65 modi per sbagliare un film sui dinosauri

Di Filippo Bertozzo

Il titolo è fuorviante, non ho trovato esattamente 65 motivi per descrivere come “65 – Fuga dalla terra” sbagli in toto nel fare un film avvincente sui dinosauri che non sia l’ennesima trasposizione di una brutta copia di Jurassic Park. Ma di motivi per parlare di questo film ce ne sono, fin troppi, a mio parere.

65 – Fuga dalla terra” è un film del 2023 scritto e diretto da Scott Beck e Bryan Woods per la Columbia Pictures (Sony Pictures), che vede come attori protagonisti Adam “Kylo Ren” Driver e Ariana Greenblatt, quest’ultima alla sua prima apparizione in un lungometraggio blockbuster con una parte importante. Interessante come l’edizione italiana abbia aggiunto il sottotitolo “Fuga dalla Terra” (in originale è solo “65”) all’opera, andando un po’ ad anticipare il leitmotiv di fondo di questa produzione. Perché, forse, dopo averlo visto, vi viene veramente voglia di scappare da questo Pianeta. E non per i motivi che state pensando.

In poche parole, “65” racconta la storia di due coloni spaziali che, giunti sulla Terra di 65 [sic] milioni di anni fa, devono trovare un modo per ritornare nello spazio con ciò che della loro astronave dopo un atterraggio di fortuna, mentre si trovano a dover sopravvivere ai pericoli preistorici del pianeta. Una trama semplice, che sarebbe anche stata di facile realizzazione senza troppi fronzoli e giri complicati, ma, ahimè, persino con un plot così scarno e diretto, Beck e Woods non sono riusciti nell’impresa di darci un prodotto che voleva essere, fin da subito, la prima alternativa al grande pubblico alla serie Jurassic di Trevorrow & Spielberg.

Chi sta scrivendo parte da un presupposto, volendo, un poco pretestuoso: gustare, probabilmente per la prima volta, un BEL film con i dinosauri (il maiuscolo di “bel” è voluto). Certo, i trailer che hanno anticipato l’uscita della pellicola non avevano fatto assolutamente sperare in un prodotto decente, ma, come si sa, la speranza è sempre l’ultima a morire. Purtroppo, anche questa volta, il mio io paleontologo e appassionato di dinosauri deve ricredersi, finendo a farsi la solita domanda che sempre mi perplime: ma Hollywood sa -o meglio, ha intenzione di- usare i dinosauri in maniera soddisfacente? No, perché mi sembra che sia una sorta di battaglia contro i mulini a vento. Dietro alla figura del dinosauro (ricordo, per i meno avvezzi all’argomento, essere una parola che include una miriade di forme animali, gigantesche e molto piccole, carnivore ed erbivore, comuni e rare, piumate e meno piumate, eccetera eccetera) si è solidificata questa visione infantile, immatura e pressapochista che sta sminando e sminuendo il serio e difficile lavoro di divulgazione da parte di noi scienziati e di chi si occupa di comunicazione della scienza. Lasciate i draghi ai draghi, e usate i dinosauri per quello che erano: animali. Certo, animali totalmente alieni rispetto all’immaginazione dell’uomo moderno. Ma sempre di animali si tratta, con una loro certa locazione ecologica, comportamentale, e anatomica.

Nello specifico, “65” fallisce sotto svariati aspetti, che ora proverò ad elencarvi. La questione più strettamente scientifica sulla fauna preistorica la lascio in fondo, così non vi sentite obbligati ad inerpicarvi con me su vette accademiche che troppo si aspettano dall’industria cinematografica.

  1. Gli aspetti positivi

Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. In “65 – Fuga dalla Terra”, vi sono degli aspetti positivi. Pochi, ma ci sono.

