Intervista a Fabio Porfidia, un artista fantasy tra horror e cartografie

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Intervista a Fabio Porfidia, un artista fantasy tra horror e cartografie

Nella cornice del Play di Modena, tra il caldo torrido e le immense distese di tavoli per le demo di giochi, siamo riusciti a scambiare quattro chiacchiere con Fabio Porfidia, docente presso la Scuola d’Arte del Castello Sforzesco di Milano e da poco docente anche alla Comics di Torino. La postazione intervista era pronta ai tavoli di fronte al nostro stand Niente da Dire e Tora Edizioni, i microfoni pronti per registrare. Buona lettura!

NDD: Raccontaci un po’ il tuo percorso artistico, i tuoi primi passi

Fabio Porfidia: Come tutti i bambini, fin dalla più tenera età, amavo disegnare. Cercavo di rappresentare come riuscivo il mondo che mi circondava. Ricordo che rimasi folgorato ancora bambino daun cartone della Disney con la danza degli scheletri e da lì la mia passione perhorror e dark è iniziata. Ho capito che c’erano un sacco di cose interessanti legate a scenari macabri, orrorifici e fantastici.

Poi con la scuola, a livello formativo, viene dato maggiorerilievo alle lettere rispetto all’espressione figurativa, nonostante sia il primo linguaggio che l’essere umano ha avuto: le pitture rupestri arrivano millenniprima della scrittura. Ho tenuto il disegno come passione personale per molti anni, abbandonandolo un po’ nel periodo universitario. Ho fatto un percorso di studi molto lontano dall’ambito artistico: liceo scientifico e una laurea in economia, per seguire un percorso più canonico nella società.

Sotto sotto covavo questa passione, da lettore incallito di Lovecraft e Tolkien. Questi immaginari che mi coltivavo dentro ad un certo punto mi hanno fatto dire: “proviamo a fare qualcosa che mi piace”. Quindi mi sono iscritto alla Scuola d’Arte del Castello Sforzesco, ho fatto il triennio di illustrazione ed è andata bene. Dopo un paio di anni mi hanno chiamato in quel contesto scolastico ad insegnare, e da lì è cominciato tutto.

NDD: Hai illustrato Rayn, il nuovo GDR edito da Aristea, è un’ambientazione fantasy molto cupa. Com’è stato lavorare al progetto?

F: Rayn è un progetto tuttora in corso d’opera e che sto amando particolarmente, soprattutto perché ho un ampissima libertà espressiva. Una cosa che in altri progetti non mi capita. Ho avuto anche l’enorme fortuna di essere stato messo come direttore artistico, ho potuto creare completamente l’immaginariovisivo del gioco. Anche questa per me è una novità assoluta, è successa una cosa molto simile con Augusta Universalis (n.d.r. un gioco di ruolo fantascientifico), ma qui ho ancora più libertà d’azione. Ho dato delle linee guida che, concordate dall’editore Dario Leccacorvi, sono state utilizzate anche da Silvia Pasqualetto e Giulia Gentilini per la parte grafica, non ci sono solo io. È un progetto meraviglioso!

Avere la coordinazione artistica ti consente di lavorare al meglio per un progetto. Ad esempio: sono conscio che come illustratore ho alcuni punti di forza (mappe e schede ad esempio) e alcune cose che realizzo con maggiore difficoltà, come gli environment, ovvero le scene ambientali. Per cui nella scelta dei collaboratori ho suggerito figure che coprissero questo aspetto, e secondo me (ma vedo tramite i social che il pubblico concorda) stanno facendo un ottimo lavoro!

Più che horror, Rayn è cupo. Punta tanto sull’alone di mistero, l’idea di utilizzare tonalità cupe e molta ombra non è necessariamente legata al fatto che sia horror. È più un discorso di mistero, c’è una scoperta progressiva del mondo da parte dei personaggi, sia a livello esteriore (esplorazione, antiche rovine e avventura) che interiore. C’è una consapevolezza dei personaggi che man mano viene ampliata, che permette loro di rompere sigilli a livello di gioco, ma anche a livello spirituale, metafisico, e quindi acquisire delle capacità manipolatorie sul mondo che li circonda.

