Maddalena Sisto, l’artista delle Signorine affusolate
Giornalista, architetto, viaggiatrice, illustratrice, osservatrice appassionata del suo tempo: come dice il suo sito ufficiale, Maddalena “Mad” Sisto «ha raccontato con i suoi disegni trent’anni di moda, design e costume e un mondo femminile che cambiava restando lo stesso» (del resto, siamo la patria del Gattopardo).
Giunta in treno a Milano dalla natìa Alessandria (che le dedicherà una passeggiata in un percorso pedonale di grande fascino) appena 20enne per frequentare la facoltà di architettura nel 1971, trova lavoro a Vogue Italia rispondendo a un’inserzione. Inizia a sintetizzare il proprio stile a una sfilata di Yves Saint Laurent negli anni Settanta e fino alla prematura scomparsa per un tumore a soli 49 anni nel 2000, non smette più. Lungo gli anni si occupa di moda, costume, design e tendenze per Vogue e le sue “signorine affusolate” (ora snob e sexy, ora depresse e allegre, magari casalinghe poco tecnologiche e sempre a dieta fino a diventare una pianta, o anche segretarie superveloci e maniache dello shopping) appaiono su riviste eleganti come Glamour, Elle, The New Yorker e su quelle più popolari come Panorama e il Sette (quando si scriveva in parole ed era di giovedì) allegato al Corriere della Sera, per poi arrivare nelle maggiori gallerie d’arte del mondo. Disegna una collezione di teiere-scultura a forma di teste femminili, collabora con riviste tedesche, americane e spagnole, realizza campagne pubblicitarie in Germania (Scholz & Friends di Amburgo) e Italia (JWT, TBWA), firmando ceramiche e perfino uno sfondo per Windows 7.
«Dopo Bruna Moretti in arte Brunetta, è stata l’unica ad aver saputo sintetizzare le tante anime femminili», ha detto di lei l’amica Franca Sozzani, potentissima “signora della moda” italiana. Il suo tratto era elegante ma drammaticamente sbarazzino come il Vamba de Il Giornalino di Giamburrasca, tratteggiando per trent’anni in oltre 12 mila disegni sempre e solo donne: l’universo a lei più vicino, con la rara capacità di leggerne il cuore con delicatezza, interpretando sogni e bisogni con rispettosa ironia.
«Io non riesco a inserire delle battute per ridere di moda», ha scritto una volta, «mi piace invece disegnare personaggi che siano già intensamente espressivi in sé, da cogliere dopo un’attenta osservazione, un autentico interesse, un’occhiata stupita. E poi ridere che non è deridere, né additare né sghignazzare: io gioco, mi diverto facendomi mille autoritratti, perché sono sempre io quella che ritraggo oppure una che conosco molto bene».
Come ha scritto Lina Sotis (che sul Sette nel 1999-2000 la ebbe come illustratrice della sua rubrica “Controcanto”), «Nei suoi schizzi possiamo ritrovare tutti i tic della società contemporanea. Era un folletto, e che anche volando via ha trovato il modo di rimanere fra noi». E siamo sicuri che lo resterà a lungo.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.