Felisi e Contenti

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La mia prima volta

Tutta la faccenda delle prime volte è sempre stata per me una cosa complessa da spiegare, specie se parliamo di una prima volta avvenuta tanti anni prima. Ripercorrere il filo delle emozioni per trascriverle e dare loro un senso finito, funziona quasi sempre nella mia testa e mai sulla carta.

Credo che dipenda dal fatto che alcune “prime” volte siano più importanti di altre; ci pensiamo più spesso e finiamo nostro malgrado col renderle in qualche modo più concrete. Sono quelle più facili da ricordare.
Poi ci sono le prime volte alle quali non pensi mai, perse in qualche piega della memoria e che hanno tuttavia un’importanza implicita enorme.
Questa è una di quelle e risale alla prima metà degli anni ottanta.

Privato mio malgrado di un riferimento paterno, vagavo tra quei dubbi tipicamente adolescenziali che l’aiuto di un cugino più grande tende a spingere in una sola direzione, generando un nitido percorso a senso unico. Un micro mondo eterosessuale fatto di due soli generi: uomo e donna.
I cambiamenti che subisci in quegli anni sono critici e per una questione che elegantemente voglio definire “ormonale” il cervello maschile finisce nei genitali.
Da quel momento in poi comandano loro.
Qualunque maschio sostenga il contrario, mente.

Ci sono centinaia di domande che gli adolescenti di ogni tempo muniti dei cromosomi X e Y non si sono fatti perché troppo impegnati a seguire i propri istinti. In questo non c’è niente di male. Il problema è che qualche volta il mondo, con le sue numerose varietà, passa inosservato davanti ai loro occhi che in quel momento sono chiusi perché impegnati a focalizzare scabrose immagini a luci rosse. Si perdono delle cose che sarebbe dovere di un genitore, se non proprio spiegare, fare almeno presente. Meglio se un genitore del tuo stesso sesso.
Non lo dico perché sono ristretto di vedute. Penso solo che in molti casi sia meno imbarazzante.

Arriviamo dunque alla mia prima volta. Prima volta di cosa, esattamente?
Quella in cui mi sono reso conto che il mondo è fatto di differenze.
L’anno esatto è finito sotto il divano della memoria. Non ci arrivo. Tanto non è importante. Posso lasciarlo lì con le biglie e la pantofola calciata nel ’82 dopo la parata di Zoff. Mi ricordo però che era sera tardi. La mamma faceva il turno di notte. Mia sorella dormiva dalla nonna e io e mio fratello praticavamo lo zapping estremo, incuranti del fatto che il mattino dopo ci sarebbe stata scuola.

Il film era già iniziato da qualche minuto e siamo approdati sul canale nel momento esatto in cui un tacco dodici batteva il tempo dentro un ascensore. Il Dr. Frank N. Furter stava entrando in scena e senza saperlo assistetti ad un pezzo di storia del cinema.
Complice una traduzione non proprio esatta, scoprii subito che si trattava di un alieno proveniente dal pianeta Transexual, nella galassia Transilvania, ma poco importava. Mi perdetti letteralmente dentro il film. Fui conquistato dalla musica, dai personaggi e da una rivelazione che mi saliva lungo il collo come un ragno.

The Rocky Horror Picture Show è una pellicola avanti tempo, piena di elementi trasgressivi. Il capolavoro di Richard O’Brian deride gli effimeri ruoli imposti dalla cosiddetta normalità in una girandola di personaggi eterosessuali, travestiti, bisessuali e chi più ne ha e più ne metta. Il messaggio, ammesso che ne esista uno, non è intenzionalmente rivelatorio, eppure guardandolo mi si accese una lampadina in testa. 40 watt. Non di più.
Ma lo spazio era piccolo e per il momento bastavano.
Rischiarò con efficacia una consapevolezza che fino ad allora era passata davanti ai miei occhi chiusi.
Che esistono le differenze di genere.

È bizzarro quello che la nostra mente riesce a usare per condurci verso un’idea, un colpo di genio o una illuminante epifania. Personalmente non ho mai avuto dubbi circa la mia eterosessualità, ma non avevo ancora capito che per molte altre persone la faccenda poteva essere drammaticamente più complicata e perfino dolorosa.
Eppure anche in una storia assurda e sopra le righe come il Rocky Horror, tutto può essere lo specchio della vita vera: un desiderio sessuale incondizionato, i dubbi su chi siamo davvero, la paura per le scelte che facciamo, la scoperta di cose nuove e i reggicalze.

Il mondo è fatto di differenze e capirlo ci apre ad un universo di libere scelte messe lì apposta per salvarci la vita. Grazie a un “travestito alieno”, ho capito che la cosa più straordinaria non consiste mai nelle varietà di genere, bensì nell’importanza che hanno queste varietà nell’aiutarci a capire chi siamo.
È stata la mia prima volta.
Conforta sapere che non era l’ultima.

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