Mimeografo vagabondo – Noi e i libri illustrati
In questo periodo di incertezza e chiusure, sostenere piccole librerie indipendenti è più che essenziale, durante questi mesi sono nate diverse iniziative sia in maniera autonoma che in modalità collettiva, come ad esempio la piattaforma Bookdealer, e-commerce che raccogliere un gran numero di librerie indipendenti italiane e si propone come alternativa agli inflazionati store online. Le librerie di quartiere si costituiscono come importanti presidi culturali, ognuna con una sua caratteristica ben precisa, per questo oggi il Mimeografo vagabondo si ferma a intervistare Alice, fondatrice di una giovanissima realtà milanese che è Noi- Libreria spazio culturale di vicinato, specializzata in libri illustrati per tutte le età.
Partiamo subito: Quando è nata l’idea di aprire una libreria e come siete riusciti a realizzarla?
Inizio con una premessa: io sono una persona abbastanza impulsiva, non ragiono troppo sulle cose, quando entro in una libreria mi sento felice, appagata e ci rimarrei per ore. Quando viaggio cerco sempre di visitare nuove librerie, perché sono luoghi che mi fanno stare bene. Abito a NoLo (quartiere in zona nord di Milano ndr) e mi sembrava mancasse una libreria come la intendo io, in realtà mancavano proprio librerie.
Io sono una giornalista, lavoravo nella redazione della rivista di architettura Abitare ma avevo voglia di mettere in piedi qualcosa di mio. Insieme al mio compagno abbiamo pubblicato un libro illustrato, e da lì è iniziata la passione per l’illustrazione, che ho cercato di inserire all’interno del mio lavoro di giornalista con una rubrica dedicata.
Successivamente, quando l’idea di aprire una libreria iniziava a farsi spazio, mi sembrava interessante potesse essere focalizzata sull’illustrazione, perché è un linguaggio trasversale che non chiude in un unico mondo, ma ne apre infiniti. Un altro aspetto importante dell’albo illustrato è la fisicità, difficile poter sostituire un libro il cui aspetto cartaceo è così importante con un e-reader, per cui anche a livello imprenditoriale mi sembrava una scelta saggia rispetto ad aprire una libreria generalista.
Vivo in questa strada (via delle Leghe, ndr) e mi ero accorta di questo spazio abbandonato, in maniera rocambolesca sono riuscita a risalire al proprietario, una signora ultracentenaria residente in un ospizio e dopo aver convinto i tutori legali di concederci lo spazio in affitto l’avventura è iniziata. Il giardino era completamente pieno di macerie e erbacce, abbandonato all’incuria da anni, grazie a un gruppo di amici siamo riusciti a sistemarlo.
Le persone che sono salite a bordo di questa impresa, oltre a me e mio marito, sono stati un amico e una ex collega che gestisce un blog di libri, On printed paper, e vive a Istanbul. Anche se entrambi hanno lavori a tempo pieno o vivono altrove, contribuiscono nell’aspetto finanziario e con la loro forza lavoro quando possono.
Come è stato scelto il nome della libreria?
NOI è un concetto non finito, la libreria è partita da noi quattro, ora è una comunità che continua a crescere, le persone che la frequentano si sentono libere da dare il loro contributo anche a livello di contenuti. Il noi è un modo per essere il più possibile inclusivi, penso che una libreria debba essere un presidio culturale, infatti il nostro sottotitolo è Spazio culturale di vicinato.
Partendo dal concetto di vicinato come rete territoriale di quartiere, si allarga alla città e per arrivare in astratto anche a un vicinato di intenti. Ad esempio mi sento molto vicina a un luogo come Farm cultural park a Favara, in provincia di Agrigento, con cui abbiamo stretto un forte legame, ci utilizza come fornitore, è il posto più lontano da noi in Italia, ma fa parte del nostro vicinato.
Come è stata accolta l’apertura della libreria nel quartiere?
È stato un lavoro lungo, non siamo situati in una via di passaggio, per cui bisogna conquistarsi la fiducia delle persone anche con la costanza delle iniziative, delle azioni e dell’offerta. Abbiamo aperto l’8 aprile 2019 e la nostra offerta è cresciuta sempre più, basandoci anche sul pubblico che ha iniziato a frequentarci. Prima di aprire non ne avevo idea, ma a oggi una fetta importante del nostro pubblico è LGBTQ+, molte sono donne, femministe, di conseguenza abbiamo creato una sezione apposita, che ne ha ancora di strada da fare per definirsi completa, ma è stata una scelta dettata dalla richiesta del nostro pubblico.
La vostra offerta principale si basa su albi illustrati che vanno dall’infanzia all’età adulta, ma entrando in libreria si nota una certa varietà, è stata una vostra scelta quella di ampliare i generi o avete seguito la richiesta del pubblico?
Questa apertura è dovuta sicuramente sia ai nostri interessi personali, sia a dei trend che vanno al di là del nostro pubblico. Per esempio una parte della libreria è dedicata al Giappone, una scelta non dettata dal pubblico, ma dal fatto che abbiamo osservato che c’è una determinata attenzione all’estetica, una delicatezza unica nel trattare le immagini per cui ci piaceva avere questo tipo di proposta. Non è facilissimo far arrivare titoli da case editrici giapponesi qui in Italia, da un lato c’è un consistente lavoro di dogana che rende tutto più difficile, quando riusciamo per vie traverse a fare arrivare qui i libri ci sembra comunque non sforzo che valga la pena, un assaggio interessante del raffinato lavoro cartotecnico che si può trovare in Giappone.
