Mimeografo vagabondo – Un covo di libri

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Mimeografo vagabondo – Un covo di libri

Gli amanti di libri mai come oggi sono guidati e consigliati nelle proprie letture da numerosi blog, siti e book influencer, si ha l’imbarazzo della scelta tra recensioni, consigli e ogni tanto qualche “sconsiglio”. Per il Covo della ladra passare da blog letterario a libreria vera e propria è stato un coraggioso passaggio naturale.

Questa intervista inaugura un argomento che al Mimeografo Vagabondo sta molto a cuore: le librerie. Infatti sono le piccole librerie cittadine che vogliamo esplorare e indagare, grazie a loro possiamo recuperare quel libro così particolare che in una grande catena non avrebbe spazio o possiamo farci consigliare libri sconosciuti, instaurare con il libraio un rapporto di confidenza tale che difficilmente può essere battuto da uno schermo. Oggi parleremo con la Ladra di Libri Mariana che ci racconterà la genesi della sua libreria Covo della ladra di Milano, in fondo all’intervista ci sono ottimi consigli di lettura, non perdeteveli!

Iniziamo con le domande più semplici: chi sei e come è nata l’idea di aprire una libreria, ma soprattutto, come sei riuscita a realizzarla?
Sono Mariana, ho 40 anni e sono libraia da 3 (ride). L’idea del Covo della ladra è nata 4 anni fa da un magazine/blog che gestivo insieme ad altri amici in cui parlavamo di letture e libri. Chi ci seguiva chiedeva molti consigli anche al di fuori delle nostre recensioni, così abbiamo iniziato a pensare a come far diventare fisico uno spazio che fino a quel momento era stato solo virtuale.

Tutto nasce dall’idea di avvicinare il più possibile i lettori ai libri, non necessariamente ai soliti classici che vediamo un po’ ovunque. Prima di tutto bisogna essere lettori, scovare libri e autori più o meno noti, parlarne, far sì che la gente ne venga a conoscenza e magari che li scelga come proprie letture. Da qui parte l’idea della libreria.

Quali titoli proponi nella tua libreria? Su cosa sei specializzata?
Ci siamo specializzati in Gialli, Noir e Fantastica, per fantastica intendo fantascienza, fantasy, distopia e varie ed eventuali come mistery, soprannaturale e paranormale.
L’idea originale era quella di aprire una libreria generalista, invece in base allo spazio che ora abbiamo a disposizione – obiettivamente un buco- la scelta di restringere il campo era obbligata. Parlando anche con altri colleghi librai è emerso che la specializzazione è un elemento che garantisce una chance di longevità, rendendo la libreria più appetibile a livello di mercato. Inoltre ho scelto questi generi perché sono i miei preferiti, per cui mi sono detta, uniamo capra e cavoli!

Per quale motivo avete scelto di stabilirvi vicino a via Padova? (zona multietnica e periferica di Milano ndr)
La scelta è stata dettata da due fattori, il primo è personale, abito dietro l’angolo. Prima facevo un lavoro che mi portava spesso fuori città per cui trovare un luogo vicino a casa, avendo due figli piccoli rende tutto più semplice. Il secondo elemento è legato al territorio, qui non c’erano librerie. Quando ho iniziato l’ultima libreria aveva chiuso 10 anni prima. La cosa bella è che dopo che ho aperto io, sono nate altre due librerie nella zona.
In questo periodo l’interesse del quartiere per i libri lo sto vivendo in prima persona, prima molte persone vivevano la loro quotidianità al di fuori del quartiere, per lavoro o altre esigenze. Adesso che molti stanno lavorando da casa e gli spostamenti nella città sono più limitati, quelli che non frequentavano il quartiere ora lo stanno vivendo, scoprendo gli esercizi di prossimità.

Quando hai aperto come è stata accolta la libreria?
Molto, molto, molto, molto, molto, bene. Gli ultimi 3000 euro che ci mancavano, una cifra simbolica, li abbiamo raccolti con una campagna di crowdfunding. Alla fine abbiamo raggiunto più di 4.000 euro, proprio perché il quartiere era felice di accogliere una realtà di questo tipo, ne sentiva il bisogno.