Innanzitutto, la fotografia del film. Ci sono delle scene che mi hanno sinceramente lasciato a bocca aperta, come ad esempio le immagini spaziali dei primi minuti, gli ampi campi visivi delle zone incontaminate della Terra, oppure le ambientazioni notturne verso la fine del film. E in questo frangente mi chiedo, esattamente come con “The Good Dinosaur – Il Viaggio di Arlo” (Pixar): perché fare sfondi e ambientazioni ridicolmente belle, e appenderci degli organismi ridicolmente brutti? Anche su “The Good Dinosaur” ci sarebbero fiumi di inchiostro da elargire, ma mi risparmio. Ho un tetto massimo di caratteri.

In secondo luogo, ho particolarmente apprezzato tutta la parte sci-fi del film. In questo periodo storico con il fantasy da una parte (a causa della recente esplosione di D&D et similia) e i supereroi dall’altra, inizio ad avere la necessità di esplorare nuove ambientazioni, nuove tematiche, che mettano la scienza (e la parte più speculativa della scienza) in primis. Anche a causa della recente uscita del GdR tutto italiano Farsight, mi trovo ad avere un occhio di riguardo per tutto il contesto più fantascientifico delle opere mediatiche. E “65” su questo non fallisce! L’astronave iniziale, la exotuta di Adam e le armi in suo possesso urlano sci-fi da tutti gli ingranaggi, e di questo non posso esserne che contento.

Come ultimo punto positivo, bisogna parlare della recitazione. Soprattutto quella di Adam. Adam Driver è un attorone con i controfiocchi, e anche in presenza di una sceneggiatura scialba, stanca, non ispirata e anche snervante, lui riesce a regalarti momenti di pathos ed emozioni che non esisterebbero con altri attori o attrici. Ariana Greenblatt è brava nell’utilizzare la recitazione del corpo, e i due formano una coppia affiatata.

Ma, purtroppo, non sono questi tre miseri punti che salvano il prodotto finale…

  1. Esseri… umani?

Iniziamo con i problemi.

Problemi che probabilmente vedo solo io, ma che secondo me minano persino la sospensione dell’incredulità che noi spettatori decidiamo di assecondare quando sappiamo di vedere un film con mostri giganti e persone con fucili laser.

Quando il primo trailer di “65 – Fuga dalla Terra” venne pubblicato, ci furono estese discussioni nelle community di appassionati di dinosauri e paleontologia. Il trailer -giustamente- non spiegava cosa saremmo andati a vedere. Semplicemente ci informava che due personaggi umani dovevano scappare da mostri brutti grossi e cattivi che ricordavano vagamente dei dinosauri. E quindi le domande furono molte, soprattutto sul come degli umani venissero messi in conflitto con dei simil-dinosauri. Erano umani arrivati dal futuro sul Pianeta Terra di 65 milioni di anni fa? Erano umani arrivati fortuitamente su un pianeta alieno dove le forme di vita locali ricordavano, seppur vagamente, i dinosauri di 65 milioni di anni fa? Erano umani che arrivavano sul Pianeta Terra del passato ma sotto attacco di forme di vita aliene simil-dinosauri? Come potete capire, il punto comune di tutte queste domande era che i protagonisti fossero umani. Dopotutto, anatomicamente sono umani. Parlano come noi. Si vestono come noi. Hanno una tecnologia simile alla nostra, seppur futuristica.

E invece no.

Il film inizia con una frase che lascia poco spazio ad errori di comprensione “Prima dell’avvento dell’Umanità, altre popolazioni hanno esplorato il cosmo”, per poi catapultare lo spettatore in un pianeta simile alla Terra: Somaris. Ebbene si: Adam Driver e tutti gli altri personaggi sono ALIENI. Alieni di 65 milioni di anni fa. Poco importa che abbiano una anatomia umana, una fisiologia umana, una cultura umana, una tecnologia umana, un vestiario umano, persino parlanti l’inglese. Sono alieni, di 65 milioni di anni fa.