Questo è stato il primo, e unico, caso in cui ho giocato all’ambientazione prima di illustrarla, è stato fondamentale per me. Non c’è niente come vivere quel mondo per capire come poteva essere reso visivamente. Il fatto di affrontare addirittura due avventure, una prima di cominciare i lavori e la seconda poco dopo gli inizi, è stato utile per capire come questo mondo poteva essere vissuto dai giocatori e come potesse essere reso esteticamente.

Chiaramente Dario Leccacorvi, l’autore ed editore, mi ha dato indicazioni su che tipo di immaginario aveva in mente per questa ambientazione. Un’ottica fondamentale che aveva era quella di un fantasy che non fosse classico e di ispirazione medievale. Doveva avere caratteri estetici differenti. Questo si percepiva già dalla serie di libri game Fra Tenebra e Abisso, che ho giocato e poi illustrato. Quelli sono stati i primi passi nell’ambientazione (n.d.r. sono ambientati nello stesso mondo), anche se in quel caso si trattava di illustrazioni a china e bianco e nero per adattarsi allo stile libro game. Ho cominciato però a capire bene cosa avveniva in quel mondo, quali dinamiche ci fossero e quali realtà si incontrassero.

Fabio Porfidia

NDD: Da cosa trai ispirazione mentre disegni? Ascolti musica?

F: In realtà ho un modo di lavorare variabile, dipende molto dallo stato mentale del momento e da quanto devo concentrarmi. A volte ascolto musica, a volte ascolto documentari, dei video di Barbero, Odifreddi o Polidoro per scoprire o approfondire cose mentre lavoro. Spesso ascolto Il Bar di Roma Antica, anche perché lavorando con Lex Arcana (n.d.r. Gioco di Ruolo a tema Antica Roma) l’ambientazione storica per me è fondamentale. In tempi recentissimi ho iniziato ad usare anche Twitch (seguitemi che vado in live ogni mercoledì pomeriggio!) e a volte seguo alcuni canali di colleghi o divulgatori mentre lavoro. Se il lavoro è già avviato, e non devo concentrarmi troppo, tengo in sottofondo contenuti divulgativi. Se il lavoro è più pressante ascolto musica con un’atmosfera adatta, se è ancora più pressante allora deve esserci il silenzio totale perché devo concentrarmi su quello.

Anche l’approccio che ho al disegno è molto variabile, a volte inizio da sketch di contorni, altre volte vado di masse di colori, altre volte dal bianco e nero e altre ancora parto direttamente dal colore. Tutto dipende dal risultato che devo ottenere, non hosempre lo stesso stile. Anche perché se no sarebbe noiosissimo. Sono comunque un appassionato di musica da sempre, soprattutto con filoni metal, doom gotico come Paradise Lost, Anathema, Haggard, Septicflesh e simili e spesso ascolto quella mentre spennello. Ho lavorato anche in ambito musicale, per le copertine di alcuni gruppi o per il Rock The Castle nell’edizione gloriosa del 2019. Mi mancano tantissimo i concerti con i poghi: non vedo l’ora che tornino!

NDD: Hai qualche artista che vedi con ammirazione?

F: Uno tra tutti, direi Paul Bonner. È uno degli artisti più bravi in assoluto dal punto di vista espressivo, lavora molto in tecnica tradizionale con dipinti che sono meravigliosi. Mi sono innamorato dei suoi lavori quando da giovinetto, negli anni’90, ho conosciuto Mutant Chronicles tramite le pubblicazioni di Hobby & Works. Tra le illustrazioni, quelle più belle in assoluto erano di Paul Bonner. Si trattava di un’ambientazione interessante che è stata ripresa e abbandonata negli anni da vari editori, purtroppo ne hanno fatto un film che, come spesso avviene, è molto diverso dall’ambientazione, ne prende giusto due idee e il nome. Anche godibile il film, ma è un’occasione mancata.

Da lì in poi ho approfondito quello che ha fatto, lavora molto con il folklore nordico e riferimenti tolkeniani di cui sono appassionatissimo. Ho avuto l’occasione di conoscerlo a un paio di Lucca Comics in cui era ospite e ho scoperto che, oltre ad essere uno dei più grandi artisti attualmente presenti in ambito fantasy, è anche una persona umile e disponibilissima. Tutto ciò lo ha reso ancora più un mito.

