Capitolo 6 – PRIMA DELL’ALBA

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Capitolo 6 – PRIMA DELL’ALBA

«Femi, luridi pazzi!»

Il ragazzo e il barista si voltarono, folli e a pezzi. La punta d’argento della balestra rifletteva davanti a loro l’efferata luce che si celava negli animi dei presenti. Sanctius, il corpo in fiamme, non potè fare altro che fissare dritto in volto il Cacciatore. I suoi occhi fissavano il vuoto fino a poco prima, adesso erano accesi di un sentimento crudele e allo stesso tempo incomprensibile per il giovane vampiro.

La punta della balestra è tinta di oscurità e per un attimo Sanctius si azzarda a sperare che nonostante le bugie e il doppio gioco il vecchio lo… risparmi? Che decida di punto in bianco di risparmiare un abominio che stava tentando di ucciderlo a sua volta? Lo stesso vecchio che anni addietro aveva massacrato un vampiro dietro l’altro, inclusi i propri genitori, senza battere ciglio?

Un grugnito dall’altra parte della stanza rivela le intenzioni del barista, che non aveva la minima intenzione di starsene lì con le mani in mano. Sanctius doveva assolutamente trovare il modo di sopravvivere, ma il dolore delle sue carni maciullate era tanto forte da non riuscire nemmeno ad urlare. Poteva solo guardare Abraham come una specie di grottesca caricatura dell’Angelo della Morte di cui tanto parlavano gli umani. E pensare che questa mattina immaginava una scena diametralmente opposta. Improvvisamente, il Cacciatore si mise in mezzo. La sua voce tuonò dolorosamente forte nella stanza: «Tutto questo deve finire» Allora era così. Il vecchio Abraham stentava a crederci: non poteva essere, non aveva alcun senso. Eppure, eppure… Lo sguardo sbarrato e perso nel vuoto, gli allarmi che suonavano tutto intorno, una voce che lo chiamava strattonandolo, e una dolorosa botta. Il vecchio sentiva la testa esplodergli, con l’ultimo barlume di lucidità si chiese se sarebbe davvero finita così, nella pazzia, con quelle immagini fisse davanti agli occhi.

Quello che invece non si aspettava era un ricordo, talmente ben protetto dalle catene dell’odio e del rimorso da riuscire a passare inosservato per una vita intera. O perlomeno quella che Abraham credeva esserlo. Come poteva un semplice nome contenere così tanti segreti?

I lunghi capelli della ragazza riflettevano la luce della luna, e il suo sguardo penetrante era fisso su quel ragazzo, poco più grande di lei. Una battuta, uno spintone… era iniziata così, anni e anni fa, quando tutto era ancora molto diverso. Nessuno dei due avrebbe saputo dire per quale scherzo del destino fosse andata così. Ma fatto sta che qualcuno aveva creato fragilissimi ponti nel mezzo di una guerra all’ultimo sangue, ponti che sarebbero costati loro la vita. Il bagliore della luna colpiva la ragazza, rivelando la luce nei suoi occhi e… quei canini, bianchi e lunghissimi. Un mostro, un abominio infernale che non avrebbe dovuto calcare il suolo di questo mondo. È così che la pensavano tutti. E il ragazzo si bloccò, passandosi nervosamente una mano sulla bocca, talmente forte da sentire i denti, umani. Delle creature infime e deboli, da schiacciare come topi, ma la lotta durava da molto più tempo, nessuna delle due parti lo aveva previsto, così imbottite della loro sicurezza e spavalderia.

Lei era molto più forte e veloce di lui. Non aveva mai avuto nessuna speranza. Mentre si dibatteva cercando di uscire, lontane urla squarciavano l’aria e l’anima dello sfortunato umano. Era troppo tardi, non lo trovarono mai, e lui non arrivò mai in tempo. Quando riuscì a riguadagnare la libertà, stremato e praticamente stecchito, lo attendevano solo macerie, cenere, e una balestra rotta macchiata di sangue ribollente alla luce dell’alba.