Mi spiace, ma nemmeno in un film sci-fi io riesco ad accettare questa cosa. E’ una decisione di trama completamente senza senso, senza base (fanta)scientifica e senza logica. Le probabilità evolutive che in un lato opposto del cosmo rispetto a dove ci troviamo noi, una specie organica arrivi ad avere gli esatti nostri stessi parametri biologici e culturali sono infinitesimali. E qui la mia sospensione dell’incredulità crolla completamente. Senza una spiegazione logica, io non lo posso accettare. Una mezza frase, un mezzo indizio che loro potevano essere, per esempio, una cellula di quella popolazione terrestre del futuro arrivata nel passato, mi avrebbe migliorato la giornata. E invece no, accettiamo il fatto che l’Impero Britannico sia riuscito ad arrivare nell’altro lato del Cosmo viaggiando indietro nel tempo ì, creando una popolazione umana ex-novo. Così, per divertimento.

E non potete dirmi che non è così.
Citando il film stesso: “65 milioni di anni fa, un visitatore è precipitato sulla Terra”

  1. Il plot, questo sconosciuto

Una trama semplice non implica produrre una storia banale. Ma una storia banale può risultare da una trama semplice mal pianificata. Ed è quello che succede in “65 – Fuga dalla Terra”. Come descritto poco fa, Mills (Adam Driver) si ritrova a farsi una scampagnata mortale in questa valle di pericoli naturali in compagnia dell’unica superstite delle capsule di ibernazione. Quindici chilometri che lo separano dalla seconda metà dell’astronave schiantatasi, la metà contenete un escape pod con il quale tornare nello spazio e da lì richiedere soccorso ad eventuali astronavi madre.

La storia è quella classica del viaggio: da punto A, i protagonisti devono raggiungere il punto B. Peccato che il viaggio viene fatto da due soli personaggi, i protagonisti. E noi, spettatori, sappiamo (grazie ai trailer) che entrambi arrivano al punto B, alla fine del film. Quindi, in questo film, la trama è come se non ci fosse. Noi sappiamo che loro ce la faranno, sappiamo che le difficoltà e i pericoli che troveranno non saranno mortali. Tutto quello che avviene in mezzo al film è completamente inutile. O, per lo meno, risulta pedante e noioso. Solitamente, uno dei punti di forza di film così “thriller” è la costante paura di perdere uno dei protagonisti. È la forza che ci induce a seguire le loro vicende sullo schermo, empatizziamo con la loro paura e il loro timore verso lo sconosciuto, l’orrore e la disperazione di un mondo che li vuole preda, o meglio, che li vuole morti. Ma se noi spettatori siamo consapevoli (sia grazie ai trailer, sia al fatto che uno dei protagonisti è una bambina, e difficilmente Hollywood ha il coraggio di eliminare un personaggio così, soprattutto in un film con i “dinosauri” quindi pensato anche per i bambini) che i protagonisti sono provvisti di una plot armor, e che quindi arriveranno vivi alla fine della storia qualsiasi difficoltà incontrino, allora tutta la parte centrale del film è inutile. E noiosa. Non nascondo che mi son ritrovato, sprofondato teneramente nella poltrona del cinema di Bruxelles, vicino ad addormentarmi durante la parte centrale del film. C’è un carnivoro che li insegue? Eh vabbè, tanto so che arriveranno alla fine del film. C’è un disastro naturale che può ucciderli? Non succederà, so che ci saranno entrambi nelle scene finali. L’assenza del senso di pericolo in un film thriller è un grosso problema.

  1. Una musica inesistente

La colonna sonora del film è stata composta e diretta da Chris Bacon, collaboratore del ben più noto Danny Elfman, che già aveva collaborato con Sam Raimi. Inoltre, Michael Giacchino (Jurassic World) e Gad Emile Zeitune raffigurano come consulenti musicali.

