Il sovrano non esiste
Esiste un regno, là nel lontano e misterioso oriente, in cui ogni cosa funziona alla perfezione; un regno composto da settantadue province, dove non esistono ladri, assassini, bugiardi, avari, viziosi, dove è possibile trovare ogni sorta di gemma preziosa in gran quantità, tanto che vi è un intero fiume il cui corso non è composto da acqua, ma solo da queste meraviglie. Vi sono anche dieci pietre magiche, e ognuna possiede un grande potere, come quello di far sorgere la luce, o di coprire ogni luogo di tenebre. Latte e miele attraversano i campi, e ogni tipo di creatura che anche solo sia mai stata nominata o la cui descrizione sia giunta a orecchio umano abitano le sue terre.
Nei nostri domini nascono e vivono elefanti, dromedari, cammelli, ippopotami, coccodrilli, metagallinari, cameteterni, tinsirete, pantere, onagri, leoni bianchi e rossi, ori bianchi, merli bianchi, cicale mute, grifoni, tigri, sciacalli, iene, buoi selvatici, sagittari, uomini selvatici, uomini cornuti, fauni, satiri e donne della stessa specie, pigmei, cinocefali, giganti alti quaranta cubiti, monocoli, ciclopi, un uccello chiamato fenice e pressoché ogni tipo di animale che vive sotto la volta del cielo. [Zaganelli Gioia, La Lettera del Prete Gianni]
Vi sono grotte abitate da draghi che possono essere montati come cavalli, vi è un’isola dove piove costantemente la manna e, chi la beve, vive fino a cinquecento anni. Tutto ciò che è leggenda, tutto ciò che appartiene al mondo umano, al mondo della fede e a quello della fantasia esiste là nel regno del prete Gianni.
Ci sono storie che, per il loro grado di assurdità, è difficile raccontare restando seri. La storia del prete Gianni per me è una di queste. Prendendo in mano testi medievali – soprattutto resoconti di viaggio o “manuali” pensati per i pellegrini – è impossibile non imbattersi in lui. È l’equivalente manoscritto di Never gonna give you up di Rick Asley: quando meno te lo aspetti, eccallà!
Ed è un po’ così che mi sono sentita quando ho iniziato Pentiment – l’ultimo gioco di Obsidian, uscito lo scorso dicembre – e, perfettamente al centro tra la ragione (impersonata da Socrate), la componente istintiva e folle (ovvero il buon caro San Grobiano) e la morale (la celeste Beatrice) ho visto lui, il prete Gianni!
Seduto sul trono, con abiti dai colori vivaci e dai ricami orientali, con la corona d’oro sul capo e il bastone pastorale tra le mani, il prete Gianni è il Signore di quella corte, del regno perfetto, pulito, organizzato, colorato e perfettamente miniato che è la mente del protagonista, Andreas Maler, intento a sognare.
Pentiment inizia ambientato nel 1518, ma la prima fonte scritta – quindi, occhio, significa che probabilmente il racconto orale è più antico – che ci testimonia il nostro prete sovrano risale al 1145, quando Ugo di Gabala (un vescovo siriano) afferma che un certo Gianni, re e prete insieme, proveniente da oltre la Persia e discendente dei re Magi, aveva deciso di aiutare la chiesa di Gerusalemme, e aveva vinto i Medi e i Persiani.
Ma è nel 1165 che avviene la vera magia.
L’imperatore bizantino Manuele I Comneno riceve una strana lettera, che poi gira a sua volta al Papa Alessandro III e a Federico Barbarossa. Il mittente della lettera si presenta come “Giovanni, Presbitero, grazie all’Onnipotenza di Dio, Re dei Re e Sovrano dei sovrani”. Modesto.
Nella lettera, il prete Gianni descrive il suo regno, le magnificenze che vi si trovano, la grandezza del suo esercito e l’importanza dei suoi alleati politici. Come già ho scritto qualche paragrafo più in su, ogni meraviglia che sia mai stata raccontata o anche solo pensata trova posto in questo luogo.