Oggi la risposta del quartiere è altalenante, non siamo la Feltrinelli, siamo comunque una libreria di settore e abbiamo lettori di settore. Piano piano stiamo conquistando anche le famiglie, che vengono per ordinarci i libri – non scolastici perché non li trattiamo- di lettura, per le vacanze, abbiamo un vasto reparto di letteratura per l’infanzia, prima del lockdown era al piano di sopra, ora non potendo far circolare liberamente le persone ho portato in parte di sotto le proposte. La libreria è posta sua due piccoli spazi collegati da una scaletta a chiocciola, in fondo al cortile abbiamo uno spazio adibito come sala di lettura, coworking, e affittato per eventi e presentazioni.

Qual è la difficolta maggiore dell’aprire e gestire una libreria?
Sicuramente tenere a freno i distributori, perché la logica del nostro mercato tende al rilancio. Se vuoi uno sconto maggiore devi prendere determinati autori. Questa però non è la logica del Covo, noi scegliamo autori un po’ nel mainstream, quelli che bisogna avere perché iconici come Donato Carrisi, Stephen King, i pilastri della nostra contemporaneità, ma andiamo prevalentemente a cercare tra le case editrici indipendenti, tra gli autori emergentiche pubblicano con grandi editori. Per noi librai è difficile trovare qualcosa che sia davvero valido e che porti innovazione e diversità rispetto al mainstream a cui siamo abituati. Ci piace pensare che si debba leggere per rimanere un po’ destabilizzati, incontrare o scontrarsi con altre realtà pensieri e idee, altrimenti non c’è arricchimento.

Come scegli i libri da proporre nella tua libreria nell’immensa vastità del panorama editoriale?
Bisogna leggere tanto, leggere anche solo le prime sessanta pagine, per capire un l’impostazione, cosa l’autore sta raccontando al di là di come è scritto. Certo, lo stile è importantissimo, ma dall’impostazione capisci se è uno di quei libri fatti per essere letti e divorati e poi dimenticati o meno, non che sia sbagliato avere queste tipologie, ma ci sono momenti di lettura diversi e libri dedicati ai diversi momenti di lettura, è giusto sapere che tipo di libro hai di fronte.

In secondo luogo bisogna valutare lo spazio disponibile fisicamente in libreria e guardare come si muove il mercato. Alcuni autori non li prendo per principio perché li trovi ovunque, dal supermercato alle grandi catene. È difficile comunque che il mio cliente mi chieda quei titoli. Il terzo elemento importante per la scelta di un libro è proprio la mia clientela. Il 20% dei titoli presenti al Covo sonoscelti dai miei clienti. Mi fanno conoscere autori e titoli che hanno letto, consigliandomeli durante le nostre chiacchierate.

Abbiamo una giusta via di mezzo tra ultime novità e l’assortimento storico. Essendo una libreria del giallo, tu non sai quanti Agatha Christie vendo, quindi quelli sono titoli evergreen che non posso non avere. Ci sono anche le variabili, autori che entrano ma non tornano perché non c’è più richiesta. Il discrimine non lo faccio io ma i lettori. Ad esempio un titolo – che non ti sto a riferire- ha venduto tantissimo prima del lockdown perché se ne è di fatto un gran parlare ma non l’ho più rimesso in ordine, quasi tutti i miei lettori che lo avevano scelto mi hanno dato dei pareri negativi.

A proposito di lockdown, come lo avete vissuto e come continuerà la libreria in questo periodo in cui il Covid rimane presente e non così troppo marginale nelle nostre vite?
Terribile. Terribile perché è accaduto tutto dall’oggi al domani, anche se già dal 24 febbraio fino all’8 marzo c’era qualcosa nell’aria che ci stava dicendo che non sarebbe andato tutto bene (ride), che le cose non sarebbero filate lisce. L’ultima settimana pre lockdown a livello commerciale è stata molto piena, venivano a fare incetta di libri con la paura di rimanere bloccati a casa. È stato tremendo dover abbassare la saracinesca il 9 marzo, con le persone che mi scrivevano “ma allora sei davvero chiusa?”, è stata la cosa più terribile da dover gestire. Per quanto uno possa essere preparato al peggio a questa cosa non ti prepara nessuno.

Poi i 61 giorni di chiusura vera e propria, e lì è successo qualcosa di molto strano, bello e brutto allo stesso tempo, nel disastro che stavamo vivendo abbiamo reagito in modo positivo, abbiamo organizzato dirette tutte le sere. Il digitale ha permesso di creare una forte unione con i clienti abituali e con nuove persone, che trovandosi difronte al pc incappavano nelle nostre dirette. Persone che adesso a riapertura mi vengono a trovare, mi portano i fiori, le torte, i pasticcini, sono ingrassata non per il lockdown ma perché mi viziano i miei clienti, ringraziandomi di esserci stata online.

