Luoghi nel mezzo

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Luoghi nel mezzo

Lei sa quante probabilità ci sono che questo treno si fermi a causa di un cavallo sui binari?

Quasi metà della mia vita l’ho vissuta senza mai disfare completamente la valigia. Fermarmi in un posto per più di due settimane ormai mi pare strano, anche se alla fine è un continuo avanti e indietro tra la casa dei miei genitori e la piccola stanza che ho nell’appartamento ai limiti della città in cui studio e lavoro. Avanti e indietro. Ogni tanto la città in cui si trova la stanza cambia, ma io resto un pendolo che oscilla.

Di rado mi fermo a pensarci, ma in questo continuo movimento io ho abitato luoghi che luoghi non sono. Sono zone di transito, che semplicemente collegano un punto A e un punto B. Sono spazi che si trovano “nel mezzo”, e nei quali la mente riesce a perdersi, cercando di scrollarsi di dosso la fatica del viaggio e dell’attesa che invece opprimono il corpo. Lì si oscilla tra il sonno e la veglia, e i pensieri scorrono senza un flusso logico, diventando sempre più astratti, più intimi, più paurosi, capaci di scomporci. È lì che sorgono i dubbi sul fornello spento, o dove riaffiorano i ricordi di innumerevoli battute o tentativi di conquistare la simpatia altrui terminati in consensi imbarazzati e friniti silenzi.

Sono i lunghi viaggi in autostrada, le interminabili fermate dei treni regionali, il loop disegnato dalla linea 90/91 intorno a Milano, o la coda per lo sportello delle poste.

Arrivatə a destinazione ci si ricompone e riparte l’esistenza.

Chi me lo ha fatto fare di cercare questa frattura anche con un videogioco?

Eppure, già dal titolo – e poi anche dalle brevi descrizioni sparpagliate in quell’altro non-luogo che è l’internet – Glitchhikers: the spaces between non lascia alcuno spazio al dubbio. Un gioco che ti fa vivere questi luoghi di collegamento.

Non particolarmente emozionante, penserete, e avete ragione. È un gioco tremendamente noioso, fatto solo di lunghi viaggi, di immagini e personaggi che glitchano e di conversazioni irreali. Ogni “viaggio” dura sì e no 15 minuti, ma dipende molto da quanta voglia avete voi di arrivare a destinazione.

Lettere?! Ma dai! Anche mio fratello voleva fare lettere, ma alla fine ha optato per qualcosa di più utile.

Sapete cosa c’è di strano in questo gioco? Gli npc. Persone – o esseri – che stanno viaggiando come te e che, di punto in bianco, iniziano conversazioni sul colonialismo, sull’esistenza, sul come l’essere umano sia passato a dare valore di moneta a elementi sempre più evanescenti e impalpabili. La conversazione più complessa che ho mai fatto in treno credo fosse riguardo la differenza tra i canederli e le polpette fritte al sugo.

Certo, il gioco è breve, la funzione è proprio quella di farti riflettere e non è che lə sviluppatorə potevano permettersi chissà che grande percorso di conoscenza reciproca con i vari npc.

All’inizio mi ha dato fastidio. Davvero. Poi però ho capito che questo viaggio era mio tanto quanto era loro. Se la mia mente in questi “luoghi nel mezzo” si sfalda, naviga e viaggia senza inibizioni, perché la loro dovrebbe comportarsi diversamente? Siamo frammenti di noi che si scontrano; perché dovremmo pensare alle convenzioni sociali che regolano i primi incontri?

Le conversazioni sono innaturali, così come sono scollegati, pindarici, assurdi e intimi i pensieri che facciamo in questi luoghi. Non c’è tempo per approfondire, non c’è tempo per conoscersi, non c’è tempo quasi nemmeno per la logica. Tutto si muove in un livello – che sia mentale o digitale – che collega le realtà.

E mentre parliamo, loro glitchano. Sono errori, un guasto di breve durata, transitorio (il tempo di un viaggio) e che si corregge da solo, ma che in questo suo essere sporadico, veloce nella sua auto risoluzione, rende difficile capire cosa effettivamente non vada.

Diamo il buongiorno ai nostri radioascoltatori e, ancora una volta, vi invitiamo a chiamarci, a mandarci un messaggio anche su WhatsApp o un audio, per dirci in cosa siete diventati dei campioni, degli assoluti sovrani durante i mesi della quarantena! Ecco, per esempio Alessia ci scrive che è diventata la Duchessa delle tende stirate! Fantastico Alessia!

di Ilaria Celli

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