Alla fine, il Papa decide di rispondere alla missiva, scrivendo che avrebbe mandato un vescovo come ambasciatore – Filippo da Venezia – ma anche come missionario, perché va bene tutto, ma il caro sovrano era sì un cristiano, ma un cristiano nestoriano e, di conseguenza, un eretico, e doveva prima di tutto battezzarsi.
A questa lettera, ovviamente, Alessandro III non ottenne risposta (da che noi sappiamo. Una cosa che Pentiment cerca di insegnare anche a chi non ha una cultura umanista è che qualunque opera – che sia un documento, un manoscritto o un dipinto – non può sopravvivere per sempre alla storia).
Questa assurda figura, però, non scompare, e la lettera continua a circolare in numerose traduzioni fino a inizio ‘900.
Ma chi era, alla fine, quest’uomo? Non si sa.
Come detto, la sua leggenda non smette di circolare, e troviamo ipotesi di identità e conferme della sua esistenza in tantissime opere. Nel 1259 lo stesso Marco Polo, nel suo Devisement du Monde (quello che per noi è Il Milione), descrive alcune delle creature e delle popolazioni già presenti nella lettera del prete (come i cinocefali, ovvero gli uomini dalla testa canina), e sottolinea che sì, il prete Gianni è esistito ed era signore di un immenso dominio che si estendeva dalle giungle indiane ai ghiacci dell’estremo nord, i Tartari erano suoi sudditi, gli pagavano tasse ed erano l’avanguardia delle sue truppe, ma tutto questo fino a che non arrivò Gengis Khan, che lo fece uccidere perché si era rifiutato di dargli in sposa una delle sue figlie.
Nel 1355 la conferma dell’esistenza del prete sovrano appare anche nelle memorie di viaggio di sir. John Mandeville. Mandeville racconta di aver visto con i propri occhi quel regno meraviglioso, ma che tutti fino ad ora si sono sbagliati su una cosa importantissima: questo regno non si trova in Asia, ma in Africa, più precisamente in Etiopia. Problema è che anche l’intera opera di Mandeville è un totale racconto di fantasia; anzi, lo stesso Mandeville non esiste! Nel 1377 il vero autore dell’opera, un certo Jan de Langhe, probabilmente in punto di morte e deciso a raccontare tutto perché vabbè che possono fargli ormai confessa che l’intera opera è frutto della sua fantasia.
Ma l’ennesima conferma dell’esistenza del prete Gianni e la voce che il regno si trovava in Africa e non in Asia non si fermarono nemmeno di fronte alla smentita dell’opera, tanto che iniziò a essere rappresentato sulle carte geografiche, arrivando anche ad apparire sul mappamondo di Martin Behaim (1492).

Particolare della mappa di Martina Behaim (1492). Il nostro eroe è quello lì, in basso al centro, sul trono.
La tesi africana affascinò tutti, compreso il re del Portogallo, Giovanni II che, nel 1489, inviò un’ambasciata in Egitto proprio con lo scopo di raggiungere il prete Gianni. Gli ambasciatori arrivarono in Etiopia e lì trovarono dei re cristiani sottomessi a un imperatore (Negus) che si proclamava discendente di re Davide. Tanto bastava. I messi fecero ritorno a Lisbona proclamando di aver finalmente incontrato il prete Gianni.
Non è assurdo quindi trovare questo bizzarro sovrano al comando dei sogni, della mente di un miniaturista di inizio XVI secolo. Andreas probabilmente non solo credeva all’esistenza del prete Gianni, ma lo aveva visto miniato in decine di opere, aveva letto la sua lettera e, come tanti amanti dei libri e dei racconti, aveva immaginato e abbozzato ai margini delle pagine manoscritte le meraviglie del suo oriente.
Di Ilaria Celli
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