Valeria Corona: siamo allo stremo.

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Valeria Corona: siamo allo stremo.

Un infermiere, impegnato a fare il suo lavoro da almeno la metà dei suoi anni, è risultato positivo al sars-cov2 e ha deciso di togliersi la vita. Un’infermiera impegnata a lavorare nei reparti covid, non ha retto lo stress e si è impiccata. Potrei andare avanti e nominarne altri venti o trenta di casi simili e comunque non avrei finito di elencarli. Perché la professione infermieristica è anche questo. È uno stress fisico e psicologico costante, anche quando esci dal reparto. Anche quando sei al sicuro, a casa tua e circondato dalle persone che ami, una parte di te è ancora dentro una tuta a sudare, con la visiera appannata per tenere in vita un paziente. Le cose che vedi a lavoro te le porti dentro, come se fossero delle macchie, delle cicatrici inguaribili. Tutti i professionisti sanitari e non sanno che le malattie non si manifestano sempre e solo con una sintomatologia fisica. E se l’Italia, le aziende, gli ospedali TUTTI prendessero in seria considerazione le malattie mentali, seguirebbero molto più da vicino me e i miei colleghi in questo momento storico.

Non dico che sia così ovunque, so che ci sono ospedali attrezzati che promuovono la salute psicofisica dei propri dipendenti attraverso psicologi del lavoro gratuiti, anche qui sul suolo italiano. Ma non è la norma.
E l’Italia non è pronta a fronteggiare i nostri burnout. Sapete cosa significa burnout? Do per scontato che lo sappiate, ma lo spiego anche per chi non fosse avvezzo a certi termini: è una vera e propria sindrome nata in concomitanza ai lavori di “aiuto“, (ma in generale estesa a tutti gli ambienti lavorativi che sottopongono a forti pressioni e stress esagerati) per spiegare una sintomatologia molto specifica che viene spesso riscontrata nei professionisti sanitari (quasi tutti ma perlopiù in quelli che lavorano per tanto tempo in reparti “critici”, “difficili” come le terapie intensive, i pronto soccorso, le oncoematologie, le oncologie, gli hospice e le pediatrie).

La sintomatologia di questa sindrome prevede: mancanza di empatia, rabbia, sensazione di impotenza, frustrazione, cinismo, senso di colpa, stanchezza e spossatezza, cefalee, insonnia, problemi gastrointestinali di vari genere, sudorazioni, tremori, attacchi di panico, frequenti pianti (e molto altro ma non vi annoio ulteriormente).
Molti di questi sintomi sono aspecifici ed è difficile inquadrarli nel giusto contesto e vengono, pertanto, sottovalutati. Perché si sa, se hai una malattia “visibile” sei compreso e accudito, ma se hai qualcosa di impercettibile a livello sensoriale allora sei solo un vigliacco, un debole.
“È solo stress, non farne un dramma”.

E gli infermieri, per pura ironia, sono proprio quei professionisti sempre presenti, quelli che stringono le mani ai vostri nonni ospedalizzati mentre siete in videochiamata con loro, quelli che abbracciano il vostro bimbo appena nato di sei mesi quando è troppo fragile perché possiate farlo voi, quelli che vengono presi a pugni in pronto soccorso perché un parente vuole accedere di prepotenza nell’area dov’è ricoverata la figlia per un incidente stradale, impedendo a tutti di concentrarsi sulla figlia. Noi ci siamo sempre, per voi. E ci saremo, anche quando direte cose stupide, a prescindere dal genere, dalla etnia e dal credo religioso, ci saremo anche quando sarete ignoranti, razzisti, omofobi, maschilisti, beceri, cattivi e prepotenti. Noi ci saremo, perché siamo professionisti. Perché è il nostro lavoro. Ma aiutateci, vi prego. Aiutateci ad alleggerirne il carico, siamo allo stremo.

A questo link trovate il mio diario, la raccolta del mio lavoro durante la quarantena. Vi aspetto.

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