Ricordo che ero in coda per il firmacopie e gli ho detto una cosa verissima, ovvero che ho iniziato a fare questo lavoro ispirato principalmente da ciò che ha fatto lui. Lui rimase folgorato e non me lo aspettavo. Mi chiese se avevo qualcosa da fargli vedere e sono corso al mio stand, che era lì dietro, per prendere il mio book. Ha interrotto il firmacopie e si è messo a sfogliare il book pagina per pagina e per ogni singola immagine mi ha detto cosa ne pensava. È stata una cosa incredibile, da pelle d’oca.

Fabio Porfidia

NDD: Sei un grande appassionato di Cartografia, giusto? Da cosa nasce questa passione?

F: Da sempre sono stato appassionato di mappe antiche, le trovo molto affascinanti. Perché ti dà l’idea di come ogni popolo, in ogni epoca storica, aveva la sua percezione del mondo. Prima ancora dei viaggi nello spazio e che quindi fosse possibile osservare oggettivamente la forma del globo e dei territori. È una cosa affascinante!

Paradossalmente quando giocavo a Scatola Rossa di D&D ero il membro del party che non voleva maidisegnare la mappa del dungeon, perché mi dicevo “che noia, io voglio giocare, voglio uccidere i mostri e cercare trabocchetti”. Adesso, invece, la trovo una cosa estremamente rilassante, più che i dungeon a me piacciono molto i territori. Le prime collaborazioni in questo ambito sono nate un po’ per caso. Per Rita Arcidiacono realizzai la mappa per il mondo di Genesi di Atherisch e fu inizialmente pubblicato da Linee Infinite Edizioni (2011). Forse proprio quella è stata una delle primissime. Lo stesso editore, per altri romanzi, ha cominciato a chiedermi mappe e man mano è diventata quasi una specializzazione. Prima facevo più copertine.

La prima mappa importante fu del 2014, quando un appassionato mi chiese di realizzare una mappa ispirata alla sua saga fantasy preferita, da lì potrei dire che con le mappe ho iniziato a fare sul serio. Però la svolta epocale è avvenuta nel 2019 in cui nell’arco di poco tempo mi furono commissionate grandi ed elaborate mappe per ambientazioni fantasy: Historia, Household e a stretto giro Brancalonia da lì c’è stato un vero e proprio boost nella cartografia che attualmente costituisce quasi metà della mia produzione.

La cartografia mi ha appassionato moltissimo e ho cominciato a studiare, andando a vedere musei, archivi online e scansioni di volumi antichi di atlanti e mappe. Quello è tutto oro colato, sono una fonte di ispirazione inestimabile. È splendido vedere come ogni artista, ogni cartografo, abbia rappresentato e decorato la sua visione del mondo. Dopotutto quello che noi viviamo è tutto filtrato dalla percezione e dai nostri sensi, quello che vediamo è la nostra soggettiva sulla realtà. Il mondo oggettivamente parlando non lo conosceremo mai. È bellissimo pensare che quello che vedo io non lo vede nessun altro e questo potrebbe creare anche una sorta di incomunicabilità. Tutte le forme di comunicazione, linguaggio espressivo, artistico e letterario sono dei modi per cercare di ovviare questa cosa. Credo però sia un gap impossibile da colmare, ma è giusto così. Ognuno di noi è un’isola unica che cerca di gettare ponti verso gli altri comunicando, anche attraverso il disegno (sicuramente io lo faccio meglio che con le parole e questo sproloquio lo può testimoniare).

Fabio Porfidia

NDD: Cosa ti lascia senza niente da dire?

F: Amo la natura e gli spettacoli naturali. Contemplandola le parole sono un vile orpello, vanno ad appesantire la bellezza che ci circonda e che troppo spesso non rispettiamo. Farei questo richiamo naturalistico visto che sono appassionato di tutto ciò che è paesaggio naturale e sto malissimo nel vedere quanto viene eroso costantemente dall’essere umano.

Ringraziamo di cuore Fabio Porfidia per il tempo che ci ha dedicato e ricordiamo che potete seguire il suo lavoro sui suoi canali social.

di Damiano D’Agostino

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