L’illusione del tempo reale
Uno dei pochi ambiti nei quali è semplice categorizzare i videogiochi è quello del tempo. Senza eccezioni, infatti, essi si dividono in giochi in tempo reale e giochi a turni. Storicamente, il gioco al di là dell’ambiente digitale ha quasi sempre una natura a turni: prima gioca un giocatore, poi gioca l’altro (o gli altri). Ovviamente, la realtà non si compone propriamente di turni: questa è infatti una soluzione, un escamotage che l’essere umano, sin dagli albori, ha teorizzato per riuscire a portare a compimento una partita, di un qualunque atto ludico, scandendo con precisione i suoi momenti. Del resto, la realtà è costituita da particelle temporali infinitamente divisibili: dietro ai secondi ci sono i millisecondi, e dietro di essi i microsecondi, e così via, fino all’infinito. Sembrerebbe dunque impossibile teorizzare, nella realtà, un gioco che permettesse ai giocatori di compiere scelte per ognuno di questi momenti.
Tuttavia occorre fare una distinzione, perché a ben ragionare il concetto appena esposto è valido soltanto nei giochi nei quali viene costituita una sorta di realtà a parte rispetto a quella del mondo vero, con sue regole specifiche. Al contrario quando il gioco è ancorato al reale, può darsi l’ipotesi di giocarlo continuamente: appunto, in tempo reale. Per capire meglio questo concetto basta tornare con la memoria a quando si era piccoli. Tipici giochi dell’infanzia, come mosca cieca o nascondino, si svolgono indiscutibilmente in tempo reale, e non prevedono turni propriamente detti, quanto piuttosto partite in sé. Quando in nascondino si usa dire, forse impropriamente, che “è il turno” di qualcuno di contare, non è che stiamo trascendendo nel gioco a turni. Piuttosto, una partita è finita e un’altra è iniziata, e sono stati rimescolati gli attori in campo.
Lo stesso si può dire dello sport. In una partita di calcio, l’azione si svolge in tempo reale, ed il cronometro non è mai fermo. Anche in sport come il basket, dove il cronometro si ferma spesso e volentieri, comunque non sono presenti le sfaccettature tipiche dei giochi a turni, perché l’azione è ancorata alla realtà, e ne accetta e rispetta le leggi fisiche di base. Diversa è la questione dei giochi a turni. In questo tipo di attività, i giocatori accettano di lasciare da parte le regole del mondo vero per calarsi in regole fittizie di un mondo di fantasia, dove l’azione è in mano, di volta in volta, a una persona diversa, che nel suo momento è l’unico attore in campo, e l’unico in grado di influenzare gli eventi. Negli scacchi, il giocatore che di volta in volta muove ha la facoltà, nel suo momento, di essere l’unico a dettare l’andamento della partita, potendo ignorare l’avversario in tutto fuorché, se è capace, nella sua strategia complessiva, che per definizione prende in esame una molteplicità di turni.
Anche i videogiochi si sono mostrati, sin dagli albori, coscienti di questo doppio modo di giocare. Tuttavia, per la loro natura digitale, hanno avuto una grande differenza: non sono stati costretti a compiere quella scelta altrimenti ineluttabile, tra il basarsi su regole della fisica del reale e avere un’azione in tempo reale o il basarsi su regole fittizie e creare mondi di fantasia nei quali l’azione si svolge a turni. Il videogioco, infatti, apre le porte ad un terzo soggetto: il computer in sé, cioè l’ente che calcola l’andamento del gioco costantemente e consente o non consente lo svolgersi di certe azioni che il giocatore intende compiere. Per “computer” non deve intendersi ovviamente solo il PC, ma il computatore in genere: lo stesso discorso si può infatti applicare alle console, o alle macchine arcade tipiche agli albori del medium, da Pong in avanti. Questo terzo soggetto che fa da tramite tra l’azione del giocatore ed il verificarsi dei suoi effetti a schermo, all’interno di un mondo virtuale con regole proprie, dà l’illusione di un tempo infinitamente divisibile nel quale veramente le azioni capitano in tempo reale.
Ma non è propriamente così: il tempo reale è comunque diviso in piccoli blocchi, e i videogiocatori se ne accorgono più di ogni altra categoria di persone – specie quando muoiono dando la colpa alla lag. Che cos’è, questa accusa, se non l’idea che il computer abbia mal gestito i tempi dei turni, dando un’ingiusta precedenza al nostro avversario anziché a noi?
