Buchi Neri: l’origine del male
Immaginate di trovarvi all’interno di un fitto bosco in una notte senza luna. Non avete torce, accendini, tanto meno cellulari. Nessuna fonte di luce. Non vedete niente, buio pesto. Nero assoluto. Eppure, quel buio opprimente non è nemmeno lontanamente comparabile all’oscurità che si cela dietro l’orizzonte degli eventi. Il tema di questo mese è la paura, e in questo numero di Pessimi Elementi andremo alla scoperta degli oggetti più inquietanti, misteriosi e affascinanti del cosmo: i buchi neri.
Immaginate di dover salire su un traghetto. Un traghetto che è già salpato mentre voi siete rimasti a terra. Decidete di prendere la rincorsa, e saltate. Se andate abbastanza veloci, e avete fatto bene i conti con la distanza, con questa spericolata acrobazia riuscite a salire a bordo.
Immaginate di doverlo rifare, ma stavolta il traghetto parte a spron battuto. Dovete correre più velocemente, e sempre almeno un poco più rapidi del traghetto, altrimenti non lo raggiungerete mai. Per quanto siate ottimi atleti velocisti, esiste un limite alla vostra rapidità nella corsa: se il battello ha raggiunto una velocità troppo elevata, il mirabolante salto dal molo sarà vano, e precipiterete nel vuoto.
Questa analogia ci aiuta a comprendere il concetto di “orizzonte degli eventi”. Ogni oggetto dotato di massa esercita una forza di attrazione gravitazionale sugli altri corpi che stanno nei dintorni. Ecco perché non ci ritroviamo a svolazzare per lo spazio: il pianeta terra, con la sua massa enorme, ci lega a sé tramite l’attrazione gravitazionale. Per quanto in alto proviamo a saltare, alla fine torniamo sempre sulla superficie del pianeta… a meno che non siate a bordo di un razzo.
Esiste una particolare velocità, detta velocità di fuga e caratteristica di ciascun corpo celeste, superata la quale potete sfuggire alla sua influenza gravitazionale, ed essere liberi nello spazio. Per la Terra il valore della velocità di fuga è di circa 11 km al secondo, che non sono pochi, direte voi. Eppure, può capitare di avere a che fare con oggetti la cui velocità di fuga sia superiore alla velocità della luce: siccome secondo le leggi della Teoria della Relatività nulla nell’universo può viaggiare più rapidamente della luce, rischiate di trovarvi intrappolati in una prigione eterna. Ma come si formano questi oggetti?
Gli esseri umani hanno la fortuna di vivere lontani dalla maggior parte dei fenomeni cosmici più terribili, avvenimenti che paragonati a ciò che accade sulla Terra farebbero apparire la peggiore delle eruzioni vulcaniche come un misero petardo.
L’Universo è notoriamente un luogo spaventoso e violento: collisioni fra asteroidi, eruzioni solari, e fusioni di galassie sono all’ordine del giorno. Tuttavia, esiste un fenomeno che merita un posto speciale nella classifica delle catastrofi cosmiche: la morte di una stella massiva.
Se pensate che il Sole, il nostro astro, sia una stella molto grande, beh, mi spiace deludervi. Pur con la sua massa di ben 2 quintilioni di chilogrammi (circa 330.000 volte la massa terrestre) la nostra stella è classificata come una nana gialla. Il Sole è poco più di una biglia a confronto con le stelle più grandi note all’astronomia.
Quando una stella con massa superiore alle 10 masse solari si avvia verso la fine della sua vita, nel suo nucleo può avere luogo una serie di fenomeni che in parte restano ancora misteriosi per l’astrofisica. L’enorme pressione di radiazione che irraggia dal nucleo verso l’esterno viene improvvisamente meno quando il combustibile per le reazioni di fusione nucleare si esaurisce. A questo punto non vi è più nulla che contrasti la spinta gravitazionale che punta verso il nucleo, portando la stella verso il collasso. Se è rimasto ancora qualche elemento da fondere, l’aumento della pressione può innescare nuove reazioni di fusione, concedendo ancora qualche sprazzo di vita alla stella. Ma se il combustibile è completamente esaurito e nel nucleo non sussistono le condizioni per fondere gli elementi via via più pesanti che si sono formati, l’astro è spacciato.
L’energia sprigionata dal nucleo tende a spegnersi, e niente è in grado di contrastare il collasso gravitazionale. La materia tende a concentrarsi sempre di più, aumentando la densità della regione centrale. Durante le ultime fasi una grande quantità di materia viene dispersa nello spazio, ma in prossimità del nucleo la gravità diventa talmente forte che sempre più materia viene attratta. Se una quantità di materiale stellare pari ad almeno 2.5 masse solari si ritrova imprigionata in un volume sufficientemente piccolo, il suo collasso procede indefinitamente: si viene a creare un punto le cui dimensioni teoriche sono infinitamente piccole. Una massa enorme concentrata in un punto di dimensioni zero. Si tratta di una singolarità, un punto nello spazio-tempo caratterizzato da densità e curvatura infinite. Le leggi della fisica non valgono più, lo spazio è infinitamente dilatato e il tempo pare fermarsi del tutto. Si è così creato il cuore di un buco nero.
