Una vita dedicata all’immaginazione: Francesco Barbieri

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Una vita dedicata all’immaginazione: Francesco Barbieri

In questo numero dedicato alla bellezza dell’immaginazione e all’importanza di conservare quel bambino curioso che abbiamo dentro di noi, mi sembra calzante portarvi la breve intervista che ho avuto il piacere di fare a Francesco Barbieri durante la fiera di AleComics, lo scorso settembre.

Basta guardare la sua espressione, mentre abbozza delle smorfie sul suo volto, cercando di imitare i personaggi cartoon che lui stesso disegna da anni, per capire di che persona stiamo parlando.

Energico, spiritoso e dedito al lavoro che ama, Francesco Barbieri è un artista, disegnatore e illustratore che ha dato vita attraverso le sue mani e al suo talento a tanti personaggi di etichette e saghe che sicuramente avrete sentito, da Geronimo Stilton, a Topolino per Panini – Disney Italia, passando per la Warner Bros, la Marvel e la DC Comics.

 

 

3 Domande a Francesco Barbieri 

D: Ciao Francesco! Innanzitutto volevo parlare un attimo di questo 2020, che è stato un po’ particolare. Siamo stati chiusi in casa per molto tempo e so che per alcuni artisti questo ha comportato anche un blocco creativo. Mentre per altri è stato un modo per concentrarsi di più ed essere più produttivi. Tu dove ti collocheresti? 

R: Personalmente faccio parte della seconda schiera. Non avendo la possibilità di muovermi, mi sono concentrato su progetti che erano da tempo fermi. L’impossibilità di spostarsi non ha permesso ovviamente di partecipare ad eventi fieristici, incontri o altro. Però ho avuto modo di cominciare o ultimare alcuni progetti che avevo, quindi se devo essere sincero, per quanto mi riguarda non è cambiato molto. Poi ho anche lo studio in casa e noi disegnatori siamo sempre chiusi nelle nostre quattro mura, a prescindere dal lockdown. Siamo nella nostra, come dico io: “stanzetta imbottita dei matti”. Quindi non l’ho vissuta male questa “prigionia”. Per un fumettista o un illustratore è quasi la normalità, ecco.

 

 

D: A proposito, il tuo è un lavoro che molti apprendisti fumettisti e illustratori sognano, perché lavori per progetti molto importanti. Cosa ti senti di dire a queste persone riguardo all’aspetto più bello e a quello più frustrante del tuo lavoro?

R: La cosa difficile è quando magari non riesci a vedere collocato il tuo lavoro. Quello può essere un po’ deprimente, un po’ frustrante, come dicevi tu. Però io sono dell’idea che questo è un lavoro meritocratico, quindi sono convinto che pur essendoci tanta gente che già lo fa, comunque la maniera per emergere c’è. Se uno ha realmente le qualità, il modo si riesce a trovare. Magari ci può essere un errore di valutazione su quello che io penso possa essere il mio tipo di lavoro, perché magari voglio disegnare un personaggio e invece funziono meglio da un’altra parte, molto spesso questo si fa un po’ fatica a capire. Il mio consiglio è quindi di applicarsi tanto, provare, confrontarsi con gli editori, proporre i propri lavori. Il contro è che questa è una bella passione, ma quando diventa lavoro ci sono anche dei tempi da rispettare e la professionalità viene molto tenuta in considerazione, specialmente nel mercato americano. In alcune situazioni ho dovuto firmare anche delle penali nel caso ci fossero stati dei ritardi. Quindi è un aspetto da tenere in considerazione. Bisogna capire che c’è bisogno di applicarsi, non solo perché piace disegnare, ma proprio come forma di esercizio, quando uno smette di disegnare la fluidità perde molto. Chi lo fa come lavoro sa che non c’è sabato, non c’è domenica, non ci sono feste: quando sei sotto consegna, testa bassa (ride ndr).

D: L’ultima domanda come sai è un po’ strana: cosa ti lascia senza niente da dire?

R: Quando vedo delle cose ben fatte e non bisogna aggiungere niente. Come tutti abbiamo degli autori che amiamo più di altri e che spesso vengono presi anche da modello, anche io ho guardato e guardo alcuni autori e cerco di ridisegnarli. Proprio per capire come quell’autore inventa e realizza gli occhi, piuttosto che i nasi… allora se mi piace provo a rifarli, per poi farli miei. Quindi capire, ridisegnare come fanno loro e poi tirarli fuori secondo il mio gusto, quindi non proprio una copia. Quindi direi che quando vedo lavori ben fatti non c’è proprio niente da dire!

 

 

Articolo di Giada Taribelli

 

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