Diablo II, togliere la polvere

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Diablo II, togliere la polvere

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Puoi essere un videogioco famoso quanto desideri, ma non sarai mai famoso quanto Diablo II. Un titolo che ha fatto la storia del medium videoludico, ispirando successivamente altri prodotti e trasportandosi un’eredità invidiabile. Personalmente, però, non lo avevo mai giocato prima d’ora: il gioco uscì nel 2000 e all’epoca, ora ferirò i sentimenti di qualcuno, avevo solo due anni. In quel periodo il mio unico pensiero era dormire, mangiare e dormire, non per forza in quest’ordine. Comunque, Diablo II è uscito ormai ventuno anni fa e io ho avuto modo di recuperarlo solo di recente, subito dopo l’annuncio della remastered (tecnicamente remake) alla BlizzConline di febbraio. Anche se, ad essere onesti intellettualmente, la notizia non era una novità. Un rifacimento del capolavoro dark fantasy era già trapelata negli anni scorsi, quindi era un po’ il segreto di Pulcinella.

Ad ogni modo Diablo II: Resurrected tra poco sarà realtà e volevo dare uno sguardo all’edizione originale del gioco per avere consapevolezza della situazione precedente, prima di lanciarmi ad analizzare anche il lavoro di ringiovanimento che stanno svolgendo Blizzard e Vicarious Visions: azienda acquisita da Activision nel 2005 e dalla Blizzard nel gennaio 2021.

Con un superbo jump cut acquisto il gioco, lo scarico e lo installo. All’avvio percepisco subito il valore storico dal design del launcher, quasi come trovare un vecchio tomo nella libreria del nonno con una copertina in cuoio piena di polvere. La schermata principale non mi permette di impostare le recenti risoluzioni, ma su quello non ci speravo. Entro in partita e comincio la mia prima avventura scegliendo il personaggio dell’amazzone. Dopo diverse ore di gioco sono piacevolmente sorpreso da Diablo II che, nonostante gli anni e alcune scelte di game design particolarmente antiquate come il gender lock (ne parlo più approfonditamente in questo articolo), è un titolo tranquillamente giocabile anche oggi e stratosferico. E’ facile percepire le motivazioni che lo hanno reso un capolavoro agli occhi dei videogiocatori di vent’anni fa.

Diablo 2

Talvolta è logico pensare che, ormai adagiati con canoni di game design evoluti e ampiamente derivati da quelli passati, si perda un po’ la percezione di ciò che in passato è stato pionieristico. Un’innovazione non è più tale quando diventa standard. Astrarsi dal contesto contemporaneo risulta quindi difficile, se non addirittura impossibile.
Difficile comprendere quanto fosse sensazionale nel 1995 inquadrare in alto e in basso, saltare e accovacciarsi in un FPS come Star Wars: Dark Forces. Ora tutti gli sparatutto concedono libertà di movimento a 360 gradi e su tutti gli assi, nonché una grande varietà di azioni. All’epoca era la rivoluzione per gli sparatutto in prima persona, ora si tratta di elementi di gioco standard necessari in un prodotto di questa natura.

Questa remastered del capolavoro hack ‘n’ slash di Blizzard è, quindi, un’occasione ghiotta, se realizzata bene, sia per i giocatori travolti dalla “nostalgia canaglia”, sia per coloro che non hanno ancora avuto modo di conoscere il prodotto e che vogliono approcciarsi a questa pietra miliare del medium. Certo le sensazioni non saranno le medesime, poiché rivedere solo la veste grafica e lasciare il resto al 2000 sarebbe una mossa sciocca e controproducente, soprattutto quando si ha la possibilità di applicare accortezze e di implementare qualità di vita per nulla banali.

Nei videogiochi una qualità di vita implica una serie di scelte di game design che permettono al giocatore di non perdersi in alcune macchinosità e avere un gameplay fluido. Ad esempio un’interfaccia utente più intuitiva oppure scorciatoie nelle meccaniche di gioco che migliorano il gameplay. Nel caso di Diablo II: Resurrected, una qualità di vita che, a detta degli sviluppatori, è stata implementata rispetto al versione originale è l’auto-loot per l’oro: la raccolta automatica delle monete lasciate cadere a terra dai mostri squartati. Questa feature potrà essere attivata o disattivata, ma risulta consigliabile e logico tenerla attiva per evitare di perdere tempo a cliccare compulsivamente sul terreno nel tentativo di raccogliere oro necessario per gli equipaggiamenti, perdendo fondamentalmente tempo.

Rimango quindi curioso del lavoro che Blizzard e Vicarious Visions stanno svolgendo e non vedo l’ora di assaporare l’esperienza di Diablo II completamente rimodernata. Certo non bisogna farsi travolgere dall’hype non soltanto perché è sbagliato farsi troppe aspettative e cascare nelle trappole del marketing, ma perché il lavoro svolto dalla software house di Irvine con Warcraft III: Reforged, la versione rimasterizzata del famoso RTS del 2002, è stato catastrofico su più livelli.

Hanno attirato la mia curiosità e ora hanno la mia attenzione, ma è vitale prendersi il tempo necessario visto che stanno praticamente restaurando un antico vaso che ha bisogno di essere portato in salvo e preservato. Diablo II: Resurrected uscirà per PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox Series S, Xbox Series X, Xbox One, Nintendo Switch e PC nel corso del 2021.

di Damiano D’Agostino

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