Curon: Twin Peaks for dummies

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Curon: Twin Peaks for dummies

Prendiamola un po’ alla larga, con un po’ di polemica in più prima di addentrarci a parlare solo della più recente serie TV italiana targata Netflix.
Siamo nel Pride Month, qui su Niente da Dire ci teniamo molto, lo sapete, l’avete letto, e ancora leggerete, ogni anno, finché non sarà più necessario dover ribadire un concetto così ovvio e semplice come l’accettazione della natura di ciascuno di noi. Al di là del concetto di community, di un gruppo di cui sentirsi parte e in cui sentirsi rappresentati, di etichette e non etichette, comunque, c’è sempre un grosso dilemma che assale quando si parla di un qualche tipo di “minoranza” rappresentata nell’arte, che essa sia cinema, musica, letteratura o altro.
Il dubbio è “Per rendere giustizia a una cosiddetta minoranza, devo inserirla per forza in una mia narrazione?”

Uno dei guai che affliggono i nostri tempi è proprio questo: quando si utilizza il nome di una “minoranza” e la si rappresenta in qualche modo in un’ opera, ormai vien da chiedersi sempre se l’autore in questione lo stia facendo per strizzare l’occhio in maniera maliziosa, in modo da “accattivarsi del pubblico”, oppure quanto invece sia una vera esigenza artistica.
La differenza sta semplicemente tra il “per forza” e la necessità narrativa.
Poi puoi essere anche furbo e non far notare la tua malizia, tuttavia sempre più spesso ci troviamo davanti a scelte che sembrano essere solo superficiali e poco rappresentative.

E arriviamo, prendendola proprio alla larga dunque, a Curon.
In questa serie un po’ horror un po’ misteriosa e molto teen come va moda di questi tempi, c’è una ragazza, Micki.
Micki sta scoprendo che le piacciono le ragazze.
I suoi compagni di questo paesino montanaro sperduto ne vengono a conoscenza.
Micki si ritrova la scritta sul muro “Micki Lesbica”.
Poi ci sono altre scene, poche in realtà, in cui l’argomento viene affrontato, il focus è altro.
Ecco, al di là del fatto che la serie possa piacere o meno, è stata una delle scelte che più mi è piaciuta.
Alla domanda “Era davvero necessario mettere qualcosa del genere o stavano solo cercando di stereotipare e mettere lì qualcosa in più giusto per?” non mi è venuto nemmeno il dubbio che fosse parte integrante della storia.

E ora arriviamo alla storia, la vicenda di questi quattro adolescenti che indagano su un mistero locale, secondo il paradigma Riverdale, molto generico ed esplicito.
Ci sono pure i gemelli come in Riverdale anche se un po’ meno stronzi (e più vivi), ma per chi l’ha visto, in fondo Milanese = Blossom può essere un parallelismo funzionante.
La crescita, le scoperte, le sbronze, i litigi, la friendzone… sono tutte cose che fanno parte dell’adolescenza così come la scoperta della propria sessualità e così come anche l’accettazione del proprio orientamento o la mancanza di comprensione dei compagni di classe. Questo è un modo immersivo, naturale e non forzato di raccontare le cose, è forse la parte più solida.

Per il resto… ogni tanto mi ritrovavo a pensare “Sì ok basta, l’abbiamo visto tutti Shining, ormai non è nemmeno più una citazione se è così esplicita”.

Prendiamo poi Twin Peaks: abbiamo un Bob di Twin Peaks, anzi più di uno.

E il lago nero è la loggia.

Non dico altro altrimenti rischio lo spoiler ma c’è un limite alla citazione, un conto è una scena, due, tre, ma proprio la trama mi pare eccessivo.
Mi aspettavo la signora Ceppo a un certo punto.
Do you need more?
In realtà, sì.
Sarebbe bello aver di più che tante citazioni incollate qui e là. Ma perché parlarvene se queste sono le premesse?
Perché comunque sia, ve la consiglio.
Sarà un po’ il mio amore per i teen drama o il coming of age che dir si voglia.
O sarà un po’ di amor di patria e di voler vedere finalmente emergere qualcosa di italiano nel panorama internazionale.
Certo, non è Curon che emergerà perché nonostante sia qualcosa di atipico per gli standard italiani, esistono sue “versioni” già migliori e inflazionate che intasano la rete, purtroppo.
Fosse arrivata prima sicuramente avrebbe smosso qualche cuore in più.
Tuttavia, merita una chance, di essere vista e di continuare in una seconda stagione confidando in una “sicurezza di sé” maggiore, dove si oserà qualcosa in più.
Un’ultima menzione va a quello che di solito uccide un prodotto italiano: la recitazione. Forse ho voglia di dare una possibilità in più a questa serie perché sono rimasta davvero colpita dalla recitazione dei ragazzi sorprendentemente più competente di molti altri già visti (inclusi molti adulti della stessa serie). Dunque spero che con un po’ di fiducia e originalità in più, la prossima stagione saprà farsi più apprezzare.

E nel frattempo quest’estate, tutti a Curon a cercare le campane.

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