Un grido silenzioso frantumò l’umano, tutto questo doveva finire. Decise di cambiare. Avrebbe sterminato ogni singolo vampiro, ripulito la terra da una simile feccia. Gli umani sarebbero stati liberi dai mostri e dal dolore di una vita infranta. Scelse un nuovo nome, lo stesso del suo antenato. Avrebbe urlato e sussurrato nuovamente nel sangue delle vittime di cui sarebbe andato fiero per tutta la vita. Quelle urla lo avrebbero accompagnato come un canto di vittoria…

 

Urla tutto intorno, odore di sangue e di bruciato. È così che odorava quella notte? È così che era stata infranta la vita di quella persona? E per quante volte il vecchio si era reso artefice di simili crudeltà? Sanctius. Abraham lo sentì urlare e riaffiorò dall’oblio dei ricordi. Sanctius, il suo assistente. Quello strano e giovanissimo vampiro aveva deciso, per qualche strano motivo, che diventare l’apprendista del più temuto cacciatore fosse una buona idea. No, non un vampiro e non un umano. Jack, lo scorbutico barista di sempre, si era premurato di informare il Cacciatore. Ed era qui per regolare i conti, perché mostri come Sanctius non sarebbero dovuti esistere. All’improvviso un altro ricordo tornò a galla e rimise insieme i pezzi. Abraham vacillò nuovamente sotto il peso di una vecchia colpa dal significato completamente nuovo: una giovane vampira in fuga dal più grande Cacciatore di tutti i tempi, e da un odio talmente profondo da distruggere tutto e tutti senza distinzione alcuna. Chi altri avrebbe potuto portare a termine uno sterminio così efferato senza nemmeno saperne il perché? Chi, se non Abraham Van Helsing, colpevole di aver distrutto la vita di qualcuno che aveva osato avere fiducia e cercato di combattere un odio tanto grande quanto sbagliato?

 

Incespicando si ritrasse nella stanza, il fiato mozzo dallo sforzo; ma la sua amata balestra è lì, ad un braccio di distanza, sempre al suo fianco da quando Abraham iniziò a vivere. Dopo anni e anni di menzogne, il passato lo ha finalmente raggiunto. E adesso chi erano davvero i mostri? Chi era Abraham per sentirsi così stupidamente sicuro di avere ancora la risposta in pugno, dopo una vita che fu creata da una falsità? Non aveva fatto altro che alimentare un odio malato in cui nessuno era vincitore, e tutto si stava sgretolando davanti ai suoi occhi.

La mano del vecchio si stringe all’arma come se fosse la sua unica via di salvezza.

«Tutto questo deve finire!»

Davanti a lui, Sanctius sobbalzò, urlando. Il barista si bloccò a metà di un passo verso il vampiro.

Brigitta era carica, un passo avanti e la balestra prese il colore del sangue sul pavimento.

Anche stavolta sarà Abraham Van Helsing ad avere l’ultima parola.

 

 

La musica a tutto volume fracassava i timpani, ma nessuno dei ragazzi ammassati nel locale sembrava curarsene. Specialmente Albi. Lunghi capelli biondi, aveva passato la serata ad andare a passo sicuro da un lato all’altro della pista, facendo lo slalom tra una danza e l’altra, incurante di tutto e di tutti. Solo una persona aveva avuto la sfortuna o il privilegio di attirare la sua attenzione: un ragazzo dall’aria un po’ cupa e spaesata che se ne stava addossato ad un muro, talmente fuori luogo che doveva per forza diventare vittima degli scherzi di Albi. Ed ecco arrivato il momento di mettere in imbarazzo un nuovo amico.

«Ehilà, Mr. Allegria, non sei di queste parti vero?»

Con sommo piacere di Albi, il taciturno arrossì fino alle orecchie.

«Sentiamo, come ti chiami? Che mi dici di te? Io sono Albi!»

«Ab-Abraham… Abraham Polidori. Grazie per i drink, se ti vuoi sedere… oh, hai già fatto da te»

Il vampiro ridacchiò divertito. «Mi hanno sempre detto di essere un tipetto intraprendente, sai com’è. Abraham, hai detto? Che nome insolito, non si sente in giro molto spesso… Vecchio stile, mi ricorda qualcosa che ha a che fare con…» Gli occhi del giovane Abraham si illuminarono. Albi aveva fatto centro.

Con un ghigno divertito osservava il nuovo amico, che si trovava lì combattuto tra la voglia di sparire e l’impulso di parlare di quello che evidentemente era il suo argomento preferito in assoluto. «Abraham, come uno dei più spietati Cacciatori di tutti i tempi? Sì, i miei dissero di avermi dato il nome di chi ha il potere di cambiare il mondo.»

«Ah sì? Beh allora dovrai darti da fare per raggiungere lo stesso livello… Quel Van Helsing lo ha fatto addirittura due volte»

«E-Ehi! Ma allora conosci…»

Abraham non riuscì a frenare un impacciato sorriso, mostrando quei canini così simili eppure così diversi da quelli che gli stavano di fronte.

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