Storia di Pranzi e di Famiglie
Molti erano i progetti previsti in questi mesi. Molte opportunità per i membri della nostra redazione di rivedersi, di scambiarsi pareri e consigli, di trascorrere alcune ore insieme come se fosse la norma e non una eccezione. Purtroppo, quest’annata così imprevedibile e, a suo modo, memorabile ha complottato per spingerci a cambiare le nostre abitudini e i nostri comportamenti. Lo ha fatto in maniera irruenta, implacabile, incontrovertibile.
Avevamo intenzione di festeggiare la nascita della nuova redazione. Avevamo intenzione di rivederci tutti per l’annuale riunione pre-Lucca Comics. Avevamo intenzione di scambiarci considerazioni e proposte per format e idee destinate a fiorire nella nuova annata ma tutto questo è stato sostituito da (puntuali) conversazioni virtuali e costanti promesse di recuperare il tutto una volta placatasi la situazione.
Eppure, lo scorso settembre, nonostante fossimo avvolti da un clima di grigia incertezza, ci siamo detti: “Sapete che c’è? Noi un pranzo ce lo possiamo anche concedere! Non faremo gli sciocchi, rispetteremo le regole e lo faremo.”
Il viaggio in treno alla volta di Milano mi vede esibire quello che, ormai, è il mio atteggiamento più apprezzato e invidiato da conoscenti e non: lo sdegno verso l’umanità. Raggomitolato sul sedile, scruto gli astanti e constato il proliferare di varianti per l’outfit dell’anno: mascherina sul mento, sul gomito, penzolante da un orecchio, adagiata sulla bocca con un glorioso naso virile che sbuca nel peggiore dei simbolismi sessuali… sono favorevolmente colpito da come la moda sappia offrire sempre varianti di pregio.
A una fermata sale anche il Rinoceronte. Per riuscire a individuarmi tra le carrozze sceglie di seguire il fumo nero del mio costante disappunto e, dopo pochi passi, mi individua con facilità.
Approdati al glorioso capoluogo lombardo, ci dirigiamo al luogo dell’appuntamento e incontriamo nuovamente tanti volti amici. Non siamo al completo, la redazione di Niente da Dire include persone sparse per l’intera penisola, ma molti tra coloro che vivono e operano nel Nord Italia sono lì.
Il pranzo ci vede alle prese con le innovazioni dell’era Covid come scaricare il menu direttamente sui cellulari e vedere chi, costretto dalle circostanze a usare modelli di telefono particolarmente antichi, lamentarsi con tanto di denti digrignati mentre occhieggia il touchscreen del compagno più vicino. Di solito, questi pranzi sono rumorosi e colmi di battute ai danni dei singoli astanti ma, stavolta, l’atmosfera è diversa. L’ironia e la goliardia sono sempre presenti, intendiamoci, ma prevale la piacevole sensazione di condividere questa giornata con tranquillità. Forse è solo una sensazione personale ma, mentre mi guardo in giro cercando di ricordare esattamente quali siano le portate da me ordinate, percepisco un tepore che non ha bisogno di venire ravvivato a colpi di battute. Si sta bene ed è ciò che colpisce di più.
Terminato il pranzo alcuni colleghi devono tornare alle loro attività mentre un nucleo della redazione sceglie di proseguire la giornata in un parchetto la cui nomea farebbe impallidire Walter White e Pablo Escobar all’unisono. Noi, però, ci accomodiamo senza timore e qui le differenze anagrafiche si fanno marcate: i giovani si concedono l’uso delle giostre per bambini perché, comunque, la cosa suscita ancora simpatia mentre quelli con qualche anno in più si adagiano sulla prima panchina disponibile. Non serve specificare a quale delle due categorie appartenga io.
Si discute di nuove avventure su Twitch, si lancia un sondaggio Instagram per scegliere il nome di un nuovo format tenuto dal nostro Damiano e si chiacchiera del più e del meno, lasciandosi avvolgere da quel sole settembrino che ha sicuramente perduto la carica energetica del mese precedente ma che, in ogni caso, cerca di spandere ondate di tepore nonostante il clima remi contro di lui.
Incrocio la collega di redazione Giada. Eravamo molto distanti a pranzo, quindi solo ora riusciamo a scambiare due parole. Dato che lei esordisce commentando la mia altezza io casco letteralmente dal pero e mi rendo conto che, in realtà, questa è la prima volta che ci incontriamo di persona. Che stramberia, nella mia testa sono certo di averla incrociata numerose volte per parlare di Sangue & Inchiostro, la campagna D&D di Niente da Dire! Invece, era tutto frutto di chiamate, riunioni online e messaggi whatsapp. Quanto sono fitti i nostri rapporti nell’ambito di questa avventura e servono proprio figure barbine come questa per evidenziarlo.
La giornata è finita, i progetti sono in essere e, nonostante la pandemica Spada di Damocle che perseguita tutti dal mese di marzo, siamo propositivi. Niente da Dire è attivo da poco più di un paio d’anni ma, agli occhi di chi lo vive e vi contribuisce, è una rassicurante presenza della quale nessuno penserebbe mai di privarsi. Giornate come questa contribuiscono a rinsaldare questo pensiero.
(Scena Post-Credits: alcuni di noi affrontano il viaggio di ritorno in auto con Furibionda alla guida e si rendono conto di quale sia stata la fonte di ispirazione per gli inseguimenti di “Mad Max: Fury Road”).
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