Il volo dell’Eroe
Ebbene sì, questo mese si vola. E Voci di Corridoio è tornato dopo una lunga assenza, attratto dalle vette siderali sfiorate da questo numero.
Il volo è un tema che mi è particolarmente caro. Dico spesso che il mio lavoro di attore doppiatore permette a chi lo svolge di volare, appunto, da un ruolo all’altro, da un mondo all’altro, molte volte all’interno della stessa giornata, in un meraviglioso, schizofrenico carosello. Ed ecco che al mattino sono un medico in un rinomato ospedale, nel primo pomeriggio sono un maldestro elfetto verde con la zeppola, e alle 16:30 sono Cesare Borgia. In una giornata sono passato dalla Seattle dei giorni nostri a un immaginario mondo medievale per chiudere nella Roma del 1500. E chissà domani dove e quando volerò.
Tra tutte queste trasvolate, capita qualche volta che una storia, un personaggio, ci rimangano inaspettatamente attaccati addosso, come quando si fa un viaggio in un paese lontano e i nostri occhi si portano dietro le immagini di ciò che abbiamo visto anche molto tempo dopo essere tornati a casa.
Ecco, questa cosa mi è capitata con il film “Un Eroe” (”Qahremān”), del regista iraniano due volte premio Oscar Asghar Farhadi.
Una storia ambientata in un paese lontanissimo da noi, incentrata su una cultura altrettanto lontana. Un bel “volo” per me, anche perché il personaggio a cui ho avuto l’onore di prestare la voce, il protagonista Rahim (interpretato dal bravissimo Amir Jadidi) è anche lui lontano anni luce dal mio carattere, dal mio modo di affrontare la vita.
Tutto infinitamente lontano, quindi. Eppure…
Eppure c’è qualcosa, in questo racconto, che me ne ha fatto vivere fortemente la quotidianità. A cominciare dalla domanda sulla quale il regista si interroga (e ci interroga):
Che cos’è un “eroe”?
Un cenno sulla trama, senza spoiler.
Rahim si trova in prigione per debiti. La svolta sembra arrivare quando la sua compagna (che lui, divorziato, deve tenere segreta non avendola ancora sposata) si imbatte in una borsa piena di antiche monete d’oro. L’intenzione iniziale è quella di vendere le monete e, col ricavato, pagare parte del debito in modo da ottenere almeno una riduzione della pena. Dopo alcuni imprevisti, però, Rahim decide di restituire le monete al legittimo proprietario. Tanta nobiltà viene immediatamente lodata dai media e dalle istituzioni, ma da questa decisione inizia un’escalation di vicissitudini che porteranno il protagonista, nella sua dolorosa ricerca di riscatto sociale, ad altalenare tra l’essere considerato un eroe (appunto) e un misero opportunista.
Attenzione: considerato un eroe e un opportunista dagli altri personaggi, sì, ma anche dallo spettatore. Abituati come siamo ad avere a che fare con personaggi che, nel corso del film, mutano con decisione da A a F attraversando dei precisi momenti B, C, D, E, qui ci troviamo a osservare le sventure di Rahim incantati dalla sua bontà d’animo, per poi vederlo cadere in comportamenti da ospite a “Pomeriggio 5” (per capirci), interrogandoci su quanto la sua bontà sia genuina o se piuttosto non nasconda qualche secondo fine anche piuttosto palese. E poi lo vediamo perseverare ciecamente nella direzione prescelta, e noi stessi ci chiediamo se, in fin dei conti, il nostro Eroe non sia solo uno stupido, e se magari non fosse stato meglio tenersi quelle monete all’inizio del film.
Ed ecco che, mentre seguiamo (e un po’ giudichiamo) il cammino tortuoso di Rahim, scopriamo che noi stessi siamo diventati Rahim, e che la sua storia, ambientata in un paese così lontano, con una cultura così lontana, potrebbe tranquillamente essere la nostra storia.
Doppiare questo personaggio mi ha posto in una posizione privilegiata per entrare con tutte le scarpe in questo racconto crudo e insieme delicato. Mi ha permesso di volare facilmente fino ai paesaggi iraniani, alle strade assolate, agli uffici carcerari e agli studi televisivi che sembrano essere rimasti agli anni ’80.
Mi ha reso più difficile, invece, tornare indietro. La storia di Rahim ha continuato a rimbalzarmi in testa e nel cuore per parecchio tempo dopo il mio ultimo turno di doppiaggio. Se non avete visto questo gioiello, vi invito a recuperarlo, perché come accade nei grandi viaggi, al ritorno non sarete gli stessi di quando eravate partiti.
Che cos’è un eroe?
È qualcuno che osa compiere azioni straordinarie?
È qualcuno che ha semplicemente il coraggio di comportarsi bene?
O piuttosto viviamo in un mondo talmente perduto da considerare eroica una normalissima condotta corretta?
Ci piacerebbe conoscere il vostro pensiero in merito.
di Edoardo Stoppacciaro
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