Oltre a graphic novel, silent book e albi illustrati, altre tematiche a noi care sono la natura e l’ambiente, in generale l’attenzione al mondo delle piante e dei cambiamenti climatici. Un argomento che ho a cuore è quello delle migrazioni, la multietnicità e multiculturalità.
Nei mesi scorsi era presente un angolo chiamato “Matrioska”, che vedeva ogni mese un approfondimento diverso, come è nato?
Per noi era importante allacciare i rapporti sia con le singole persone che con gruppi e studi grafici che stimiamo per i lavori che fanno e che possono portare all’interno della libreria contenuti specifici. Non siamo tuttologi, per cui per ogni selezione ci affidiamo a chi ne sa, questa iniziativa è nata dalla consapevolezza dell’importanza di fare rete. Sono io che cerco di volta in volta le persone a cui affidare la selezione di titoli per questo angolo, anche se al momento è un’iniziativa che non facciamo da un po’, ci torneremo. Ho un sacco di idee che frullano in testa.
Qual è la difficolta maggiore dell’aprire e gestire una libreria?
Ce ne sono troppe. Io sono completamente naif e non padroneggio per niente gli aspetti economici, quindi è impegnativo riuscire a capire che non ho risorse infinite e non posso spendere e spandere, perché alla fine bisogna far tornare i conti. Un aspetto della gestione che dobbiamo migliorare è quello che riguarda i resi, non bisogna far stare i libri troppo tempo in libreria, ma cercare di avere un cambio continuo, ma al momento non abbiamo la forza per fare tutto questo. Con le poche risorse che abbiamo dobbiamo gestire anche la comunicazione e i social, oltre al cambio vetrina, insomma, un accumulo di to do list che solo in parte riesci a spuntare. Servirebbe una persona full time in più, per ora siamo solo io e Silvia.
Quali sono i periodi dell’anno più impegnativi per la libreria?
Non posso darti dati certi perché siamo troppo giovani ancora, generalmente gennaio, febbraio e marzo sono mesi difficili, un po’ di ripresa verso aprile e maggio fino ad arrivare a giugno e luglio con delle buone vendite. Questo settembre è andato molto bene per noi, non so se per un clima più disteso post prima ondata Covid o grazie a una serie di congiunture astrali. È difficile capire bene perché abbiamo fatto un solo Natale e su un anno e mezzo di apertura, più della metà è stato nel periodo Covid.
Rimanendo in tema, come ha influito la pandemia sulle vostre attività?
Ho dovuto eliminare a malincuore la parte di coworking, invece a livello di flussi di pubblico, in realtà a maggio c’è stato probabilmente un revenge shopping, per cui ho sentito molto la vicinanza da parte di tutti. Anche durante il lockdown abbiamo avuto molto supporto, forse grazie alle iniziative che abbiamo promosso, come pane più libro e pianta più libro, collaborando con altri negozianti del quartiere. Mi sono fatta in quattro per cercare delle soluzioni alternative e facendo delle stime abbiamo avuto un calo del 20-30% del fatturato, tenendo conto anche che la libreria è stata chiusa completamente per due mesi.
Tra la selezione di titoli che avete, qual è quello più sottovalutato e quello più amato?
Me ne stanno venendo in mente tanti, va tutto un po’ a momenti, in base a quanto siamo innamorate di un libro e cerchiamo di spingerlo di più. Uno dei più richiesti al momento è Scheletri di Zerocalcare, ma da poche soddisfazioni a noi come libraie, perché una persona entra e sa già cosa vuole.
Un libro che abbiamo venduto bene perché lo abbiamo raccontato ai nostri lettori è Ultrauomini di Crtl Magazine, una rivista che sta curando questa trilogia di cui sono usciti i primi due volumi e il terzo è in programma per l’anno prossimo, è una serie di racconti con dei reportage fotografici.
Al momento un titolo che mi piace molto ma non riesco tanto a vendere è Nello spazio di uno sguardo di Tom Haugmatt (vincitore del Premio Andersen 2020, ndr), un silent book che narra la storia di un uomo dalla nascita alla vita adulta con una doppia narrazione, la visuale del momento in cui accade la cosa e cosa vede lui in quel momento, una serie di scorci della vita di quest’uomo.
Un consiglio libresco del momento e qualcosa per Natale invece?
Parto con un consiglio di cartoleria, devono ancora arrivarmi, sono quadernini in serie creati da Laboratorio 16, uno studio in Porta Venezia qui a Milano, fanno le grafiche e stampano loro con materiali analogici, i loro prodotti sono molto curati.
Mi piace tantissimo Paesaggi perduti della Terra, di Ippocampo edizioni, la storia dell’evoluzione del pianeta Terra, ha delle splendide illustrazioni che mi hanno rapita. Un altro titolo che consiglio è Io ti domando, di Giusi Querenghi con i disegni di Guido Scarabottolo, edito Topipittori, un’analisi sulle storie dell’Antico Testamento che hanno fondato il nostro immaginario e la nostra cultura.
Articolo e intervista di Giulia Panzeri
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