The Umbrella Academy stagione 2: la recensione senza spoiler

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The Umbrella Academy stagione 2: la recensione senza spoiler

The Umbrella Academy fa il suo grande ritorno su Netflix con l’attesa seconda stagione! Pubblicata venerdì 31 luglio 2020, si è rapidamente piazzata nella top 3 delle serie più viste durante il weekend.

Steve Blackman realizza ancora una volta un ottimo adattamento dell’omonima serie a fumetti originale, creata da Gerard Way e Gabriel Bà, andando a creare un prodotto diverso ma che ne rispetta lo spirito, riuscendo così a mantenere viva l’attenzione sia dei nuovi spettatori che dei fan di vecchia data del fumetto.

Durante i primi minuti della seconda stagione ritroviamo i fratelli Hargreeves dove li avevamo lasciati, ovvero l’apocalisse del 2019, e li vediamo viaggiare nello spazio e nel tempo fino all’inizio degli anni Sessanta grazie ai poteri di Numero Cinque. Ma i viaggi nel tempo non sono facili da gestire se non si ha un dispositivo adatto, e ciò porta i nostri anti-eroi a venire sparpagliati a Dallas in momenti diversi nell’arco di tre anni. L’ultimo ad arrivare è proprio Cinque, che si rende immediatamente conto della linea temporale alterata: un’apocalisse nucleare è imminente. L’Umbrella Academy non si è lasciata la fine del mondo alle spalle, nel futuro, ma l’ha portata con sè! Sarà nuovamente compito di Cinque cercare di riunire i propri fratelli e sorelle, che nel frattempo, pensandosi ormai soli e bloccati negli anni Sessanta, hanno provato a ricostruirsi una vita ognuno per conto proprio.

La prima stagione di The Umbrella Academy era ispirata al primo volume del fumetto, La Suite dell’Apocalisse, ma aveva ricevuto innesti anche dal secondo (come la coppia di assassini Hazel e Cha Cha e l’esperienza vietnamita di Klaus) più l’introduzione di personaggi originali. Nello stesso modo è stata strutturata anche la nuova stagione che va appunto ad adattare liberamente il secondo volume, Dallas, ma con un finale che attinge a piene mani dal terzo volume della serie a fumetti, Hotel Oblivion, andando così a discostarsi maggiormente dalla storia originale in favore di un maggior spazio allo sviluppo dei protagonisti, affiancati da personaggi orginali e nuovi villain.

Se la prima stagione era completamente incentrata sui difficili rapporti tra i fratelli adottivi, questa seconda stagione sembra invece concentrarsi maggiormente sulla crescita personale di ciascuno di loro. Al mix si aggiunge anche l’introduzione di tematiche complesse ma estremamente attuali, come l’amore omosessuale ed il razzismo. E’ proprio negli anni Sessanta che queste tematiche cominciarono ad ottenere risonanza mediatica e la serie ne sfrutta intelligentemente il contesto storico per ricordarci che, a distanza di sessant’anni, ci sono battaglie che è ancora necessario combattere.

A livello di struttura narrativa, troviamo una trama decisamente più lineare rispetto alla narrazione un po’ confusionaria che abbiamo visto nella prima stagione. La seconda stagione risulta quindi forse più semplice da seguire, ma non ne esce penalizzata, complice il ritmo narrativo serrato. Grazie anche ad un aumento del budget dedicatole, la serie migliora nettamente anche dal punto di vista degli effetti speciali.

Il tutto è condito ancora una volta da una colonna sonora veramente azzeccata. Secondo quanto rivelato nel corso di un’intervista, è stato lo showrunner stesso, Steve Blackman, a scegliere buona parte delle canzoni, andando ad affiancare gli sceneggiatori nella scrittura delle scene avendo già in mente le canzoni da inserirvi.

In conclusione, la seconda stagione di The Umbrella Academy ha dimostrato di essere in grado di mantenere, se non addirittura di superare, gli ottimi livelli qualitativi della prima, riconfermandosi come una serie tv adatta a catturare diversi tipi di pubblico.

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