E tu di che maschera sei?

Reveal more

E tu di che maschera sei?

Quante volte ti è successo di dire ‘Eh ma sono fatt* così!’ come risposta o spiegazione a un comportamento opinabile?
Fermi tutti, non sto giudicando, è una cosa abbastanza normale.
Ci sono attenuanti e scusanti che troviamo ogni giorno per ‘essere fatti così’: sono cancro ascendente capricorno, non è colpa mia se sono umorale e se mi fai arrabbiare senza motivo ti incorno; sono dell’anno del coniglio di fuoco che brucia qualsiasi difficoltà incluso se stesso, se necessario, pur di raggiungere un obiettivo e compiacere chiunque intorno a sé; sono il frutto di una società che non permette un’espressione realmente libera perché presuppone un’appartenenza stagna e stagnante in una qualche categoria in cui non mi ritrovo mai…

L’elenco di come o perché siamo fatti in un certo modo è pressoché infinito.
Siamo fatti di natura, istinto, impulsi, essenza, e al contempo di schemi, etichette, maschere.
È naturale, in una società di persone in comunicazione e collaborazione tra loro, le sovrastrutture sono necessarie, è impossibile fare altrimenti.
Sì, perché in università ti comporti in un modo e quando vai sul lavoro in un altro; tuttavia, nello stesso ambiente ti trovi già davanti a una scissione: professore e studente, amici e/o compagni di classe, ma poi nemmeno tutti i professori sono uguali e con alcuni ti apri altri li odi, così come alcuni compagni di classe saranno fedeli presenze per la vita mentre di altri dimenticherai man mano il volto.
Anche per andare a lavoro c’è bisogno di comportarsi in un certo modo, differente da casa, tra capo e colleghi l’atteggiamento è diverso, così come tra genitori figli e fratelli… insomma avrai capito.

Siamo sempre diversi, siamo sempre in cambiamento, siamo sempre diversi e uguali, con dei tratti ben distinti e al contempo con una flessibilità data dagli eventi e dalle persone davanti a noi. O non è così?  Dove inizia però il confine tra noi stessi, il nostro modo di avere a che fare con gli altri e l’indossare effettivamente una maschera?
Il confine non lo so io, lo sai tu.
Cambiare un atteggiamento non significa cambiare una maschera ogni volta, chiaramente, eppure le maschere hanno pesi diversi.
Ci sono maschere sottili, appena visibili, per alcuni sono solo rughe di espressione, ad altri cambiare un atteggiamento invece è come strapparsi la faccia ogni volta e quindi chiaramente una cosa che si evita.
Poi ci sono le maschere che ci si formano addosso nostro malgrado, maschere fatte di insicurezza e insoddisfazione, di reticenza e delusione…
Ma che cos’è una maschera?
Ogni cultura ha un concetto differente che si annida dietro colori, segni, tratti, simbolismi… in Italia le maschere carnevalesche probabilmente hanno perso molto appeal e narrativa, ma non voglio fare un discorso nostalgico, dopotutto Arlecchino non mi è mai stato così simpatico.


Da dove nascono le maschere?
Esistono rappresentazioni e ritrovamenti archeologici antichissimi, in Cina per esempio si parla di 3500 anni fa, anche se in altre aree geografiche come il medioriente, le prime attestazioni risalgono anche a 9000 anni fa.
Vero è che tutte, agli inizi e in ogni parte del globo in cui siano state ritrovate, avevano in comune una caratteristica: la comunicazione.
Comunicare con le divinità, con gli spiriti, mandare un messaggio agli dèi o, viceversa, testimoniare agli altri esseri umani qualcosa che trascendesse il dialogo quotidiano.
Quando indossiamo una maschera, dunque, comunichiamo qualcosa.

Ora c’è da chiedersi, trasmettiamo un messaggio nostro o di qualcuno o qualcos’altro attraverso di noi?
Sono tutti pensieri e congetture che non hanno soluzione, però mi fa riflettere il fatto che dietro tanti altri ‘mascheramenti’, che siano scusanti, giustificazioni, c’è una storia molto più antica.
Una storia fatta di insicurezze e bisogni atavici, una necessità ancestrale di capire di più e farsi capire da chi ci sta intorno, a costo di far parlare qualcun altro o qualcos’altro, come una maschera.

Al contempo, le maschere non sono uniche, sono archetipi che si ripetono uguali e possono essere indossate da più persone, come se ci fosse bisogno di avere un rivestimento in più, un vestito ulteriore, che può essere innalzato a esempio per altri o a scudo per se stessi.
Il problema però dietro le maschere rimane, perché uno scudo ben dipinto non è comunque la tua faccia.
Se vuoi cambiare allora come fai?
E qui la questione vuol tornare alla domanda iniziale: cambiare indossando una maschera o limitarsi al ‘sono fatt* così’?
La soluzione c’è e non c’è e in ogni caso sta sempre nel mezzo, almeno in teoria. E in pratica, penso che autoanalisi e consapevolezza siano le chiavi per procedere in maniera evoluta ed equilibrata, almeno nelle intenzioni.
Non esiste un punto, un momento o una maschera che ci possa definire in toto, così come i segni zodiacali non lo fanno; eppure quante volte con il sorriso diciamo ‘Sono di questo segno, succede così’.

C’è una sorta di conforto nel sapere che i nostri difetti appartengono a qualcosa, a un gruppo, come se non fosse realmente nostra responsabilità. Allora se è vero così, si può cercare di migliorare partendo da questo presupposto?

E infine, c’è un ultimo tabù che riguarda le maschere: indossare una maschera è sempre visto come svilente, ma appartenere a una categoria come un segno zodiacale no. Uno al massimo non ci crede, ma nessuno si offende se gli chiedi ‘Di che segno sei?’.
Se ti chiedessi ‘Di che maschera sei?’ come ti sentiresti? Probabilmente giudicat*, come a dire ‘Presupponi che io sia una persona finta che indossa una maschera’. Ma la maschera non è un’essenza, così come non lo è un segno dello zodiaco.
Sono domande senza risposta assoluta, e spesso senza risposta, che mi pongo di tanto in tanto.
E questa volta, ho tolto la maschera da Furi e ne ho parlato con te.

Alessandra ‘Furibionda’ Zanetti

Lascia un commento

Previous post Love is blind
Next post Elisabetta Decontardi, la forza della tenacia