The Last of Us Part II, lasciate in pace Ellie
Manca poco all’uscita di The Last of Us Part II, la continuazione del videogioco di avventura sviluppato da Naughty Dog in esclusiva Sony. In questi mesi la software house ha mostrato molti dei contenuti che saranno presenti nel titolo, come story trailer e gameplay trailer che approfondiscono la trama e le meccaniche di gioco. Ma a quanto pare non tutto è andato per il meglio. Una parte poco tollerante della community, infatti, sembra non aver digerito bene alcuni dei contenuti mostrati: il gioco è stato quindi risucchiato in un polverone mediatico molto peculiare.
The Last of Us Part II avrà al suo interno contenuti visivamente crudi e non adatti a tutti i tipi di pubblico. Si parlerà di violenza a tutto tondo, inclusa quella di natura sessuale. Si tratta di una tematica particolarmente delicata e, purtroppo, spaventosamente attuale. Neil Druckmann, direttore creativo di Naughty Dog, ha voluto realizzare un gioco provocatorio, crudo e dall’atmosfera profondamente cupa. Un titolo che mostra chiaramente la brutalità dell’essere umano in uno scenario post-apocalittico, uno stato di natura in cui vige la legge dell’ Homo Homini Lupus.
In alcune scene del gameplay trailer è infatti possibile vedere Ellie uccidere a sangue freddo, e nei modi più disparati, una serie di nemici, affiancati anche da cani da guardia. Risultano a questo punto poco credibili le critiche che l’associazione per la protezione degli animali ha rivolto alla software house americana, poiché la rappresentazione in questione espone uno scenario atipico e orrorifico, in cui l’umanità e la compassione sono concetti ormai passati. Ma non è soltanto la violenza gratuita ad essere finita sotto il mirino dei soliti leoni da tastiera, anche il personaggio di Ellie è stato oggetto di alcune polemiche sterili nel corso dei mesi. Queste si riferivano principalmente alla sessualità della protagonista che, come si nota da una scena del trailer, è dichiaratamente lesbica.
Polemiche che, in qualsiasi modo vengano esposte, dimostrano due cose in maniera inequivocabile: chi parla non conosce il gioco e, soprattutto, dimostra un’omofobia alquanto preoccupante per il periodo storico che stiamo vivendo. Che il personaggio di Ellie fosse caratterizzato da questo orientamento sessuale, non è certo una novità: si sapeva già dal 2014, all’uscita del DLC Left Behind per il primo capitolo. Inoltre il personaggio di Ellie è stato creato con una particolare ispirazione all’attore Elliot Page. Il team di sviluppo l’ha poi modellata con le fattezze di Ashley Johnson, ma la principale fonte di ispirazione è rimasta sempre l’attrice canadese. La storia d’amore tra Ellie e Dina rappresenta la luce in fondo al tunnel, una sottotrama romantica e ottimista, che dà tregua al giocatore dal clima di tensione presente in The Last of Us Part II.
Questa ostilità verso opere che possiedono al loro interno personaggi LGBTQ è purtroppo un fenomeno che nella comunità dei videogiocatori conta diversi precedenti. Eppure tantissime opere negli ultimi anni hanno rappresentato con successo queste tipologie di personaggio, creando storie profonde e ben costruite come per Parvati in The Outer Worlds, videogioco di ruolo sci-fi western sviluppato da Obsidian (Potete leggere un mio racconto ispirato a questo titolo sempre qui su Niente da Dire). In questa breve lista è giusto anche citare il matrimonio gay tra Sir Alistair Hammerlock e Wainwright Jakobs, visibile nel DLC Gun, Loves and Tentacles per Borderlands 3, videogioco shooter RPG a scenario post-apocalittico sviluppato da Gearbox Software ed edito da 2K Games.
Le polemiche da parte della community, fortunatamente, si sono sgonfiate in tempi rapidi, ma i problemi non sono finiti qui. Il gioco, per via dei contenuti sopracitati, non potrà essere commercializzato in molti Paesi mediorientali. In questi Paesi esistono infatti delle leggi specifiche che impediscono di mostrare in un’opera artistica e di rappresentazione, scene di nudo o contenuti LGBTQ. I fan che vivono in quei Paesi si sono visti i loro pre-ordini ritirati e si sono sfogati sul web, cercando modalità alternative per poter comunque giocare al nuovo titolo Sony in uscita il 19 giugno. La questione culturale rende quindi difficile la commercializzazione e la discussione di qualsiasi tematica sociale sviluppata in occidente. Argomenti come il femminismo e i diritti LGBTQ, infatti, trovano continuamente ostacoli sul loro cammino.
Il videogioco è un medium giovane e variegato nelle possibilità di azione, solo negli ultimi anni ha visto un progressivo sviluppo e innovazione anche dal punto di vista delle tematiche sociali. Ci sono stati interventi sostanziali nella rappresentazione non soltanto del genere femminile, ma anche della comunità LGBTQ. Questo sviluppo è giusto che continui senza rappresentare le minoranze come macchiette all’interno della trama. Bisogna dar loro la profondità necessaria per permettere ai giocatori di empatizzare con questi personaggi, sensibilizzando di conseguenza all’argomento dei diritti civili nella comunità dei videogiocatori.
La strada è ancora lunga e se la gente continua a lamentarsene, significa che bisogna continuare a rappresentare in maniera innovativa, fino a quando il concetto non sarà accettato e rivalutato per l’apporto positivo che può fornire.
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