Le tracce musicali, così come il film, vorrebbero essere qualcosa di più di quello che in realtà sono, un trito e ritrito giro di note e motivi che fanno rimandi, troppi rimandi a opere come Jurassic Park e Avatar. Prese da sole, le tracce sono anche carine da ascoltare, ma danno sempre quell’impressione di già ascoltato, di nulla di nuovo. Non vi è un motivetto che risalta nel corso del film, cosa che mi è parsa fin da subito strana, quasi anomala, dato che in film simili a “65 – Fuga dalla Terra”, la musica ha una impronta chiara e definita, consapevole di creare ritmi e giri musicali che nel corso del tempo diventeranno riconoscibilissimi. Basti pensare alla famosa sinfonia “Journey to the Island” di Jurassic Park, per darvi un esempio concreto. Ma, le tracce di “65 – Fuga dalla Terra” diventano ancora più anonime quando associate alla visione del film. Non fanno da collante o da sottofondo alle scene, ma bensì si uniscono al caos che è questo film, e a tratti non son riuscito nemmeno ad accorgermi che ci fosse una traccia musicale nella scena che stavo vedendo! La mancanza di pathos del film influenza le musiche, e, di rimando, la mancanza di pathos delle musiche influenza il film. Riascoltando i brani dell’opera completa non si riesce a trovare un filo conduttore tra di loro, sembrano tante idee unite insieme senza una logica. Prendo in prestito la meravigliosa colonna sonora di “Avatar” (2009) composta da James Horner per spiegarvi il mio punto di vista. Nell’opera horneriana, le musiche hanno un filo conduttore tra di loro, spaziando da una parvenza onirica fino all’epicità naturale e suoni tribali. Prendendo una traccia a caso, io provo una serie di emozioni che riflettono le emozioni che provo guardando la scena di riferimento, perché in quel caso la musica è amalgamata al visivo. Coadiuva ciò che sto vedendo, non diventa una nota anonima. Anzi. In “65 – Fuga dalla Terra” questo non succede. Le tracce, per quanto curate e pulite, sono… vuote. Così come vuoto è questo film.

  1. Non sono dinosauri!

Partiamo da un assunto: se noi riuscissimo a viaggiare nel tempo, indietro di 65 milioni di anni fa sulla Terra, troveremmo… dei topolini. Qualche uccello in cielo. Dei coccodrilli in acqua. Insetti qua e là, predati da qualche salamandra dalle modeste dimensioni. Basta.

Da alcuni anni a questa parte, gli studi geologici hanno anticipato la caduta del meteorite – e quindi l’estinzione di massa della fine del Cretaceo, conosciuta come “Limite K/T”- a 66 milioni di anni. L’impatto causò devastazioni a livello planetario, con una nube di detriti che oscurò il Pianeta per migliaia di anni. Solo uno o due milioni di anni la vita ricominciò a rifiorire, con tutte quelle forme di vita che erano riuscite a superare questa crisi ecologica. E quasi tutte erano di modeste dimensioni. È anche vero che le informazioni scientifiche, soprattutto quelle palentologiche, arrivano sempre con qualche decennio di ritardo ad Hollywood, e quindi è probabile che gli sceneggiatori non fossero a conoscenza del numero 66 al posto di 65 (io non ci credo a sta cosa, ma diamo loro il beneficio del dubbio). Dopotutto, 65 come numero di milioni di anni associato alla morte e sparizione dei dinosauri (o per lo meno, per la gran parte dei dinosauri) è entrato a far parte della cultura comune. Molte persone non appassionate riescono ad associare 65 con i dinosauri, e forse Hollywood ha puntato proprio su questo da un punto di vista di marketing. O, forse, il numero 66 era già sotto copyright dalla LucasArts…

Ma, parlando degli animali, ci sono delle specie inserite che nulla hanno a che fare con i dinosauri. E mi riferisco a due in particolare. La prima è una sorta di grosso lucertolone con gli arti allungati che, presente in un gran numero di individui, cercano di predare la bambina. E vi giuro, sono orribili, sia da un punto di vista paleontologico che di creature design. Non hanno nulla che li possa associare ad una qualsiasi specie conosciuta di dinosauro, sono solo enormi lucertole simil-varano fatte male e interpretate ancora peggio. Ricordano molto i lucertoloni che si vedono nella missione delle rapide in Tomb Raider 3, ma almeno quelli di “65” non sputano una nuvola di veleno.

