Cronache da Trine: il mago, la ladra e un armadio a muro
C’era una volta un pub, nascosto dalla frenesia della vita e dagli altissimi palazzi del centro. Era un pub accogliente illuminato da flebili neon rossi e con due proprietari particolarmente solari. Dalle porte del locale entra una faccia nota, un volto che i due avevano già visto. Daniele (di Arcadia Café) entra nel locale, quest’oggi il suo umore sembra più sereno, meno rattristato rispetto all’ultima visita. Non si siede al bancone, preferisce un tavolo appartato al cui centro è appoggiato un cristallo luminescente, quasi accecante. Guglielmo e Damians, curiosi per natura, notano che si è seduto al tavolo Trine e si avvicinano al volto noto.
Si siedono anche loro mentre l’ospite li osserva sorseggiando un succo di mirtillo. Daniele ha un sorriso stampato sul volto e non appena i due trovano posto avvicina la mano al cristallo luminescente, invitando i proprietari a fare lo stesso. “Questa volta niente più problemi di connessione,” esclama. Guglielmo rivolge uno sguardo al collega e avvicina la mano al cristallo, Damians si fa coraggio e segue l’esempio. Una forte energia pervade il locale e i tre giocatori, un forte rumore riecheggia nelle loro menti mentre vengono risucchiati dall’energia del cristallo.
Zoya, la ladra
L’impatto con il terreno è meno brusco del previsto. Sembra che qualcosa l’abbia attutito. Ma non ho il tempo per pensarci, sono troppo stordito. Cosa è successo? Mi guardo intorno. Una foresta. C’è qualcosa che non va, i colori sono decisamente troppo saturi… sarà un sogno… forse quel succo di mirtillo non era così analcolico come sembrava. Alzandomi cerco di scrollarmi un po’ di polvere di dosso, e noto delle strane sporgenze sul mio corpo. Una, sulle spalle, è un arco, le altre… Sono una donna!? Non capendo bene la situazione, mi esercito un po’ con l’arco e scopro di essere davvero portato: riesco a lanciare addirittura due frecce insieme con una precisione incredibile.
Mi diverto per un po’ nel conficcarne qualcuna (forse troppe) in un tronco lì vicino, quando inizio a sentire una stranissima sensazione nella testa. Mi risuona in testa la parola “tesoro”. Decido di assecondare i miei bislacchi pensieri, e noto che sulla destra è presente un’imponente struttura di pietra. Una fortezza? Entro e, dopo un paio di stanze non ben protette, inizio a vedere montagne d’oro, dobloni, zaffiri, diamanti… non ho mai visto così tante ricchezze in vita mia, e una strana emozione mi pervade. È come se un cristallo, ben visibile in quel mucchio, mi chiamasse a sé. Mi avvicino e faccio per prenderlo.
Amadeus, il mago
Apro gli occhi di scatto, sento l’odore della carta vecchia. Alzo la testa e sbatto le palpebre diverse volte. Mi sono addormentato sulla mia scrivania ancora una volta. Chiudo l’enorme tomo davanti a me e mi alzo. Ok, non ricordavo il gigantesco telescopio sul balcone. Mi liscio la barba confuso… aspetta, io non ho mai avuto una barba così lunga, e grigia per giunta. Con un gesto automatico recupero un cappello da mago che sembra calzarmi a pennello e mi sistemo la tunica. Manca un “oplà” e sarebbe perfetto, d’altronde mi sono sempre sentito vecchio dentro. Neanche il tempo di capire dove mi trovo che un rumore attira la mia attenzione, come di qualcuno che si sta muovendo silenziosamente nei corridoi del castello.
Esco dallo studio e seguo l’impercettibile serie di suoni. Va verso la stanza del tesoro. Raggiungo il portone e lo trovo chiuso, ovviamente. Dannazione, perderei troppo tempo a recuperare le chiavi. Però non so come sono sicuro che ci sia una leva segreta in un cornicione vicino al soffitto. Allora, vesti da mago, cappello a punta, barba lunga; dai saprò fare qualcosa di utile. Mi concentro per un attimo e le mani si illuminano di un bagliore azzurro, penso fortissimo che voglio raggiungere la leva e davanti a me si crea una grande scatola composta da ingranaggi magici. Beh, meglio di niente. Riesco a creare un paio di altre scatole per fare una scaletta e raggiungo la famosa leva. Mi allungo e la tiro, però perdo l’equilibrio e capitombolo dentro il portone giusto in tempo per vedere una giovane donna incappucciata che osserva interessata il cristallo magico. Mi sistemo imbarazzato il cappello: “E-ehi! Spero che tu non voglia rubarlo!”