L’incremento tecnologico, l’aumento delle velocità delle connessioni e questa natura che pone per forza un terzo tra i giocatori (appunto, il computer) ha di volta in volta ridotto le particelle temporali entro le quali l’azione necessariamente deve svolgersi, dando infine l’idea che essa si svolga veramente in tempo reale. Ma si tratta di un’illusione: un’illusione che è tanto più acuta quanto riesce a stare dietro ai potenziali infiniti comportamenti dei giocatori. In linea di massima, si può trovare questa regola: se il tempo di reazione del giocatore è superiore al tempo che il computer impiega a calcolare gli effetti delle singole azioni, allora l’illusione è garantita e il gioco è effettivamente in tempo reale. È in questo ambito che si rinvengono tutti i giochi le cui azioni si svolgono senza interruzione, come gli sparatutto in prima persona, gli strategici in tempo reale, o anche gli MMORPG (nei quali, però, le azioni sono spesso più evidenti e settorializzate). Vale la pena spendere ancora un paragrafo per cercare di capire bene questa illusione, a costo di essere più tecnici.
Ogni azione compiuta da un giocatore all’interno di un videogioco presuppone un input, che viene ricevuto dal computer e trasformato in un output visualizzabile a schermo (premo il pulsante sinistro del mouse -> l’arma spara producendo effetti). C’è un impercettibile tempo che passa tra quando l’input viene registrato e l’output a schermo mostrato. Quando si gioca in locale, in un single player, questo tempo oscilla solitamente tra l’1 e i 5 millisecondi, a seconda dell’hardware e dello schermo. Un tempo così breve è del tutto impercettibile da parte dell’essere umano. Diversa è la situazione nei giochi online, dove non solo c’è una computazione, ma c’è anche un collegamento con un server centrale, magari distante centinaia di chilometri da dove i giocatori sono ubicati, che assicura la trasmissione dell’informazione tra un giocatore e l’altro. I più tecnici sapranno che lo stesso accade anche in una situazione di collegamento peer-to-peer, cioè senza passare da un server centrale ma semplicemente collegandosi in multigiocatore tra più utenti.
La mera distanza che il segnale deve percorrere è sufficiente a fare aumentare quel tempo tra l’input e l’output drasticamente. Nei giochi online intensivi, come gli sparatutto, questo tempo (la “latenza”) può aggirarsi tra i 20 e i 60 millisecondi, in buone condizioni. Negli MMORPG, dove le computazioni del server centrale interessano una notevole pluralità di giocatori, si può salire fino anche ai 100ms, e quando la connessione non è ottimale si raggiungono anche picchi di 200, 300, 400 millisecondi. Un tempo del genere è assolutamente percepibile dall’essere umano, ed è ciò che causa la “lag”. Tuttavia, questa lag esiste sempre, anche in single player: al massimo, è nascosta dietro un’illusione.
Ma non tutti i videogiochi hanno inteso procedere seguendo questa illusione. Sopravvivono oggi, e a buon diritto, giochi a turni di grande successo, che però hanno liberamente scelto questa formula perché è stata individuata come la migliore per il raggiungimento del divertimento che il prodotto intendeva offrire. La necessità dei turni non è stata, in altre parole, una costrizione. La saga di Civilization, oppure la parte strategica delle campagne dei Total War, o i tattici a squadre come XCOM sono esempi di giochi nei quali i turni sono alla base del divertimento: parte integrante della visione del gioco nel suo complesso.
Meno accessibile, forse, questo tipo di titoli cela solitamente una complessità mentale più stratificata di quella che si rinviene nei giochi “in tempo reale”, per quanto illusori questi ultimi possano essere. Del resto, la libera scelta dei turni come modo di far procedere l’azione necessariamente prelude ad un’azione più ragionata e cervellotica, nel quale prima della destrezza e della velocità conta la capacità strategica e cerebrale.
Per la prima volta nella storia dell’uomo, comunque, il computer permette lo svolgersi di un gioco disancorato alla realtà fisica in tempo reale, anche se nasconde questa possibilità dietro un’illusione. Non c’è un merito intrinseco in questo, così come non sono migliori per forza i giochi a turni. Piuttosto, questa opportunità va vista come una ennesima dimostrazione dell’indiscutibile novità che il mondo dei videogiochi ha portato nella nostra realtà quotidiana: la possibilità di portare il nostro concetto di tempo in un mondo fittizio, con una natura unica e regole inventate sempre diverse.
di Giacomo Conti, MMO.it
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