OlliOlli World, rappresentare la skate culture

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OlliOlli World, rappresentare la skate culture

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C’è un fascino unico nello skateboard, nelle rampe allo skate park in periferia e nelle ginocchia sbucciate dai primi tentativi di trick. Un fascino capace di catturarti non soltanto per l’attività in sé, pericolosa ma allo stesso tempo spettacolare. Tutto ciò dà l’impressione che ci sia qualcosa di più profondo e radicalizzato, lo riesci a scorgere e quasi lo potresti toccare con mano, la skate culture è infatti molto più sfaccettata di quanto possa trasmettere ad uno sguardo distratto. I graffiti e i ragazzi che cercano di compiere trick utilizzando panchine, marciapiedi e altre architetture urbane sono attività vittime di pregiudizi alle generazioni più anziane, rievocando l’ideale del “vandalo”. Ma tutto ciò ha un significato, anche politico, molto più complesso.

Questo fascino ha influenzato intere generazioni di videogiocatori, soprattutto quelli nati negli anni ’80 e ’90, cresciuti a pane e mito di Tony Hawk. Il franchise che porta il nome del famosissimo skater americano è stato importantissimo fino alla sesta generazione di console, ovvero PlayStation 2, Xbox e GameCube tra le più celebri. I miei ricordi mi riportano immediatamente a quando, in età pre adolescenziale giocavo a Tony Hawk Underground 2, che aveva tra le sue peculiarità diverse ambientazioni cittadine prese dalle più grandi città del globo e riproponendole in un free roaming in cui potevi fare skate su pressoché qualunque cosa a disposizione. Si percepiva l’anima del gioco e del significato intrinseco della skate culture, una cultura che sovverte degli schemi di regole a livello urbano e sportivo. Un paper pubblicato nel 2018 da Brian Glenney e Steve Mull analizza questo sport sotto una prospettiva sociale ed ecologica, tracciando dinamiche, caratteristiche e filosofia di usare lo skateboard in relazione allo spazio urbano.

I due accademici parlano del concetto di interattività, che contraddistingue lo skateboard da altri sport: quel principio per cui le persone mettono all’interno della loro attività una dose di creatività nella ricerca del doppio utilizzo di oggetti che, comunemente, sono immaginati per tutt’altro scopo. La famosa panchina citata prima ne è un esempio: il primo utilizzo che può venire in mente è quello di utilizzarla per sedersi, ma per uno skater potrebbe rappresentare un ottimo punto di appoggio per un “grind” di tutto rispetto. La dinamica del doppio utilizzo delle architetture urbane caratterizza un’attività pervasiva, nel tentativo di riappropriazione di uno spazio pubblico. Fare skate è un’azione sovversiva, veicolata da una grande creatività ma, soprattutto, da un’estetica identitaria e seguita anche da moltissime aziende e brand che ne hanno veicolato un’immagine di stile nella società.

Tutto questo preambolo lunghissimo per affrontare con una prospettiva estetica il lavoro svolto dalla software house Roll7 nella realizzazione di OlliOlli World. L’ultimo capitolo della saga di OlliOlli è, infatti, uscito dalla scena più indipendente del mercato videoludico, ma, come hanno fatto notare anche altri colleghi in sede di recensione, non ha perso quella sua identità indie, underground, riaffermando con grande capacità di design la sua appartenenza ad una corrente culturale di sviluppo innovativa e tematica ben precisa. L’approccio ecologico, ovvero di relazione tra l’essere umano e l’ambiente in cui vive, utilizzato da Glenney e Mull è estremamente calzante anche in una prospettiva di analisi del gioco, nel suo tentativo di creare un mondo bizzarro, variegato e con un design dei livelli ben strutturato. Le ambientazioni variano dalle spiagge, passando dalle foreste sino a contesti urbani iper industrializzati, ognuno con piattaforme, oggetti unici e tematici sui quali effettuare i propri trick. Nella costruzione di questi livelli trovano spazio anche tematiche centrali come l’inquinamento e sensibilizzazione alle tematiche ambientali, in particolare l’importanza delle api negli ecosistemi. Nel bioma boschivo di Cloverbrook ci sono, infatti, presenti delle api giganti che svolazzano sullo sfondo e sul tracciato, a volte sorreggendo parti importanti della scenografia e cartelli con scritto “Honey not Money” o “Save the Bees” comunicando, al tempo stesso, in modo diretto messaggi ambientalisti e di critica al sistema capitalista

