Il fascino del Ruolo
L’aspetto più importante del gioco di ruolo, sia esso in scatola, in un videogioco o giocato sul tavolo di casa con manuali, dadi e schede da compilare, è una e una soltanto a mio parere: quello della scelta.
Saremo un guerriero o un guaritore? Uno spadaccino o un cacciatore? Un popolano o un nobile?
O ancora più in generale: saremo il protagonista o l’antagonista? Personaggio primario o secondario? Buono o cattivo?
Questa scelta a teatro o nella recitazione in generale è un momento molto importante e significativo nella carriera di un attore/attrice; ed è una scelta che compie ad ogni casting e al ricevimento di ogni nuovo copione. La scelta del “ruolo” può cambiare le sorti della nostra evoluzione artistica e recitativa, spingerci a superare i nostri limiti oppure limitarci a interpretare il ruolo così com’è scritto, senza evoluzioni di sorta, giusto per portare a casa la pagnotta. Ma per un attore, cos’è davvero determinante nella scelta del ruolo? Perché sullo schermo vediamo così spesso John Malkovitch interpretare il ruolo del cattivo, mentre Arnold Schwarznegger imbraccia un mega mitragliatore pronto a distruggere i piani dello sfortunato antagonista di turno, magari con qualche bella esplosione? A volte, la risposta è semplice: scelte di regia, tecniche recitative “limitate” a ruoli preimpostati a causa di una vera e propria mancanza di talento che porterebbe a recitare ruoli diversi e più variegati oppure ( cosa alquanto fastidiosa per un attore/attrice che cerca di emergere o migliorare) le “etichette” che le major, le grandi produzioni oppure il pubblico stesso ti appicca addosso, rendendo difficile la scelta di nuovi ruoli e condannandoti per sempre ad interpretare sempre il solito personaggio.
Ma c’è un’altra motivazione molto potente che determina la scelta di un ruolo, indipendentemente che sia buono o cattivo, protagonista o personaggio secondario: il fascino che esso esercita sull’attore.
Da piccolo, giocavo spesso con i miei amici e mio fratello maggiore ai Cavalieri Dello Zodiaco, il cartone che a quell’epoca era più in voga e ci teneva incollati su Italia 7 gold a guardare e riguardare la saga delle 12 case. ( visto che le facevano ripartire all’infinito.) Ogni volta che giocavamo, era una vera lotta su chi doveva fare chi: tutti volevano essere Phoenix, TUTTI. E nessuno voleva fare Andromeda, la “femminuccia” dei cavalieri. E visto che ci volevano ore ed ore per accontentare tutti, si finiva sempre per sorteggiare chi dovesse interpretare il Cavaliere della Fenice…mentre la scelta di chi dovesse fare Andromeda era presto detta: lo farà il più piccolo del gruppo, così da togliersi il dente e potersi imporre sul membro più giovane e debole. E, all’epoca, il membro più piccolo ero io. Così, per innumerevoli pomeriggi fatti di finti combattimenti e frasi epiche, io ho interpretato un personaggio per nulla amato dai bambini e costantemente bistrattato da tutti…e ne ero profondamente felice.
Sì, perché in realtà io amavo fare Andromeda. Era il mio personaggio preferito della saga e quello dal background più profondo e articolato, a mio parere. Adoravo la sua storia, i suoi poteri e la sua scintillante armatura, ma ovviamente non potevo dirlo, altrimenti sarei stato costantemente preso in giro e additato malamente dai miei compagni di giochi, così finsi bellamente di essere contrariato all’idea di interpretarne il ruolo, conscio che avrei comunque ottenuto la parte senza alcun rischio e poterlo giocare quanto volessi.
Questo amore per il Cavaliere dell’omonima costellazione era dovuta al fascino che esercitava su di me, esattamente come quello che suo fratello Phoenix esercitava su mio fratello e i nostri amici. Fascino molto più nascosto e difficile da vedere per una grande maggioranza, ma non per il sottoscritto, che ne vedeva ogni singolo aspetto e gli permetteva di scavare più in profondità nel suo animo.
Perché interpretare un ruolo significa proprio questo: scoprire lati di noi che non conoscevamo, compiere gesta che nella vita reale non possiamo realizzare, essere ciò che non siamo di natura e poter vedere cosa si prova “dall’altra parte”. Ciò vale anche in ruoli secondari, personaggi detestabili e ruoli all’apparenza blandi, ma che in alcuni di noi generano un fascino indescrivibile e una voglia smodata di impersonare i loro panni.
Sul palcoscenico, molte persone bramano di essere Iago piuttosto che Otello, o magari possiedono un amore viscerale per Cassio; Alcuni preferiscono essere un leale Pilade piuttosto che un vendicativo Oreste; Poter assumere i panni della mortale Medea potrebbe essere più stimolante e affascinante per un’attrice piuttosto che diventare un’anonima Nutrice, o magari è il contrario e molte attrici trovano la loro vocazione a interpretare quel ruolo così saggio e retto.
Perché il fascino non è composto soltanto da quello che un personaggio mostra, ma anche da quello che nasconde; quello che permette ai cuori di coloro che recitano e anche quelli che giocano semplicemente, di tirar fuori il lato migliore di loro; esplorare i luoghi oscuri dell’animo umano senza ferire davvero qualcuno, consci che è solo una finzione che diventa realtà solo nello spazio dell’immaginazione; poter diventare un eroe, un nemico o più semplicemente una spalla…che per qualcun altro potrebbe diventare il vero protagonista della storia, conquistando il suo cuore.
In fondo, poco importa se ci piace interpretare Phoenix o Andromeda. L’importante è sapere cosa ci fa sentire unici.
Attore Novizio al vostro servizio!
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