Mu: The Lost Continent

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Mu: The Lost Continent

In questo mese dedicato al mondo sottomarino mi sono sorpreso a pensare ad uno dei “continenti sommersi” più famosi: Mu. Forse sarebbe stato più facile parlare di Atlantide, ma la naturale predilezione per i secondi della classe mi ha fatto decidere altrimenti.

Diversamente da Atlantide, di cui Platone ci parla già dal IV secolo A.C. nei suoi Dialoghi di Timeo, l’esistenza di un continente perduto chiamato Mu è molto più recente e in qualche modo perfino più sbagliato. Platone non aveva fornito prove, studi o documentazione alcuna. Una cosa che ha spinto i posteri a pensare ad Atlantide come ad un mito concepito dal filosofo greco per illustrare le proprie idee politiche.

Anche se, per dirla tutta, alcuni studiosi erano stati attratti dall’idea che il racconto di Platone fosse ispirato a tradizioni più antiche.
Il punto è che il “Metodo scientifico” è il sistema per mezzo della quale la scienza procede al fine di raggiungere una conoscenza affidabile, condivisibile e verificabile. La pseudoscienza invece pretende o vuole apparire scientifica senza essere in grado di mostrare i criteri tipici di scientificità.
In altre parole vorrebbe ma non può.

Questo ci porta al signor James Churchward, che di documenti relativi a Mu ne aveva prodotti anche troppi e proprio per questo finì con il risultare perfino meno credibile. Churchward, che di professione faceva lo scrittore, aveva in realtà ripreso il lavoro dell’abate Brasseur che a sua volta, nel 1864, credette di aver decifrato il Codice Troano, un antico manoscritto maya, usando il metodo inventato nel Cinquecento da Diego de Landa.
Un bel po’ di passaparola, non c’è che dire.

De Landa, ch’era stato un monaco, in principio riteneva che i testi maya fossero delle pericolose superstizioni piene di menzogne diaboliche. Così fece bruciare tutti gli scritti che gli capitarono a tiro, con tanti ringraziamenti da parte degli antropologi di tutto il mondo. Curiosamente, in un un secondo tempo, si interessò alla cultura maya e cercò di apprenderne la scrittura. Purtroppo essendo una lingua basata su logogrammi e non su un alfabeto fonetico, realizzò una tavola comparativa tra alfabeto latino e caratteri maya, del tutto sbagliata.

Tre secoli dopo Charles Étienne Brasseur entrò in possesso di una copia parziale del trattato scritto da De Landa e si lanciò subito nella traduzione di uno dei pochissimi codici maya superstite. Il Codice Troano per l’appunto. Il testo, come venne scoperto in seguito, parlava di astrologia, ma Brasseur, avendo una tavola comparativa fondamentalmente errata, ne ricavò le cronache di una terra sprofondata in seguito ad un cataclisma.

Il nome del continente è dovuto a due simboli che Brasseur non riconosceva e che tradusse usando quelli che gli erano sembrati più simili. Ottenne quindi la parola “mu”, che egli ritenne fosse il nome della misteriosa terra.
Torniamo infine a James Churchward che riprese, ampliò e rese popolare l’interpretazione di Brasseur. Churchward scrisse nel suo libro “Mu: The Lost Continent” di essersi imbattuto, durante i suoi viaggi in Oriente, in diversi racconti relativi ad un’antica civiltà scomparsa.

Secondo lui la storia di Mu era stata riportata su antiche tavolette di terracotta; le tavolette dei Naacal una confraternita di saggi provenienti proprio dal continente perduto. I suoi libri divennero famosi al punto che pubblicazioni di genere fanta-archeologiche divulgarono indicazioni che avvaloravano l’esistenza (secondo loro presenti nei documenti di diverse popolazioni) di informazioni su un fantomatico continente scomparso, la cui presenza non sarebbe tuttavia compatibile con la storia geologica del Pacifico secondo le attuali conoscenze scientifiche.

Non a caso questi testi militavano per lo più presso la comunità pseudoscientifica. Tanto varrebbe, allora, rivolgersi a Martin Mystère, che oltre ad essere uno dei massimi esperti sull’argomento, possiede un reperto funzionante proveniente dal continente perduto di Mu.

Alessandro Felisi – Niente Da Dire

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