Nessun miracolo in palio - Regalo di Natale di Pupi Avati

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Nessun miracolo in palio – Regalo di Natale di Pupi Avati

E’ strano che io mi metta a parlare di cinema nella mia rubrica dedicata al teatro, ma c’è sempre una motivazione netta e precisa per cui io lo faccio e alla fine, riesco sempre a tornare lì nel mio amato palcoscenico con le mie analisi e le mie considerazioni. Perché è da lì che nasce tutto ed è lì che finisce. Così come per il Natale, in fondo! Che ci piaccia oppure no.

Tutti noi abbiamo il nostro film di Natale, commedia, dramma o d’animazione; chi più ne ha, più ne metta insomma. Ma tutti, più o meno, hanno una pellicola che li rimanda immediatamente alla magia del Natale o alle sensazioni e le emozioni che quel periodo così speciale gli lascia addosso come un buon profumo, sbloccando ricordi ed esperienze vissute proprio nel mese natalizio.

Il mio film di Natale, invece, non è propriamente una pellicola che insegna valori o che termina con un lieto fine, anzi! Tutto l’esatto contrario. Sin dalla prima volta che lo vidi, mi ha sempre lasciato una sensazione sgradevole e triste, ad insegnarmi che non sempre, a Natale, si vivono emozioni positive e si realizzano sogni impensabili. Perché per alcuni, il Natale può essere un momento in cui si deve guardare in faccia una vita piena di risentimenti, di rimpianti e di perdite. E scoprire che hai scommesso tutto in una vita che può esserti strappata via con incredibile semplicità.

Questo film particolare è Regalo di Natale, pellicola italiana del 1996 scritta e diretta da Pupi Avati, con protagonisti Diego Abatantuono, Carlo Delle Piane, Gianni Cavina, Alessandro Haber e George Eastman. Un film intimo, semplice, costruito non su una visione registica precisa ma sul grande talento recitativo del cast, forte e solido in ogni singola scena.

La storia narra dell’amicizia di quattro persone unite da affetto, ma anche da profondi rancori: Franco, Lele, Stefano ed Ugo. Assidui giocatori di Poker, i quattro si ritrovano ancora insieme, dopo tanti anni di lontananza, per giocare una lunga partita proprio la notte di Natale, nella villa dell’amante di Stefano. Con loro, vi è anche l’Avvocato Santelia, un singolare personaggio invitato sotto consiglio di Ugo, amante del gioco e delle donne, ma con il vizio di perdere. L’obiettivo di Ugo, Lele e Stefano è quello di sfruttare questa suo “vizio del perdere” per poterlo spennare e ottenere dei soldi per potersi permettere un rilancio della loro vita, ma nessuno dei tre ha le potenzialità economiche per poter vincere. Solo Franco la possiede, essendo lui un rinomato proprietario di diversi cinema di Milano, oltre ad essere un buon giocatore.

Così la partita ha inizio e sul tavolo non finiscono soltanto carte e fiches, ma anche il bilancio di una vita, i dissapori tra Franco e Ugo, che non si parlavano ormai da tempo a causa di una storia d’amore con Martina, donna amata da Franco e che Ugo ha poi “rubato” all’amico, lasciandola poi subito dopo; la profonda amarezza di Lele, uomo frustrato e succube, costantemente bistrattato dai colleghi di lavoro, desideroso di poter pubblicare il suo romanzo su John Ford e prendersi una rivincita su tutti, anche sui suoi stessi amici che lo sottovalutano; la pesante maschera di Stefano, che finge una relazione con una donna per poter tener nascosta la sua omossessualità agli altri, anche se ormai tutti conoscono il suo segreto. Tutti e quattro “mostrano le carte” a Santelia, l’unico personaggio che sa chi è e non ha paura di dirlo, di dimostrarlo. Con le sue stranezze, i suoi metodi, le sue particolarità. Eppure è il più vero, il più sicuro lì in mezzo al tavolo da gioco.

Nella notte di Natale, tutti e cinque i personaggi giocheranno e si scontreranno tra di loro, amici e nemici al tempo stesso, con lo scopo di poter sistemare la loro vita, migliorarla o crearne letteralmente una da zero, guardando tutti simbolicamente all’Albero di Natale posto fuori nel giardino, come fosse la rappresentazione di quel desiderio tanto ambito. Ma come ho detto, in Regalo di Natale non esiste il lieto fine, e non ci sarà neppure per Franco e i suoi amici. Solo l’amarezza di aver sperato per nulla, di aver voluto osare per poi rimanere ancora ancorati nelle loro squallide vite, senza aver davvero desiderato qualcosa di diverso e d’importante… quando l’avevano davanti agli occhi.

Vedere questo film accese molti sentimenti contrastanti nel mio animo, e a distanza di 10 anni, continua a farlo, con più forza data la maturità conquistata nel tempo, necessaria a capire il significato di una storia messa in scena in uno stile molto teatrale ( lo vedete? Ci sono arrivato, alla fine!), in cui la potenza narrativa è retta dai personaggi, dai loro gesti, le loro parole e i loro sguardi; che raccontano tutto e ci trasmettono direttamente le frustrazioni e le problematiche di ognuno di loro, senza però renderci partecipi di ciò che hanno in serbo per noi spettatori. Perché mi ha mostrato che il Natale non guarisce automaticamente le ferite di un anno di delusioni e sconfitte, e che non tutti possono avere un lieto fine sotto l’albero.

Ve l’ho detto, Regalo di Natale non è un film adatto a trasmettere gli ideali natalizi, ma più che altro ad insegnarci che esistono numerose storie sotto la cortina gioiosa delle festività, storie che non finiscono bene o più semplicemente, che non cambiano. Rimangono esattamente così come sono, nella gioia della realizzazione personale o nell’amarezza di non avere realmente nulla in mano. Ma la vita va avanti per tutti e le festività finiscono, prima o poi.

E noi continuiamo a giocarci il tutto per tutto, ricercando il tempo per un’ultima mano, in attesa che arrivi di nuovo quel periodo dell’anno che ci permetta di sperare ancora un poco…giusto il tempo per una Rivincita.

Attore Novizio al vostro servizio!

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