Una cosa piccola che sta per esplodere
Simone lo guarda negli occhi. Trema di rabbia. Perché di colpo ci vede chiaro, e quello che gli brucia in realtà non è la storia del fumo, né delle ragazze, né del giuramento, quanto il fatto che Diego sia tornato qui senza di lui per tutto questo tempo. Chissà quante volte negli ultimi cinque anni. Salutandolo in piazza e andando via da solo, calandosi nel fosso e attraversando l’autostrada, e poi passando le serate nel rifugio, accendendo un fuoco in onore della vecchia banda, tenendo vivo il ricordo mentre lui, Simone, cresceva e dimenticava. Non è Diego ad aver tradito. Sono loro i traditori. E lui si sente ferito e impotente, come quando ti fai male da solo e non sai a chi dare la colpa.
Crescere ci fa dimenticare, e ci fa diventare bugiardi.
Crescere spaventa in un modo che quando si cresce, ci si ride su, forse per non pensare più ai fantasmi, che tanto poi continuano a perseguitarci anche se non li guardiamo in volto.
Paolo Cognetti ci parla di bambini che crescono e diventano adulti, in un mondo che li vuole schiacciare, o che li schiaccia, inconsapevolmente e loro malgrado: cinque racconti violenti, brutalmente sinceri, su cosa significhi scontrarsi con la vita, nei piccoli e grandi dettagli che fanno sempre la differenza nell’intimo del nostro animo.
Storie fuori dal comune? Forse, o forse ci piacerebbe pensarlo, ma non è questo ciò che colpisce della raccolta: non importa se i ragazzi di cui si osservano le storie sono quanto di più lontano possa esserci da noi, da come siamo cresciuti e diventati adulti a nostra volta.
Siamo noi, siamo comunque noi, in ogni caso: anche se non siamo stati soli in quel modo, se non siamo stati malati in quel modo, se non siamo stati ribelli in quel modo. Tutti siamo stati soli, tutti siamo stati malati, tutti siamo stati ribelli, e Cognetti lo ricorda in modo delicato, partecipe e lieve. Scende davvero con leggerezza su argomenti pesanti e difficili, e persino una lettrice come me, che non ama leggere storie di questo genere, non ha potuto che fermarsi a respirare alla fine di ogni racconto, chiudendo il libro e pensando un po’ al dolore, ai momenti in cui si aspetta la fine e non si sa se arriverà.
Un altro meraviglioso aspetto di Cognetti mi ha riempito il cuore: molti dei suoi protagonisti sono ragazze, una femminilità descritta finemente e incredibilmente da vicino.
Anche lo sfondo storico è interessante: Cognetti scrive ricalcando pezzi di storia contemporanea d’Italia fondamentali, che sono ormai lontani per i giovani di oggi, che sentono però da vicino l’età e il modo di sentire dei personaggi, ma ri-avvicinano i giovani di ieri, che da adulti, rileggendo, forse tornano indietro nel tempo e ricostruiscono la loro adolescenza a partire dai ricordi di una storia comune.
La natura e la città si alternano: autostrade in costruzione e modernità borghese si contrappongono a una natura ancorata alle tradizioni degli uomini, al loro passato storico ma anche personale: i rifugi dei bambini, un luogo di pace per ritrovare sé stessi. Ma anche la paura della natura incontrollabile, che cala sulle vite di ognuno senza chiedere nulla, senza preannunciarsi, senza permettere di avere una fine.
“E poi?”, chiede Antonia.
“Poi niente”, dice Mina. “Non va bene?”
“Non c’è il finale”.
“Per me le cose succedono così. Ne succedono alcune e poi altre. Non è che a un certo punto finiscono”.
“La letteratura è diversa. È la vita che non ha senso, mi capisci? La gente scrive delle storie per dargliene uno.”
Paradossalmente il finale di ogni racconto lascia sospesi, vaghi e spaventati: un po’ forse a voler ricordare che la letteratura cerca un senso alla vita, ma anche l’incertezza a volte diventa una risposta, sofferta ma inevitabile.
Cognetti è vincitore del Premio Strega 2017. Prima di incominciare Le otto montagne, ho voluto tentare con i racconti, per sperimentare in breve la sua scrittura e ciò che poteva trasmettermi. L’ho amato, e uno dei suoi romanzi sicuramente finirà in libreria. Una cosa piccola che sta per esplodere rimane un ottimo modo per approcciarsi all’autore, non c’è neanche un racconto che non mi abbia conquistata del tutto.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.