L’incubo citazionista di Horror Show
“Che avventura del cazzo” è la frase ricorrente nelle prime pagine di “Horror Show” ma non rappresenta affatto un giudizio nei confronti dell’opera. È semplicemente l’esternazione incattivita di uno dei due protagonisti, “Dude”, alle prese con un viaggio on the road che, fin dalla prima pagina, assume connotati grotteschi. Un viaggio che sembra quasi forzato, imposto da uno dei due amici all’altro e che li farà precipitare in un incubo citazionista che non lascia mai tregua. Prima affronteranno la permanenza in un albergo apparentemente infestato e poi una serata trascorsa in una casetta immersa nei boschi in compagnia di un gruppetto di giovani con i quali dedicarsi a un gioco da tavolo molto pericoloso.
“Horror Show” è la funambolica e spericolata lettera d’amore di due autori nei confronti dell’immaginario cinematografico con il quale sono cresciuti. La storia di Roberto Megna accorpa ogni citazione possibile e immaginabile sfruttando sempre un tono ironico e divertito che permette al lettore di godersi questa cavalcata senza porsi mai troppe domande (e le uniche presenti otterranno comunque risposta).
Non c’è pagina che non includa qualche omaggio al cinema horror e fantastico dagli anni ‘70 in poi. Per rendere il gioco ancora più palese i due protagonisti sono consapevoli dei costanti rimandi e sovente anticipano il lettore nel riconoscerli e constatarne l’efficacia. Un trucco che funziona dai tempi di “Scream”: creare personaggi che abbiano i medesimi riferimenti culturali di chi si godrà la storia per innescare un legame e generare ulteriore coinvolgimento. Ad alimentare il ritmo incessante della storia ci pensano i disegni di Carlo Lauro. I protagonisti sono in perenne fuga da minacce che sembrano divertirsi a braccarli così le tavole sfrecciano una dopo l’altra in una sequela di espedienti grafici e visivi che evidenziano il tono sincopato e incessante della narrazione. Si fugge, ci si arrampica, si combatte, si scherza, ci si dispera e tutto avviene senza mai prendere fiato, proprio come il viaggio da incubo al centro della storia sembra desiderare. Il tono comico e divertito resta l’elemento imprescindibile sia nei dialoghi, spesso infarciti di battutine, sia nel tratto del disegno che “cartoonizza” celebri protagonisti di saghe horror.
Quando si desidera raccontare una storia che possa racchiuderne tante altre si adotta l’espediente del Road Movie. In questo caso, però, la necessità di far viaggiare i due giovani protagonisti sembra allacciarsi a un’ombra che viene inizialmente solo accennata e poi esplicitata sul finale. Un dettaglio che spinge il lettore a domandarsi come questo furibondo helzapoppin di trovate comiche possa nascondere al suo interno un nucleo capace di suscitare altri stati d’animo. Un elemento che conferisce a “Horror Show” uno strato di lettura ulteriore che riequilibra le allegre e divertenti follie che ne costituiscono il centro, fornendogli una dimensione più riflessiva e sorprendente.
di Roberto “Mr. Rob” Gallaurese
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