Ma il secondo animale è anche peggio. Il secondo animale è la prova effettiva che gli sceneggiatori sapevano ciò che stavano facendo, sapevano che avevano gli occhi degli appassionati di dinosauri, divulgatori e ricercatori su di loro, e hanno deciso deliberatamente di farci arrabbiare. Parlo degli pterosauri, i rettili volanti che si vedono di sfuggita all’inizio, e poi in maniera più estesa nel proseguo della scena con i lucertoloni sopra citati. Non nascondo che quando li vidi al cinema saltai sulla sedia professandomi in un “oh, finalmente una specie fatta be…” il “bene mi è morto in gola quando ho realizzato quella cosa. Sullo schermo si vedono degli pterosauri probabilmente ispirati dalla specie Dsungaripterus weii, un rettile voltante del Cretaceo Inferiore (quindi quasi 40 milioni di anni più vecchio rispetto a “65”) caratterizzato da una cresta ossea molto estesa sulla testa, denti nel becco e medie dimensioni. Il modo in cui questi animali volano, si posizionano a terra, camminano e si comportano, si vede che chi ha creato il modello di base si è informato a modo sulla loro anatomia. MA. Qualcuno mi spiega perché hanno posizionato l’occhio in una locazione completamente errata?!?

Capisco che alcuni lettori qui mi possano criticare per l’eccesso di zelo scientifico che richiedo come paleontologo, ma, credetemi, è come se voi posizionaste gli occhi umani all’interno del naso, coprendo le orbite con sola pelle! Verrebbe fuori un mostro di taratura lovecraftiana! E non è una svista, o un errore banale. Questa rappresentazione sembra sia stata decisa apposta a priori per far arrabbiare chi, come me, vorrebbe che gli animali preistorici vengano trattati per quello che sono, animali.

  1. Dinosauri orribili e dove trovarli

E, parlando di animali preistorici NON usati come animali arriviamo a parlare dei “dinosauri” di “65 – Fuga dalla Terra”.

Bene. “65 – Fuga dalla Terra” non è un film sui dinosauri. Non è nemmeno un film con i dinosauri. È un film con una presa in giro di quelle che dovrebbero essere forme di vita in qualche modo richiamanti la parodia di un disegno di un bambino di tre anni che vuole disegnare dei dinosauri. Non mi voglio dilungare troppo sul perché questi mostrosauri non siano dinosauri, non mi basterebbero le parole che NienteDaDire mi ha concesso, e probabilmente vi annoierei. Velocemente, vi posso dire che:

  • I “raptor” sono dei mostri glabri che ricordano l’Indoraptor di Jurassic World Fallen Kingdom, con tutte le imprecisazioni e le baggianate di design che ne seguono;

  • L’Oviraptor all’interno della caverna possiede degli artigli a falcetto nel piede come Velociraptor, quando in realtà ne era sprovvisto. Ah sì, non aveva tutti quei denti e non era carnivoro, ma vabbè, il carnivoro vende (ve ne parlo fra poco);

  • I Tyrannosaurus verso la fine del film sono forse i mostrosauri fatti meno peggio, ma, come per tutti i tirannosauri dei film hollywoodiani, sono dei provetti Godzilla che distruggono tutto senza procurarsi danno, tanto che sembra che le strutture e gli alberi siano fatti di marzapane;

  • Quel… coso finale, l’ultimo predatore che compare dopo che i due tirannosauri escono di scena è un… è un… me lo domando ancora. È una pantera, unita ad un Postosuchus (un antico cugino dei coccodrilli) che vorrebbe avere un tirannosauro come padre, e che galoppa in maniera sbilenca verso la propria fine. Totalmente inventato. Totalmente insensato. Totalmente… inutile. Compare alla fine del film solo perché avevano del budget da spendere per il mostro gigante finale, e basta, dura due minuti prima di essere bollito vivo da un geyser.

