Sei una rosa o una pianta infestante?

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Sei una rosa o una pianta infestante?


Questo periodo dell’anno è sempre stato molto confuso e incerto per me. Da una parte siamo sommersi di feste come carnevale o per chi vuole, il capodanno cinese, o ancora, per i più incauti, San Valentino… dall’altra fa freddo da troppo tempo, non è più l’inizio dell’anno dove siamo carichi di buoni propositi e speranze, anzi, i primi fallimenti o abbandoni di buoni propositi iniziano già a sopraggiungere. Dunque cos’è questo periodo?
Un anno fa era il periodo delle supposizioni.

Supposizioni allegre e benpensanti di un mondo che si sarebbe stretto di fronte all’incredibile sciagura che stava per abbattersi su tutti noi senza avere la minima idea di cosa si stesse parlando.
E adesso, un anno dopo, sembra quasi ridicolo guardarsi indietro e dire “Ehi, ci avevamo davvero sperato?” a fronte di quante incomprensibili nefandezze si son susseguite in tutto il mondo. Non mi riferisco solo al virus, ma a tutte le cose inevitabilmente a esso correlate, dalla politica interna ed estera all’atteggiamento menefreghista o negazionista del singolo. Proprio come prima, leggo di continuo post razzisti o sessisti o incuranti semplicemente, del prossimo.

No, non siamo cambiati.

Non basta neanche una pandemia a cambiare la tendenza malevola ed egoista di pensare ottusamente al proprio giardino, convinti che non coltivarlo e lasciarlo abbandonato a se stesso, pieno di piante infestanti, sia l’unica via. Senza pensare che le nostre piante infestanti, portano danni anche ai vicini e non solo a noi stessi. E ci convinciamo, lentamente, di quanto in fondo sia bello avere solo gramigne sotto gli occhi, invece di impegnarci a coltivare meravigliose rose. Dopotutto costano un sacco di fatica e tante volte pungono pure.

Perché uno dovrebbe coltivare quindi una rosa invece di lasciarsi infestare dalle malerbe, che non hanno bisogno di cure e fan tutto da sole? Perché dovrei informarmi, leggere, capire, conoscere, meditare, conoscermi, cercare di diventare una persona migliore… quando comunque ho già tutti i miei problemi e non ho tempo di mettermi lì anche a fare queste cose da hippy new age perditempo?

Ma Fury, che è tutto ‘sto disfattismo? Direte voi.

Ebbene, è ora di dire basta.
Lo diciamo tante volte che da oggi si cambia.
Ma il punto è che non c’è un buon proposito, non c’è un momento, ogni giorno è il momento.
In questi giorni cade il Capodanno Cinese, che se vogliamo, possiamo usare come un nuovo “nuovo inizio” per ripristinare i nostri propositi.
Ma non per dire “da oggi faccio così” e poi me ne dimentico.
La cosa che dobbiamo ricordare è che ogni giorno è impegno.
Ogni giorno è fatica, se vogliamo vederla così, negativamente, se vogliamo le nostre rose.

Pensiamo a quanta fatica facciamo ogni giorno per andare a lavorare, per sopportare capi che ci tuonano addosso i loro malumori, per interfacciarci con persone tossiche che ci succhiano via ogni energia con la loro negatività, per portare a casa quella pagnotta che ci permette poi di fuggire da quegli stessi posti che ci prosciugano e detestiamo.

Siamo obbligati a fare fatica e soffrire per lavorare e vivere, così ci hanno insegnato.

Quindi non vado a cercarmela per tutto il resto, dico, giustamente, non voglio mettermi lì anche a far fatica per migliorare me stesso, faccio già abbastanza fatica tutto il resto del tempo.
Ma pensiamo un attimo a cos’è la vita.
La MIA vita.
La mia vita è il momento in cui inizio e finisco di lavorare, o di avere a che fare con le altre persone, o studiare, o tutto quel che FACCIO, oppure la mia vita sono semplicemente IO, che mi interfaccio con tutte le suddette cose?

Perché devo fare PRIMA fatica per il resto e poi non avere la forza di pensare a me? Perché non posso fare altro?
Perché non ho scelta se non lavorare giorno e notte senza fermarmi e senza poter coltivare neanche una po’ la meravigliosa rosa che sono, lasciandomi infestare completamente dalle malerbe?

Io non credo proprio.

Io credo che dobbiamo pensare a noi, partire da noi, perché è quello che ci permette poi di lavorare, studiare, vivere meglio insieme alle altre persone. E attenzione, non possiamo pensare che per un giorno che ci siamo comportati bene, per un giorno che abbiamo aiutato una vecchina ad attraversare la strada, allora siamo a posto e possiamo avere il nostro premio. Le rose non crescono in un giorno, e nemmeno sbocciano sempre.

Ma anche se pianto, coltivo, curo, mi pungo, e poi non vedo niente per uno dieci vent’anni, non devo smettere di farlo. Perché solo il fatto di aver iniziato a piantare il seme della conoscenza, coltivare me stesso, curarmi degli altri, pungermi con l’incomprensione, sentirmi deluso dall’assenza di risultati… tutto questo percorso SO che mi sta portando verso una direzione che prima o poi sboccerà.

E quando sboccerò, sarò una rosa meravigliosa.

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