C’era una volta il LICINIUM
“I teatri chiudono tutti i giorni perché la gente tutto sommato non li vuole…”
Non proprio la più incoraggiante delle frasi per iniziare un articolo.
Purtroppo, qualche volta nonostante gli sforzi, le storie non hanno un lieto fine.
Joe Harper è uno squattrinato attore inglese che si è messo in testa di compiere un’impresa a dir poco epica: rappresentare l’Amleto alla vigilia di Natale nella chiesa del paese dove è cresciuto, per raccogliere i fondi necessari a impedirne la chiusura. Ad un certo punto, all’ennesima difficolta, capisce di aver fatto un grosso errore e in preda alla frustrazione si sfoga con il resto degli attori chiedendosi cosa li abbia spinti ad accettare un’idea così folle e disastrosa. In un mondo in cui non c’è futuro per il teatro, la cultura o per chi lotta cercando di tenere insieme una comunità, che cosa dà senso alla vita?
Alcuni avranno capito che stiamo parlando del film In the Bleak Midwinter, uno dei lavori di Brannagh che più amo in assoluto. Tuttavia oggi non parleremo di questa pellicola, ma del concetto cinico e drammaticamente realistico espresso in quella breve frase.
I teatri chiudono e questo succede perché la gente non li vuole.
Questo accadeva ben prima della pandemia, la quale ha solo evidenziato un problema che nel nostro paese è sempre più marcato.
Spostiamoci adesso da un’altra parte in un paese che non è proprio la cittadina di Hope, in cui il film è ambientato, ma che negli anni passati aveva varato l’audace progetto di “Città di Shakespeare”. Stiamo parlando di Erba e del suo teatro all’aperto: Il Licinium.
Questa struttura, unica nel suo genere, nacque nel 1928 su iniziativa dei fratelli Alberto e Federico Airoldi. Divenne terzo, per importanza, tra i teatri all’aperto del Nord Italia (dopo l’Arena di Verona e il Teatro Vittoriale di Salò), dal 2010 al 2014 il Teatro Licinium fu l’unico teatro shakespeariano sotto le stelle in Italia.
Le rappresentazioni si svolgevano a luglio con un cast sempre diverso composto di anno in anno dal Direttore Artistico, in base alle esigenze specifiche di ogni spettacolo. I ruoli da protagonista venivano affidati ad attori professionisti, alcuni dei quali sono state presenze abituali sul palcoscenico del Licinium, mentre i personaggi secondari e le comparse erano interpretate da attori amatoriali. Una location quale non ve ne sono di eguali, in cima a una collina, dove il pubblico era circondato dagli alberi, da spazi scenici che si perdevano nel buio e distanze infinite.
Fin dal 2002, quando le circostanze e i mezzi a mia disposizione lo rendevano possibile, portavo la classe di teatro ad assistere allo spettacolo della stagione. Ogni volta accadeva sempre la stessa cosa. Ogni singola volta, lo giuro.
Proprio come per Joe Harper, Shakespeare, ma anche Pirandello, Rostand, Cervantes e molti altri, parlavano alla nostra testa e ai nostri cuori.
Gran parte del merito era di Gianlorenzo Brambilla, che per 11 anni ha diretto le opere rappresentate in questa cornice unica. Non esagero se affermo che dopo la sua prematura scomparsa, nel 2012, le cose non sono più state le stesse. Il Licinium, dopo soli due anni, vide il suo nuovo direttore artistico dimettersi, in seguito a quelle che definirei educatamente dei disastrosi allestimenti. Ciò non fece che sottolineare il fatto che Joe Pascoe non fu mai in grado di capire quello spazio. Dal 2014 il Licinium è solo un costoso spiazzo manutenuto dal comune di Erba, dove non si fanno più rappresentazioni.
“Gianlo era un leone” mi racconta Antonio Grazioli, a sua volta regista e amico fraterno di Brambilla. “Non si fermava mai, ti trascinava nel lavoro. Conosceva quello spazio come nessun altro ed era capace di sfruttarne ogni angolo. Soprattutto era uno che ascoltava i suoi attori e le loro idee”.
La città di Erba “regrediva” alle dimensioni di un paese, in cui tutti, dal comune fino all’ultima maestranza, davano il loro contributo. Era una festa ed un evento capitanato da un comandante illuminato dall’amore per il teatro.
Il lavoro di Brambilla era di un tale impagabile pregio, da scatenare immediatamente e in chiunque, amore e curiosità per quella specifica branchia della cultura che è il teatro. Perché proprio di questo si tratta.
Di cultura e del ruolo inestimabile che dovrebbe avere per una società.
Adesso che ci ritroviamo in mezzo ad una crisi che costringe i governi a prendere decisioni difficili, siamo tutti dalla parte di quei lavoratori fino a ieri ignorati. Eppure, quello che dovremmo chiederci non è perché siano state tenute in così poca considerazione istituzioni come i teatri, ma piuttosto di come siamo arrivati al punto di dimenticarli con tanta facilità.
Così un pensiero mi coglie, si unisce agli altri e si somma alle cause e agli effetti di una dimenticanza iniqua: un direttore artistico dal curriculum internazionale, non è sempre la scelta giusta. Qualche volta, serve una voce che parli portando memoria del luogo e della storia del teatro che viene chiamato a dirigere.
Persone come lo fu Gianlorenzo Brambilla fiero condottiero dell’arte e dell’immaginario. Persone affiliate a quei luoghi di cui sono stati, o di cui potrebbero essere, nuova voce e vita.
C’era una volta il Licinium.
Era come una nave che navigava sulle storie, tra parole cadute da un balcone, cavalieri fuori dal loro tempo e mostri dagli occhi verdi.
Poi il suo capitano morì e di quel luogo oggi resta solo un giardino ben curato, siepi potate e il lontano eco delle opere immortali su cui aveva navigato.
Ma nessuna voce che parli per lui.
Da 5 anni Compagnia Teatrale Il Giardino delle Ore mantiene vivo quello spazio con rappresentazioni teatrali originali (anche Shakespeariane) che mettono in scena professionisti e non e che sono arrivati a toccare più di 3000 presenze nel 2019 e 500 anche in questo 2020 tanto complicato. Per il 2021 il progetto in campo è ancora più ambizioso, insomma, non piangiamo il passato! Ma cerchiamo di conoscere il presente! Il vostro regista di fiducia.
Perché non informarsi bene prima di raccontare qualcosa?
Articoli come questo nascondono inconsapevolmente la realtà delle cose.
Una realtà ben diversa, fatta di professionisti e gente del luogo che da più di 10 anni lottano per far vivere la cultura e gli spazzi culturali del territorio (guardi un po’ proprio in perfetto stile Gianlorenzo Brambilla).
Facile definire erba un paese senza cultura senza sapere che ad oggi su quel territorio esiste una scuola di recitazione con più di 100 allievi.
Un gruppo culturale che si chiama “Il Giardino delle Ore” che senza i mezzi economici di cui disponeva il compianto Gianlorenzo, cerca ogni anno di più di inondare di cultura il territorio Erbese.
Ora la critica che le rimando è la seguente:
Al posto che scrivere un bell’articolo sui fasti dell’Accademia dei Licini, non sarebbe stato più interessante e formativo raccontare di un presente che con forza e memoria storia, cerca sempre più di far comprendere perché i teatri non dovrebbero chiudere MAI!