Una cosa mi preme sottolineare in questa recensione, un pensiero che, per chi mi segue e conosce sui social, sa essermi molto caro: il problema dei carnivori. Nel film, ci sono almeno otto specie di “rettili mesozoici” che son riuscito a contare e riconoscere. Due di queste sono erbivori, tutti gli altri sono carnivori. E in che scene troviamo gli erbivori? Ovviamente, mostrati come carogne con le gambe. In una scena, un cadavere “simile” a Tlatolophus è in un avanzato stato di decomposizione, mentre, successivamente, una orribile pseudo-simil copia di Jakapil viene salvato dalla bambina da una pozza di catrame per poi essere abbattuto da dei… cosi… orribili, piccoli predatori che vorrebbero essere una sorta di Velociraptor ma che falliscono miseramente. Tutto il resto, sono carnivori che inseguono i protagonisti, ruggendo, correndo, scalciando, saltando, urlando al cielo tutto il loro astio per esser stati bistrattati dai sceneggiatori in questo film che vuole rendere effettiva la maledetta frase di Jurassic World (2015) che ha legittimato questo trend: “ci servono più denti”.

I predatori in natura sono molto meno numerosi delle prede. E le prede, gli erbivori, sono molto più pericolosi dei carnivori. Pensateci: quante persone muoiono ogni anno in Africa a causa degli ippopotami? Bene, confrontatele con quelle uccise dai leoni. La differenza è enorme, e pende verso il placido, cicciottello e tanto carino ippopotamo. Ma pensate anche ai rinoceronti, agli gnu, ai cavalli, ai tori. Cavoli, Mufasa è stato ucciso dagli gnu, non da Scar! Eppure, ci troviamo sempre, sempre, di fronte a film con i dinosauri dove gli erbivori vengono trattati alla stregua di placide mucche pensate solo come carne da macello per i più accattivanti, vendibili e kids-friendly predatori come Tyrannosaurus e altri. Questo è un cliché che ormai ha stancato, e dovrebbe essere fortemente criticato e modificato nelle produzioni future. Ma, se “65 – Fuga dalla Terra” ci insegna qualcosa, è che questa tendenza insieme a tante altre, non cambierà, anzi, sarà sempre peggio. Forse. Perché sì, c’è una situazione critica tra i dinosauri ed Hollywood.

Conclusione: la difficile relazione tra Hollywood e i dinosauri

Devo fare un certo coming-out: i draghi mi stanno seriamente stancando. Utilizzati in ogni salsa, ovunque, soprattutto in recenti produzioni di massa, hanno settato un determinato standard su come utilizzare uno specifico ambito di creature nelle varie produzioni. E, purtroppo, i dinosauri ne risentono pesantemente, forti del fatto che loro sono i draghi originali, quelli che sono vissuti realmente sul nostro pianeta (e che, parere personale, li rende molto più interessanti e accattivanti dei draghi stessi). I dinosauri non sono visti nient’altro che come mostri assetati di sangue, irti di spine, colmi di artigli e denti acuminati, pronti a lanciarsi verso chicchessia in urla spropositate rivolte al cielo o alla povera preda, manco fosse un party di D&D che si avventura nel lair di un drago.

Questo trend di utilizzo è portato all’ennesima potenza da Hollywood. Hollywood non vede i dinosauri come quello che erano -animali- ma solo come mostri. Una versione alternativa dei draghi, che, tanto chissenefrega, nessuno noterà la differenza. Eh no. La notiamo, e ulteriormente sempre più persone al di fuori della minuscola community di appassionati di dinosauri la stanno notando. Esattamente come in “65 – Fuga dalla Terra”. Hollywood ha un problema con i dinosauri, un grosso problema. E questo problema, qualora non venga risolto o non si trovi una scappatoia creativa, porterà all’estinzione [sic] dei dinosauri al cinema.