All’inizio non me ne ero resa conto, ma adesso a giochi chiusi capisco che quella presenza fissa e costante dove non si parlava di Covid, ma di prospettive, di libri con autori, giornalisti e editori ha aiutato. Ogni diretta era diversa, alcune in cui consigliavo libri in base a temi che sceglievo o input che mi arrivavano la sera prima dai commenti in diretta. Con alcune piccole case editrici indipendenti – che a noi piacciono parecchio- abbiamo organizzato serate a loro dedicate, così hanno potuto raccontarsi e raccontare tutte le loro attività collaterali al libro. È stato bello.

Attualmente ci sono giorni in cui sembra di essere tornarti a prima del Corona virus e altri in cui non entra nessuno per tutto il giorno. Prima del lockdown avevamo eventi confermati fino a metà settembre. Se rimangono le disposizioni di distanziamento attuali non possiamo fare le stesse cose che facevamo prima per questione di spazio.

Tra la tua proposta di libri, qual è il più sottovalutato e il più amato?
Il libro più sottovalutato è difficile da identificare, perché spesso si affidano ai miei consigli, probabilmente ti direi Uomini e cani di Omar Di Monopoli, l’ho venduto ieri con molta difficoltà ma sono sicura che alla persona a cui l’ho venduto piacerà. È un noir crudo e duro che non lascia niente al caso, però quando i clienti iniziano a vedere che è scritto da un italiano e ambientato in una zona particolare dell’Italia iniziano a storcere il naso.
Il più venduto va a momenti, attualmente è Cecità, io provo a proporre la Peste di Camus ma dal titolo pensano che Cecità sia più leggero. Robecchi rimane l’autore più amato insieme a tutti i suoi titoli, in particolare l’ultimo uscito I cerchi nell’acqua.
La narrativa cinese e giapponese viene considerata poco, a torto, sono gialli revange che fanno parte di un’altra forma mentis come Keigo Higashino, Yokomizo Seishi. È una narrativa che vale la pena di leggere proprio per il motivo che ti dicevo prima, perché ti incontri e ti scontri con altri pensieri, ed è bello e intrigante cogliere i leitmotiv che ci uniscono.

Ultimissima domanda: il mese di luglio di Niente da dire è a tema Horror, hai qualche titolo da consigliarci?
Ho un’intera parete dedicata a questo tema! (E io che pensavo fosse un tema complesso ndr)
In realtà sono indecisa su cosa scegliere, è proprio una domanda difficile! (ride)
Mi sono decisa, il primo consiglio è Joyce Carol Oates con Il Maledetto, è una via di mezzo tra un romanzo sociale in cui l’autrice ci racconta la società americana dei gradi padri fondatori, è presente questa nebbia che invade i boschi, le città e non si capisce cosa sia, perché riesce a mettere a nudo esattamente la vera natura di tutte le persone. Spoiler la nebbia è legata ai vampiri. L’autrice riesce a tenere la suspence fino alla fine perché questa nebbia non si sa da dove viene, arriva, colpisce e svanisce, ma quando arriva fa vedere tutta la perversione che hanno persone esternamente integerrime e perfette. È una scrittura densa che può stancare, ma è molto bello, svela l’aspetto sociale dell’horror.
Il mio consiglio principale però è Ali di china di Andrea Varano, pubblicato da NeroPress Edizioni, casa editrice indipendente specializzata in horror, steampunk e mistery. Il protagonista del libro, un ragazzo qualsiasi che a un tratto subisce una trasformazione, viene posseduto da uno spirito molto vendicativo che uccide in modo barbaro, truculento e sanguinolento tutti i cattivi che trova di fronte a sé. Varano utilizza l’elemento sovrannaturale per ragionare sul limite, fino a che punto possiamo essere considerati buoni o cattivi? Il fine giustifica i mezzi? Sottile e particolare, ma anche molto splatter e pulp.

 

Articolo e intervista di Giulia Panzeri

1 comment

  1. Paola Bonora
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    Una bella storia e ben raccontata, sono felice di aver trovato una libreria che é un punto di riferimento per una appassionata di libri gialli e noir

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