La vita è sofferenza?
Questo ci viene insegnato da quando iniziamo a vivere. Complice l’educazione ancora troppo cattolica insita nella cultura anche laica, il culto del senso di colpa, della sofferenza, del dolore come contrappasso per ogni gioia, sono ciò che fonda la nostra società.
Ho cercato altre parole, ho cercato di scrivere qualcosa di costruttivo che ci dica, che mi dica come fare a sradicare tutto ciò. E la risposta è sempre e solo una: deve partire da una autoanalisi, deve partire dal singolo.
E allora non ho molto da insegnare, non ho molto da raccontare a riguardo, perché, solo chi sa e vuole sapere, può cominciare a cambiare, ricostruirsi e ricostruire.
Non c’è una vera morale, la malinconia dei mesi invernali porta a riflessioni che non vogliamo, a un bipolarismo estremo tra il senso di un nuovo inizio e il grigiore che ci appanna la volontà.
Malinconia e dolore sono assai diversi. A me piace molto la malinconia, perché dà una visione poetica o narrativa di qualcosa che ci sta davanti e potrebbe non aver alcun senso.
Ma a chi piace il dolore? Chi brama la sofferenza?
Nessuno, vien da rispondere. Si cerca di fare tutto, tanto, anzi tantissimo o troppo per rincorrere una felicità tangibile e duratura. Per me, per te, per i nostri cari, per gli amici, per tutti. Secondo gli schemi sociali, secondo i nostri schemi…
Eppure c’è una parte di noi, più o meno cosciente, più o meno sveglia che anche quando va tutto bene ci dice: “Ehi, sicuro che vuoi che vada tutto bene? Guarda lì, c’è una pozzanghera di dolore, perché non ti ci tuffi?“.
Non serve che lo ammettiate a me, serve che lo ammettiate a voi stessi.
Non è una colpa se questa cosa succede, semplicemente fateci caso la prossima volta che c’è una pozzanghera di sofferenza che si può tranquillamente evitare. E vedrete, sarà facile evitarla.
Per il resto, avevo scritto una poesia, una volta, su questo desiderio di essere tristi, mescolato coi feels del primo lockdown, eccola.
Costruire e ricostruire
Dalle fondamenta in su
torpore e status quo
non saranno più.
Si costruisce con energia,
si ricostruisce la speranza.
Ecco nuove certezze
o forse quelle un po’ più vecchie,
mattoni del pensiero
malta della condivisione.
Costruite allora
e ricostruite tutto:
quello in cui credete,
che avete messo da parte
per tutti i nobili motivi
che vi ripetete ogni mattina,
quando vi fate la barba;
quando vi pettinate;
quando vi truccate;
quando lasciate i vostri figli
nelle mani di qualcun altro
perché dovete garantire
che siano felici
che siano benestanti
che siano benpensanti;
quando mettete i vostri genitori
dopo l’aperitivo, dopo il calcetto, dopo la manicure;
quando non vedete un amico,
una sorella, un amante.
Perché dovete fare altro.
Perché dovete lavorare.
Perché vi hanno insegnato
a soffrire per avere gioia
ché non c’è felicità
senza l’adeguata tristezza.
Un principio di Equilibrio
a cui non mi oppongo.
Però, non siate così letterali:
non andate a cercarla.
Cercate la gioia prima,
e se sarà il caso,
la tristezza vi saprà sempre trovare.
di Alessandra “Furibionda” Zanetti
Image credits “Evening Song by Joe Gilronan”
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