Buoni propositi

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Buoni propositi

Funziona così, no? Con l’inizio dell’anno nuovo si fanno i cosiddetti “buoni propositi”. Non sono mai stato il tipo, ma il tema di questo mese, qui su Niente Da Dire, mi spinge a fare una piccola eccezione alla regola.

Ecco, caro 2021, se nei prossimi mesi ci farai la cortesia di risparmiarci calamità naturali / leader mondiali psicopatici / guerre / cataclismi vari ed eventuali, il mio buon proposito per i dodici mesi durante i quali ci terrai compagnia è il seguente: giocare di più.

Sono sempre stato uno che gioca. Gioco continuamente, gioco nel mio lavoro, gioco con le mie passioni, gioco con le persone che amo, gioco con mia figlia… ma da tanti, troppi anni, non gioco più di ruolo. Eccezion fatta per una breve, divertentissima parentesi online offerta dal sempre abilissimo master Angel Longrain, nella quale tornavo a vestire la divisa da Ghostbuster del personaggio che ho interpretato in “REAL! – A Ghostbusters Tale”, e per un evento al Salone del Libro di Torino con il grandioso Nicola De Gobbis, manco dai giochi di ruolo da più di vent’anni.

Ricordo con affetto l’ultima campagna giocata. Dungeons & Dragons. Il mio amico Ruggero interpretava un guerriero di nome Randall. Dopo una missione particolarmente ardua, fummo tutti nominati cavalieri, e il mio amico divenne così Ser Randall. Finendo per essere chiamato “Serranda” per tutto il resto della campagna.

Il solito, maledetto problema è il tempo. Avete mai la sensazione che una giornata dovrebbe avere almeno settantadue ore, perché si possano fare tutte le cose che si vorrebbe /dovrebbe fare?

Quando mi trasferii a Roma, ero alle prese con la mia formazione (quella giuridica che è andata come è andata e quella artistica / professionale che non è ancora finita); poi ho iniziato a lavorare, a frequentare persone che oggi sono tra i miei amici più cari, a imbarcarmi in progetti impegnativi come il già citato “REAL!”, e poi i romanzi del ciclo “Mondo in Fiamme”… insomma, le ore hanno finito per consumarsi impietosamente davanti ai miei occhi. E dire che nel corso degli anni, con alcuni amici e colleghi, si è anche tentato di imbastire delle campagne di gdr.

Dovete sapere che nel doppiaggio si annidano alcuni nerd maledettamente creativi, dei veri e propri pozzi di conoscenza. E sì, proprio tra le voci più conosciute e amate del cinema e della TV. Uno di questi miei amici e colleghi sta sviluppando un intero sistema di gioco, un’intera ambientazione, roba di una complessità e di un fascino che mi fa venire voglia di giocare ogni volta che mi racconta i progressi del suo mirabolante lavoro di costruzione. Abbiamo provato a organizzarci per giocare qualche sessione. Immaginate Superman, Jim Hopper, Jon Snow, Robb Stark e Loki che tirano dadi attorno a un tavolo. Ma ahimè, il maledetto tempo non ci ha permesso di concretizzare questi piani malvagi.

Ci si dovrebbe sempre poter concedere il tempo di giocare. Giocare nel modo più puro. “Facciamo che io ero Batman e tu Wonder Woman”.

Era così, all’epoca in cui le cose erano facili. Perché non può esserlo di nuovo? Quelli erano gli anni nei quali si è formata la nostra personalità, la nostra creatività, la nostra sensibilità. E se solo riuscissimo a sospendere quel maledetto giudizio che guida ogni istante delle nostre giornate, non sarebbe poi così difficile tornare a quell’epoca meravigliosa. Anche solo per una manciata d’ore.

Ho sempre ritenuto che il gioco di ruolo sia uno splendido esercizio attoriale, ma non solo. In quel momento sei co-autore (entro certi limiti) della tua storia, e questo lo rende l’attività perfetta per chi, come me, fa l’attore e lo scrittore. È anche l’attività perfetta per chi (sempre come me) soffre abbastanza il grigiore del cosiddetto “mondo reale” e ha costantemente bisogno di qualche colore in più sulla tavolozza.

Ed ecco che, calato nel contesto contemporaneo, “adulto”, per così dire, il Gdr assume una valenza non solo di arricchimento professionale, ma anche terapeutica. Certo, il distanziamento sociale, finché questo maledetto virus non sarà debellato, ci imporrà nuove modalità di gioco, ma fortunatamente le piattaforme in grado di supportare attività del genere non mancano. E allora perché non farlo? Perché non riprovarci?

Tra un flusso protonico e un pannolino, un tiro di dado ci sta indiscutibilmente bene.

Edoardo Stoppacciaro

 

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