Diciamocelo. I dinosauri hanno sempre affascinato tutti, chi più chi meno, chi da piccoli, chi da adulti. Ci sono varie teorie che cercano di spiegare questo fenomeno, ma una risposta chiara ed esatta ancora ci sfugge. Essi rappresentano un mondo a noi sconosciuto, immerso nei mari dell’immaginazione; forme di vita che non esistono più che ci fanno riflettere sul nostro posto sulla Terra; una rappresentazione della potenza della Natura e dell’evoluzione; un collegamento al nostro io bambino interiore, quando creavamo storie e paesaggi colmi di queste creature; la possibilità concreta di immaginare creature ancora più mitiche, sfruttando i concetti base del creature design. Quest’ultimo punto ha dato il via ad una onda cinematografica che ha travolto il mondo della paleontologia, alle volte favorendo, altre debilitando, la stessa disciplina accademica. Hollywood ha sempre trovato nei dinosauri una piccola gallina dalle uova d’oro. Come non citare l’animazione, con uno dei primissimi corti animati, “Gertie the Dinosaur” fino a “Fantasia” (1940) di Disney e successivamente a Disney “Dinosaur” (2000), per poi passare ai film con l’utilizzo di maquette e modellini come “The Lost World” (1925) e “King Kong” (1933). Dagli anni ’60 in poi, la stop-motion ha riportato in auge i film sui dinosauri, con perle rare come “The Valley of Gwangi” (1969), “The Land That Time Forgot” (1974), e “One Million Years BC” (1966). La vera rivoluzione per i film sui dinosauri, ma anche per un rinnovamento mondiale e storico del grande pubblico verso la disciplina della paleontologia, arriva con “Jurassic Park” (1993) e con tutti i suoi sequel, le cui due trilogie sono separate tra di loro da almeno 15 anni. Come potete capire, l’interesse mediatico e cinematografico verso i “terribili rettili” del Mesozoico segue quasi un andamento a curva nel corso degli anni, intervallando periodi di magra a periodi di interesse esplosivo. Ma, con gli ultimi anni, sembra che Hollywood voglia imporre una tendenza di successo costante, andando a spingere verso quei parametri che dovrebbe far vendere un prodotto sui dinosauri: avventure colme di azione e pericolo, con predatori che inseguono i protagonisti in maniera quasi sadica, esibendo file di artigli insanguinati e di denti bavosi. Forse poteva funzionare qualche anno fa, ma ora le persone si stanno stancando. Ma Hollywood non sembra capirlo. E sta qui il grosso problema: “Jurassic Park” ha avuto successo, “Jurassic World” ha avuto un rinnovato successo andando a premere sull’effetto nostalgia, ma ora non più. Il fallimento di “65 – Fuga dalla terra” (e si, parlo di fallimento perché non credo che l’uscita in Italia vada a migliorare una situazione estera veramente deprimente – al momento in cui sto scrivendo, il film ha uno score di 35% – 65% su Rotten Tomatoes) è specchio di questa situazione, riflette a parere mio una stanchezza generale verso i “film sui mostri”, e in particolare sui dinosauri.

I dinosauri hanno stancato?

Forse, ma non voglio perdere le speranze. Mi piace pensare che ad avere stancato non siano i dinosauri per sé, ma invece siano i dinosauri “alla Jurassic Park”, un pensiero che per ora mi viene supportato dall’enorme successo del documentario di Jon Favreau “Prehistoric Planet”, una produzione enorme dalla resa iper-realistica di un mondo mesozoico dove i dinosauri fanno i dinosauri, e che, seppur relegato ad una piattaforma non così sfruttata dai più come Apple TV+, si sta ritagliando uno spazio considerevole anche tra chi non è appassionato di questi animali.

In conclusione, “65 – Fuga dalla Terra” è da andare a vedere? La mia visione è fortemente di parte, quindi non posso darvi una risposta oggettiva. Se siete fan di Adam, allora potrebbe piacervi (o meglio, vi piacerà lui). Se siete fan di film di azione potrebbe piacervi, ma potreste trovare il plot noioso e scontato come l’ho trovato. Se siete film di dinosauri, allora il film non fa per voi. Questo film non ha dinosauri.

Di Filippo Bertozzo

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