Ordini di grandezza: la scala per l’Universo
Matematica era la materia che da bambino mi andava meno a genio.
Avevate anche voi problemi con i numeri da piccoli? Solo al sentire la parola “matematica” mentre sedevate al banco vi provocava un improvviso mal di pancia? Benvenuti nel club.
Per una serie di fortuite circostanze, il destino mi ha fatto incontrare alcune persone davvero speciali, professori perlopiù, ma di quelli che non si dimenticano. Ciascuna di queste persone, che si contano sulle dita di una mano, mi hanno fatto vedere la matematica per quello che è. Un gioco, come il baseball; un’arte, pari alla pittura; un’abilità, come suonare uno strumento. Una disciplina che per essere appresa necessita di tanto allenamento, e la giusta apertura mentale.
Ho impiegato molto tempo e altrettanta fatica per padroneggiare appieno aspetti apparentemente basilari che si celavano dietro ad un certo concetto. La matematica spaventa perché è astratta, ho sentito spesso dire. La realtà è che non sempre si viene introdotti a questa materia con il giusto approccio: fare matematica non è imparare formule a memoria e ripetere regolette a pappagallo. La matematica è un modo di pensare, un mondo solo apparentemente asettico e grigio che sotto la dura scorza esterna rivela un intero universo multicolore e multiforme, degno delle migliori scene di Doctor Strange.
Fino alla terza liceo ho avuto pesanti difficoltà in questa materia, non mi vergogno a dirvelo. Un “Non lo so” non deve mai essere motivo di scherno, è il punto di inizio per qualsiasi forma di conoscenza. Lacune, insicurezza, e professori pregressi non all’altezza non costituivano un bel background per la mia carriera scolastica. Figuriamoci poi il mio livello di motivazione: fossa delle Marianne. E per dirla tutta, quel pizzico abbondante di pigrizia, tipico degli studenti del biennio, contribuiva a fossilizzarmi nella mia inerzia.
Un’insegnante a me cara ci disse un giorno in classe: “Non bisogna preoccuparsi della matematica. Bisogna occuparsi di essa”. Sul momento non capii del tutto cosa intendeva, ma un giorno ebbi una sorta di illuminazione. Stavo eseguendo gli esercizi assegnati per compito, seduto alla mia scrivania in cameretta con la stessa gioia di un condannato a morte, rifacendo lo stesso conto che non mi veniva per la terza volta.
E accadde.
In quell’esercizio per un istante non vidi formule, simboli, numeri, no. Vidi un’idea. Un’idea che collegava tante altre idee in modo elegante e semplice. E quel groviglio algebrico mi parve d’un tratto una cosa bella.
“Non è poi così brutta” pensai. E non mi riferivo a quella frazione piena di x, y e altre cose strane, ma alla matematica in sé. Da quel momento iniziò un lento processo di rivalutazione dell’oscura materia tra momenti di alti e bassi: la scintilla della curiosità e della passione era ormai scoccata. Mi piace paragonare la matematica ad un gioco o al suonare uno strumento proprio perché il processo di apprendimento è davvero simile: devi imparare bene le regole, studiare a fondo la teoria, allenarsi facendo tanta pratica e non darsi mai per vinti davanti alle difficoltà.
In questo articolo vorrei condurvi per mano in una passeggiata tra i numeri, alla scoperta di uno strumento matematico che ci consente di contemplare e apprezzare il mondo che ci circonda: la notazione esponenziale.
Alt, non fatevi spaventare dal nome. Prima che passiate a leggere un altro articolo dell’editoriale di questo mese (cosa che in ogni caso vi consiglio di fare, una volta di ritorno dal nostro viaggio), vi posso tranquillizzare dicendovi che utilizzeremo della matematica molto semplice, alla portata di tutti, ma non per questo poco importante, anzi.
La notazione esponenziale non è altro che un modo estremamente comodo per scrivere numeri molto grandi, o molto piccoli.
Pensateci. Quando dovete scrivere in numeri “un milione” dovete disegnare un “uno” seguito da sei zeri. Che fatica: i matematici sono notoriamente pigri. La notazione esponenziale consente di esprimere questo numeraccio in modo estremamente semplice: 10 elevato a 6, 10^6, ovvero 1 seguito da 6 zeri. In questo caso il numero dieci prende il nome di base, il 6 si chiama esponente. E se volessimo scrivere 3 milioni? Basta moltiplicare per 3: 3×10^6.
Idem per i numeri molto piccoli: per scrivere un miliardesimo dovremmo scrivere zero, virgola, 8 zeri e un uno, ovvero spostarci di 9 posizioni decimali a destra dello zero. È molto più comodo scrivere 10^-9. Il segno meno dell’esponente sta proprio ad indicare che stiamo andando verso numeri sempre più piccoli.
Ogni volta che l’esponente aumenta o diminuisce di uno, vi ritroverete con una quantità 10 volte più grande o 10 volte più piccola, rispettivamente: questo numero infatti ci dice quante volte dovrete moltiplicare 10 per sé stesso per ottenere l’ordine di grandezza desiderato. Così, anziché ritrovarvi con 100, 1000, 10.000 avrete 10², 10³, 10^4 e così via.
Per la sua comodità e semplicità, la notazione esponenziale trova largo impiego in tutti i settori in cui i numeri c’entrino minimamente qualcosa: fisica, biologia, chimica, ingegneria etc. Insomma, tutti quegli ambiti di ricerca su cui si basa il mondo moderno: proprio per questo motivo viene anche detta “notazione scientifica”.
Il termine “ordine di grandezza” è un concetto tanto caro ai fisici: indica la potenza di dieci che meglio approssima un certo numero. Per esempio, l’ordine di grandezza dieci elevato a zero (10^0) metri, ovvero 1 metro, è quello tipico degli esseri umani, che in media sono alti circa un metro e qualcosa. In questa maniera possiamo usare gli ordini di grandezza per definire la scala dimensionale di un certo sistema: un campo da calcio sarà 10² m (100 metri), il Monte Bianco 10³ m (1000 metri).
Abbiamo dunque una chiave per intuire al volo le dimensioni e le proporzioni di qualsiasi oggetto misurabile dell’universo. Che dite, vi va di dare un’occhiata in giro?
Ora che ci siamo fatti questo tour dell’universo, tra il macro e il micro-cosmo, rimanete per un istante a riflettere su quanto dannatamente piccoli e insignificanti siamo rispetto alle scale di grandezza delle galassie, o quanto immensamente grandi risultiamo in confronto ad un atomo. Ed è solo grazie alla notazione esponenziale se siamo riusciti ad avere un sentore, un’idea approssimativa delle scale di grandezza del posto in cui viviamo: in ballo ci sono numeri con talmente tanti zeri che scritti per esteso non riusciremmo ad abbracciare con la nostra mente. I numeri, le incognite e i simboli che usiamo per rappresentarle sono tutte invenzioni umane; la matematica no.
Per questo non dovete avere paura: si tratta di un meraviglioso linguaggio universale che un giorno potrebbe rivelarsi l’unico strumento che avremo a disposizione per comunicare con esseri intelligenti di un altro pianeta. Ed è proprio questo il bello della matematica: può condurci oltre i nostri limitati sensi materiali ed estenderli oltre l’orizzonte, là dove spesso, a volte, non arriva nemmeno l’immaginazione.
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