Gamberetti per tutti

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Gamberetti per tutti

Al doppiaggio, più ci si appassiona alla storia raccontata dal film o dalla serie da doppiare, più è facile e divertente fare un buon lavoro. Chiaramente cerchiamo sempre di immergerci quanto più possibile nelle storie e nei personaggi, ma quel piccolo fattore chiamato “gusto personale” fa sì che ci sentiamo naturalmente più coinvolti da certe trame che da altre.

Questo, ahimè, comporta spesso il verificarsi di situazioni dolorose, sempre per colpa di quel dannato gusto personale. Ad esempio, ci si trova a doppiare la tredicesima stagione di una acclamatissima, seguitissima e pluri-premiata serie che trovavamo già insopportabilmente noiosa alla prima. Allo stesso modo magari veniamo chiamati a doppiare un film delizioso, scritto divinamente, ben recitato, ben diretto, con una trama profonda, coinvolgente e molto molto divertente, ed è un film che vedranno forse cento persone in tutta Italia.

Perciò, oggi la voce di corridoio è questa:

c’è un gran bel film in giro ed è altamente probabile che non ne sentiate parlare.

Il film si intitola “Gamberetti per tutti” (Les crevettes pailletées), scritto e diretto da Cedric Le Gallo e Maxime Govare. È una commedia francese che sbeffeggia l’omofobia, e lo fa raccontando l’insensatezza dell’omofobia stessa.

Al centro della storia c’è una squadra di pallanuoto realmente esistente: les Crevettes Pailetées (i Gamberetti Paillettati). Si tratta di un team composto da atleti amatoriali gay, ciascuno con una personalità molto marcata, con segreti più o meno “seri”, con fragilità più o meno marcate e mascherate più o meno bene.

La squadra non è esattamente fenomenale, e questo crea qualche tensione negli spogliatoi. La faccenda sembra precipitare quando, proprio nello spogliatoio, si presenta il ragazzo designato (o meglio, condannato) a essere il nuovo allenatore: Matthias Le Goff, campione di pallanuoto caduto in disgrazia dopo aver fatto dichiarazioni omofobe in un’intervista, e proprio a causa di quelle dichiarazioni, costretto a riabilitarsi allenando una squadra di pallanuoto gay.

L’imbarazzo della scena è grandioso.

Quello di Le Goff che si trova catapultato tra gli scherzi e le battute di quelle “checche”, come le ha sempre chiamate lui, e quello dei Gamberetti, improvvisamente alla presenza del nemico, di una di quelle centinaia di persone che li disprezzano, che rendono quotidianamente la loro vita un inferno.

E qui ha luogo la prima perla narrativa.

Nella squadra c’è un giocatore non più giovanissimo, Joel. Uno che di soprusi ne ha subiti di tutti i colori per anni, che ha lottato in prima linea per far valere i diritti della comunità LGBTQ+. E lui non ci sta: lui non lo vuole, quel bastardo, nella squadra.

Sinceramente, ce la sentiamo di dargli torto?

Ma gli altri ragazzi invece votano per ammetterlo. Perché loro sono meglio di così. E sono meglio a tal punto che l’ammissione dell’omofobo in squadra non avviene con toccanti discorsi e musiche emotive, ma con scherzi e battute. Le stesse che i ragazzi fanno tra loro.

E così l’omofobo viene accettato.

Inizia così, il film: con questo piccolo ma brillante capovolgimento.

L’omofobo viene accettato.

Non che la cosa lo lusinghi, ovviamente. Questo film è una commedia, ma funziona perché racconta la vita vera. Matthias è omofobo. L’allegra tolleranza verso la sua intolleranza non basta a farlo ricredere. Non ci sono “folgorazioni sulla via di Damasco”, in questo film. Gli scherzi dei ragazzi lo imbarazzano, lo spaventano, lo irritano.

Lo disgustano.

Almeno quanto la presenza di Matthias imbarazza, spaventa, irrita e disgusta Joel.

Ma entrambe le parti sono bloccate in questa situazione e non c’è modo di uscirne, perciò la convivenza forzata tra l’allenatore riluttante e i Gamberetti Paillettati prosegue tra alterne fortune all’inseguimento della qualificazione per i Gay Games che avranno luogo in Croazia.

Temo di aver già spoilerato troppo, perciò mi fermo. Per parlare della grandezza di questo film non serve esporne la trama.

Essendo una commedia, i toni leggeri e sopra le righe la fanno da padroni, ma sono un contraltare meraviglioso a una malinconia di fondo, un’oscurità che permea le storie di tutti i personaggi (tanto di Matthias quanto dei Gamberetti) e che viene tratteggiata proprio dai momenti allegri, spensierati, chiassosi ed eccessivi per poi emergere affilata e dolorosa nelle scene emotivamente più intense.

È un racconto di crescita. È la storia di ciò che i Gamberetti hanno insegnato a Matthias, ma anche di ciò che Matthias ha insegnato ai Gamberetti, perché perfino il gretto omofobo di inizio film scoprirà di avere in sé una profondità che lui stesso non sospettava.

Questo film non chiude certo gli occhi di fronte all’omofobia, che anzi è il tema principale, ma ha il raro pregio di raccontarla e stigmatizzarla mostrando la meravigliosa normalità dell’essere omosessuali. Costretto a trovarsi a contatto con quella realtà che aveva sempre trovato ripugnante, Matthias scopre persone generose, ironiche, insicure, bugiarde, divertenti, sagge, furbe, leali, determinate, a volte perfino a loro volta intolleranti. Scopre (colpo di scena!) delle persone assolutamente normali.

Ho doppiato uno dei Gamberetti: Cedric, sposato con un uomo che lo ama ma che lo vorrebbe lontano dallo sport per concentrarsi sul lavoro e sui due figli che la coppia sta crescendo. La sua linea narrativa è una delle più divertenti, quindi non mi dilungo oltre, ma una cosa posso dirla: doppiare questo film, entrare in acqua coi Gamberetti Paillettati, non è stato solo divertente. È stato illuminante. Perché il messaggio del film arriva forte e chiaro:

di fronte all’amore, all’amicizia, all’inseguire i propri sogni, l’unico “diverso”, l’unico “anormale” è chi si chiude nella propria intolleranza.

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