La skate culture è rappresentata in OlliOlli World come una simpatica religione, con le divinità dello skate e i maghi che intercedono per l’equilibrio nel mondo di Radlandia. I giocatori sono le nuove promesse dello skate, con l’obiettivo di diventare i nuovi maghi e sostituire l’uscente maga Chiffon e arrivare a competere con le divinità nel Gnarvana, il nirvana dello skate. La direzione artistica del gioco ha subito un cambiamento radicale dai primi capitoli della serie, mantenendo una sua natura cartoon, ma puntando ad un’estetica con colori pastello e tratto di disegno ispirato alla serie animata Adventure Time. Scelte che, unite alla volontà di profondità dei livelli concessa dalla tridimensionalità e alla possibilità di esplorazione e rigiocabilità maggiore, rendono l’ultima opera di Roll7 un gioiello visivo di grande impatto.

OlliOlli World è un videogioco dalla natura squisitamente arcade e a piattaforme, con un gameplay composto da pochi semplici comandi da imparare, ma difficile da padroneggiare per avere le combo con più punti possibili, in classifiche globali di fine livello che coinvolgono giocatori provenienti da ogni piattaforma. Il multigiocatore, infatti, è asincrono, e permette anche agli utenti di creare dei livelli randomici e di condividere i codici unici per sfidarsi con amici e non.

Nel rappresentare la skate culture, l’opera di Roll7 fa un lavoro eccelso anche in ottica inclusiva, poiché permette una possibilità di personalizzazione dell’avatar molto variegata, tutti possono sentirsi parte della skate culture: un messaggio in netta contrapposizione con la situazione attuale. Secondo un articolo pubblicato su Wired, infatti, la comunità skate che proponeva negli anni ’80 una parità di genere pian piano ha cominciato ad escludere le donne, perpetrando sessismo e discriminazione, visibile attraverso la stampa e le riviste di settore. Ma un baluardo di speranza è presente all’interno del mondo dello skate, anche giornalistico, con riviste (zine) come le The Skate Witches Zine e altri proggetti collettivi. Uno di questi è nato in Afghanistan, in cui si è creata una solida comunità e associazione chiamata Skateistan che promuove l’inclusività nello skate, con collegamento diretto anche a progetti educativi, di introduzione alle scuole e artistici. Un progetto composto da adolescenti afgani, di cui il 40% sono donne, in un ambiente in cui la parità di genere e il femminismo trovano sempre ostacoli culturali e religiosi. Questa comunità, fondata dallo skater australiano Oliver Percovich, si è ingrandita ed espansa negli anni, anche se al momento le loro attività nell’area di Kabul sono incerte a causa della guerra cominciata ad agosto 2021 con l’entrata talebana. OlliOlli World include, come capo di abbigliamento selezionabile, anche l’hijab e così facendo include e riconosce una delle realtà femminili di skate più importanti del globo.

La rappresentazione della skate culture in questo piccolo capolavoro è quindi molto importante nel panorama videoludico e mediatico, mostrando quanto la software house Roll7 abbia mantenuto una sua anima indie, creando un’opera arcade magistrale nel gameplay, importante nella rappresentazione e di grande impatto visivo ed estetico. Joypad alla mano, l’esperienza è soddisfacente e la composizione dei livelli permette una grande spettacolarizzazione e la possibilità di esplorare, intraprendere nuove vie, sperimentare con i trick per cercare, alla fine, di raggiungere il traguardo con il punteggio più alto possibile. Stiloso anche nella colonna sonora elettronica e Lo-Fi, ovvero Low Fidelity, in cui le imperfezioni sono volute e amalgamate nella traccia musicale.

Non avevo l’opportunità di giocare ad un titolo a tema skateboard da moltissimi anni e ritornare virtualmente con la tavola sotto i piedi, poiché nella vita reale qualcosina avevo fatto ma non senza dolori, è stata un’esperienza galvanizzante, non solo come forma di escapismo, ma anche per gli spunti di riflessione e di ricerca che mi ha permesso di fare.

di Damiano D’Agostino

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