Zio Ben – il mentore che non abbiamo mai conosciuto
“Da un grande potere derivano grandi responsabilità” non è una frase pronunciata da zio Ben.
Partiamo subito così, sfrondando la leggenda e focalizzandoci sulla Realtà. Questo durissimo insegnamento che il giovane Peter Parker apprende nel peggiore dei modi appare per per la prima volta nell’ultima didascalia della primissima storia dell’Uomo Ragno, pubblicata sul numero 15 di “Amazing Fantasy”, datato agosto 1962. Non viene attribuita all’uomo che ha appena perso la vita e che innescherà l’intera vicenda, è semplicemente un insegnamento che la voce narrante (Stan Lee, quindi) scandisce a chiusura e a morale della storia. Eppure, proprio quella battuta (pronunciata anche da Winston Churchill) è diventata l’elemento più caratteristico del personaggio di Ben e ciò che lo consacra nella Storia del fumetto e non solo.
Benjamin Franklin Parker rappresenta una figura di mentore assai atipica. Siamo abituati a ricondurre a questa tipologia di personaggio un ruolo chiave e reiterato nella vita del protagonista, una presenza costante che aiuta il processo formativo del main character e che, terminato il suo compito, abbandona la storia spesso in maniera violenta e dolorosa per innescare il successivo desiderio di vendetta/giustizia.
Invece, lo zio Ben ci lascia praticamente subito. Nella storia sopracitata tratta da “Amazing Fantasy” pronuncia solo due battute di numero per poi morire (fuoricampo, bella scelta) e lasciare Peter Parker a rimuginare sul suo drammatico errore dettato dall’arroganza. Solo con gli anni e con gli autori che si sono succeduti sulle varie testate dedicate all’arrampicamuri abbiamo visto la sua figura ampliarsi e assumere connotati ben definiti.
Un passato da militare, una forte risolutezza nel conquistare l’amata May Reilly già promessa a un altro uomo, una insofferenza cronica per le ingiustizie che lo porta a malmenare alcuni ragazzi (tra cui Flash Thompson) che arrivano fino alla soglia di casa per bullizzare Peter (!) – Queste sono solo alcune delle storie che, da sessant’anni, si stratificano su di lui per alimentarne la caratterizzazione.
Ma sono tutti ricordi, tutti momenti avvenuti prima della nascita dell’Uomo Ragno. Se escludiamo trovate commoventi come la storia “Buon Compleanno” dove Spidey riceve dal Dottor Strange la possibilità di parlare con suo zio per cinque minuti o una bizzarra run di “Friendly Neighborhood Spider-Man” con un Ben alternativo che si tramuta in villain il suo ruolo nelle vicende dell’eroe è relegato al passato.
Senza la sua scomparsa avremmo avuto l’Uomo Ragno? Certo che sì ma le cose sarebbero andate diversamente. In uno speciale “What if?” del 2005 viene ipotizzato che a morire sia zia May al posto del consorte. Le conseguenze sono tanto semplici quanto affascinanti: Peter provoca involontariamente la morte dell’assassino e Ben si assume la colpa del fattaccio, finendo in carcere. Privo di una figura di riferimento e, soprattutto, privo dell’insegnamento sulla responsabilità il giovanotto intraprende un cammino oscuro fatto di furti e riformatorio. È colmo di rabbia verso il mondo, una rabbia che esaspera un vittimismo che Parker ha sempre avuto con sé tramutandolo in un elemento destabilizzante. L’insegnamento dello zio e la necessità di proteggere la zia avevano forgiato in un quindicenne il senso di responsabilità di un adulto, cosa che qui non avviene. Quando Spidey decide di risolvere quella che continua a ritenere una spaventosa ingiustizia facendo evadere lo zio avviene il confronto risolutivo. Ben si infuria con lui e rifiuta la sua proposta di fuggire perché May non avrebbe apprezzato un simile gesto e lui intende assolvere fino in fondo ai suoi obblighi morali. Solo in quel momento l’Uomo Ragno si rende conto dei suoi errori e inizia un percorso di guarigione interiore. Anche in questo caso, quindi, è la presenza di Ben a decretare la nascita di un eroe.
C’è chi attribuisce a Benjamin Parker un ruolo di rilievo non solo nella genesi di Spidey ma anche nel suo crudele destino. La sua morte traumatica lascia un adolescente smarrito preda di un trauma psicologico così violento da spingerlo a intraprendere una crociata a vita contro il crimine. Non dissimile dal destino di Bruce Wayne, se ci pensiamo bene; due adulti prigionieri del giuramento pronunciato da due ragazzini dal quale non sapranno più staccarsi. Se Ben non fosse morto avremmo avuto il nostro amichevole Uomo Ragno di quartiere ma senza lo sprone innescato dal dolore sarebbe stato lo stesso? Sarebbe stato migliore, forse? Oppure, proprio l’ossessione e l’amarezza sono il collante della sua missione?
Ci sarà un motivo se l’amatissimo zio risulti l’unico personaggio (per ora) a non essere tornato in vita. La sua assenza è la presenza più ingombrante nella vita dell’Uomo Ragno. L’assenza di una figura di riferimento che abbiamo imparato a conoscere soltanto a ritroso ma che, caso più unico che raro, è stato il mentore di un grande eroe prima ancora che quest’ultimo lo diventasse realmente.
di Roberto “Mr. Rob” Gallaurese
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