica dicotomia, più o meno accentuata, che caratterizza, e dunque unisce, ciascuno di noi, nell’affrontare la celebrazione dello scorrere del tempo. Siamo più contenti di quello che abbiamo fatto o di quello che sarà a venire? Siamo più insoddisfatti delle occasioni mancate o di ciò che temiamo mai avverrà? Che si abbia un approccio positivo o negativo all’incedere del calendario, è ugualmente vero che questa ricorrenza impone una riflessione.
“Ah no, a me non frega niente dei compleanni”
“A me piace festeggiare, ma senza tutte ‘ste menate!”
Tutto vero, possibile, legittimo. Tuttavia, conscio e subconscio sono diversi per tutti, e uguali allo stesso tempo. C’è sempre una delle due parti che lavora, che ci pensa, che lo vogliamo o meno, che pensiamo o meno. E questo è vero perché ci sono miriadi di tradizioni e culture nel mondo e nel tempo che celebrano a modo proprio i compleanni.
In alcuni luoghi, un anno è più importante di un altro, in altri, vi sono pratiche specifiche a seconda dell’età compiuta. Per esempio, in Cina, il primo anno di vita viene celebrato con una cerimionia chiamata Zhuazhou, letteralmente “scelta”. Questa usanza è molto significativa per le famiglie perché è una sorta di “previsione” del futuro del neonato. Forse l’avrete visto in qualche drama orientale, perché questa tradizione riguarda anche Corea del Sud, Giappone e Vietnam (e non solo). In pratica il bambino viene messo davanti a una scelta: oggetti di vario genere sono posizionati su un tavolo o per terra. Possono essere soldi, penne, libri, strumenti cibo… a seconda di ciò che i genitori desiderano per la loro prole. La piccola creatura può scegliere indicando, afferrando o -se a terra- gattonando verso uno degli oggetti a disposizione. Ciò che viene scelto, rappresenta l’aspirazione, il destino, il futuro stesso del bimbo. Naturalmente vi è chi prende più o meno in considerazione questo uso, che tuttavia simbolicamente rimane molto forte e saldo. Potenzialmente è qualcosa di rilevante per tutti meno che per il diretto interessato, e questo dice molto anche di traumi e problemi futuri, di aspettative e rapporti con i genitori, di cui non si vuol discutere qui ora. Per adesso torniamo al fatto che questo è solo un esempio di come la celebrazione del compleanno sia qualcosa che viene molto preso in considerazione.
Questo però fa riflettere anche su un altro punto: a chi importa di più? Interessa a me che compio gli anni o interessa a chi mi sta intorno? Nel caso del bambino che compie un anno, evidentemente l’interesse è di chi circonda. E quante volte in effetti siamo come bambini che compiono un anno, per cui non è rilevante la celebrazione, ma ci si deve partecipare perché “si fa per gli altri“? E non solo il compleanno, quante volte succede?
Però, non siamo bambini di un anno: noi abbiamo ragione, consapevolezza, malessere e tutto il resto. Il bambino di un anno no, il bambino di un anno mangia, ride, piange, non gli frega niente. Sarà felice, riderà. Sarà triste, piangerà. Qualsiasi cosa proverà, la dimostrerà subito, a modo suo, senza filtri. Anche la cacca.
Sto aprendo troppi spunti, troppe parentesi.
Lasciamo che volteggino nell’aria e continuiamo sulla strada della celebrazione.
Un compleanno, un anniversario, una ricorrenza… sono cose diverse ma accomunate dalla necessità -propria o altrui- di ricordarsene. Perché per alcune persone è più importante e per altre no? Perché in alcune culture si festeggia una ricorrenza invece di un’altra? Io credo che per non dover andare a scomodare una serie di ulteriori infinite domande con interminabili risposte, bisogna chiedersi “Perché festeggiare?”. Cosa ci spinge a voler far festa?
Il bisogno di condividere parole e momenti, il desiderio di passare il tempo con altre persone, la voglia di sentirsi felici.
Negli anni ho passato tanti stati differenti, e molti ne passerò ancora, di come mi sento nei confronti del mio compleanno. Forzatura, delusione, irritabilità, gioia, inganno, ineluttabilità… non importa. Le feste imposte da altri, le feste “comandate”, le ricorrenze di cose che non dipendono da me… anche loro, non importano. Passeranno altre mille percezioni, avranno il mio spazio nel cuore e nei ricordi, in maniera positiva o negativa.
Quello che cambia è ciò che noi davvero decidiamo di celebrare, possiamo scegliere noi le nostre feste, le nostre ricorrenze, se le altre ci vanno strette o ci hanno deluso troppe volte. Decidiamo noi ciò che vogliamo festeggiare, ciò che ci fa dire “Voglio condividere parole e momenti, passare del momento con queste persone e sentirmi felice”.
E il compleanno di Niente da Dire è qualcosa che voglio festeggiare.
Buon compleanno Niente da Dire <3
Alessandra ‘Furibionda’ Zanetti
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