Il pozzo gravitazionale di questa bestia divoratrice è caratterizzato da quello che sopra abbiamo definito orizzonte degli eventi, la sfera di influenza superata la quale non vi è scampo dal buco nero. Tale orizzonte corrisponde alla distanza per cui la velocità di fuga è uguale a quella della luce, velocità irraggiungibile da qualsiasi oggetto materiale. Oltre l’orizzonte servirebbe raggiungere una velocità di fuga superluminale per sfuggire al buco nero, condizione fisicamente impossibile.
Ecco perché si chiamano buchi neri: niente, nessun oggetto, particella, raggio di luce e ogni altra informazione può uscire dall’orizzonte degli eventi. Dal momento ch,e matematicamente parlando, non esistono orbite stabili in questa regione, qualsiasi cosa lo attraversi è destinata a cadere nella singolarità. Nessuna luce viene emessa, nè riflessa. Un buco nero è, letteralmente, nero.
Ma allora come facciamo a vedere i buchi neri dal momento che si comportando come pozzi senza fondo e senza via di scampo?
E’ un po’ come capire che fuori c’è vento semplicemente guardando fuori da una finestra chiusa. L’aria è trasparente e invisibile, non la vediamo direttamente, ma vediamo gli effetti del suo spostamento nell’ambiente circostante: le foglie volano in giro, le fronde degli alberi si muovono, le nuvole viaggiano veloci in cielo.
Allo stesso modo, astronomi ed astrofisici possono notare la presenza di un buco nero grazie agli effetti gravitazionali che esercitano tutto intorno a loro. Per esempio, se osservate una o più stelle orbitare apparentemente intorno al nulla, è molto probabile che queste stiano facendo una sorta di balletto proprio con un buco nero, che non emettendo alcuna radiazione risulta impossibile da rilevare otticamente. E’ il caso di Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio appostato nel centro della nostra galassia. In questa regione, alcune stelle paiono muoversi su traiettorie ellittiche attorno al vuoto assoluto: solo ipotizzando la presenza di una enorme massa al centro del sistema è possibile spiegare i moti di questi oggetti.
Spesso i buchi neri hanno il vizio di circondarsi di un sacco di roba mentre banchettano: gas, polveri, stelle e tutto quello che capita.Tutta questa materia finisce per spiraleggiare mentre cade nel buco nero, formando quello che si chiama “disco di accrescimento” (avete presente Interstellar, sì?). Mano a mano che questo materiale scivola inesorabilmente verso il buco nero viene accelerato e riscaldato dall’enorme frizione, arrivando ad emettere raggi X. Ecco un altro metodo per stanare uno di questi divoratori galattici. Badate bene, il buco nero non sta emettendo nulla, è la materia in caduta al suo interno ad emettere intense radiazioni elettromagnetiche, rilevabili da terra.
Se invece ci trovassimo più vicini ad un buco nero, potremmo dedurre la sua presenza osservando un altro effetto, predetto dalla Relatività Generale: la lente gravitazionale. Nei pressi dell’orizzonte degli eventi, la deformazione dello spazio-tempo è talmente intensa da curvare i raggi di luce provenienti da dietro il buco nero. In questo modo si produce una distorsione delle immagini che paiono appiattirsi e distorcersi tutto attorno al disco di oscurità assoluta dell’orizzonte.
La fantascienza ha fatto scorrere fiumi di inchiostro e chilometri di pellicola sui buchi neri: portali verso altri mondi, minacce planetarie e motori superluminali sono solo alcuni esempi di come la fantasia abbia saputo interpretare questi misteriosi oggetti cosmici per narrare storie al limite della comprensione.
Eppure sappiamo che questi corpi celesti sono tanto inquietanti quanto reali: qualche anno fa la collaborazione LIGO-Virgo ha annunciato per la prima volta il rilevamento di onde gravitazionali, increspature nello spazio tempo che hanno origine dalla collisione tra buchi neri e viaggiano propagandosi nell’universo alla velocità della luce.
Abbiamo ancora tanto da imparare su questi pozzi senza fondo che vagano minacciosi per il cosmo: per esempio non riusciamo ancora a spiegare in termini astrofisici l’esistenza di buchi neri colossali, di miliardi di masse solari. Oppure perché esiste un divario tra le masse medie dei buchi neri: o molto grandi (decine, centinaia di masse solari), o molto piccoli (poche masse solari), relativamente parlando. I buchi neri di massa intermedia rilevati finora sono davvero scarsi.
In ogni caso, grazie ai buchi neri abbiamo scoperto una enorme varietà di fenomeni fisici che hanno permesso di estendere a dismisura la nostra conoscenza dei meccanismi dietro al funzionamento dell’Universo. Pensate: i dintorni di un buco nero sono un luogo perfetto per mettere alla prova le teorie del nostro scienziato baffuto preferito, che finora ha sempre avuto stramaledettamente ragione fino all’ultimo decimale.
E voi, vi tuffereste in un buco nero per vedere cosa si nasconde nella tana del Bianconiglio?
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