Pontius, il guerriero
Ma che diavolo sta succedendo? I miei movimenti non sono così agevoli come prima, un clangore metallico mi distrae. Addosso ho un’armatura pesante particolarmente ingombrante e a pochi passi da me uno scudo e una spada poggiano sul terreno come se stessero aspettando me. Le raccolgo e mi rassetto. Quel cristallo ci ha trasportato in un castello medievale? Cammino incredulo in quei corridoi, non so esattamente cosa sto cercando ma qualcosa mi dice che devo proseguire. Improvvisamente un rumore di fiamme distoglie la mia attenzione, un marchingegno sta sputando palle di fuoco proprio nella mia direzione. Alzo prontamente lo scudo e defletto le fiamme contro il muro di pietre levigate. Mi faccio strada con lo scudo alzato cercando di non farmi colpire, diciamo che non è nelle mie intenzioni cuocere dentro questa gigantesca armatura. Supero la trappola, il sudore mi cola delicatamente sulla fronte e comprendo che questa è forse la prova iniziale, da lì in poi tutto peggiora.
Entro con passi pesanti e cadenzati dentro una gigantesca stanza, un ponte la attraversa fino ad arrivare a un cristallo simile a quello visto nel locale mio e di Guglielmo. Ci sono altre due persone già sul posto e ormai l’effetto sorpresa è andato a farsi benedire. Rinfodero la spada e appoggio lo scudo sulle spalle, togliendo l’elmo dalla testa e lasciando prendere aria ai capelli. Mi avvicino al cristallo e dinnanzi a me vi sono una ladra dallo sguardo molto simile al volto noto nel nostro bar e a pochi passi da lei un mago con un buffo cappello a punta e un viso molto simile a quello del mio collega Guglielmo. Ma che strana barba grigia, non lo ricordavo così. Ci scambiamo degli sguardi rapidi e tutti e tre comprendiamo quello che è successo. Quindi se siamo in questo mondo significa che non c’è nessuno a controllare il locale. Dobbiamo uscire in fretta da questo sogno.
Il boss
Comprendiamo quasi subito che il modo per entrare è molto probabilmente anche quello per uscire. Proviamo a toccare il cristallo magico. Niente. Tutti insieme, in ordine, a tempo di musica. Non funziona, restiamo nei corpi di tre eroi fiabeschi. Dopo aver fermato Daniele che, forse fin troppo immedesimato, iniziava a rubacchiare dal tesoro, abbiamo concluso che la situazione si poteva risolvere in un solo modo, affrontando una quest epica. Potevamo capirlo molto prima dalle luci magiche, ambientazioni arcane e musiche melodiose, ma tant’è. Dunque come tutti i giochi rispettabili, la strada giusta è dove ci sono i nemici, perciò usciamo dal castello e ci addentriamo nella foresta incantata che lo circonda. Impariamo rapidamente le abilità di ogni personaggio, oltre che i loro nomi: la ladra Zoya scocca frecce micidiali e si appende un po’ ovunque con il suo rampino; il mago Amadeus (non ridete) crea casse e piastre per permettere ai compagni di raggiungere luoghi complicati; il guerriero Pontius mena fendenti e utilizza il suo scudo magico per lanciare oggetti.
Dopo poco tempo creiamo una sinergia ottima e riusciamo a farci strada nelle lande più affascinanti. Giungiamo infine in una cripta misteriosa, protetta da scheletri e trappole magiche; superiamo tutte le insidie possibili e arriviamo in un grande salone, palesemente un’arena. Dalle ombre spunta un enorme scheletro con uno spadone a due mani, in basso appare una barra della vita. Ricordiamo tutti “Il Manuale Enciclopedico del Gamer”, tali caratteristiche possono significare una sola cosa, siamo giunti al boss. Ci guardiamo con intesa, stringiamo le nostre armi e concentriamo i nostri poteri. È il momento di tornare nel nostro locale.
Ringraziamo Daniele di Arcadia Café per la gentile collaborazione e vi invitiamo ad ascoltare il loro podcast e a seguirli sui social. Per quanto riguarda noi (Damians e Guglielmo) potete seguirci su Twitch con Co-Op Cocktail ogni terza domenica del mese. Pronti per un altro giro?
di Guglielmo Sudati e Damiano D’Agostino
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