Perché abbiamo bisogno degli Hobbit

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Perché abbiamo bisogno degli Hobbit

Ed ecco lì ora un piccolo Mezzuomo della Contea, un semplice Hobbit giunto dalla pacifica campagna, incaricato di trovare una via là dove i grandi non potevano passare.

La prima volta che ho aperto il Signore degli anelli e mi sono trovata davanti agli Hobbit, mi sono subito sentita a casa. Si sorride di fronte a un Hobbit perché ha i difetti ridicoli di un qualsiasi ridicolo essere umano. Si sorride perché in un fantasy ci si aspetta qualcuno di coraggioso, magari spavaldo, tutto d’un pezzo: e ci si trova di fronte a una creatura buffa ma straordinaria nella sua umanità – o meglio, nella sua hobbitness. È questo che fa la differenza, in fondo. Le grandi storie d’avventura con forti guerrieri, maghi potenti o mitologiche divinità hanno il loro fascino, e lo hanno avuto soprattutto in passato. Ma Tolkien capisce che non basta più l’epicità, la forza dei grandi eroi. Ci servono anche gli Hobbit, ora.

Siamo chiamati ad affrontare il Male: in realtà lo siamo costantemente, tutti i giorni, ma ci sono periodi in cui le battaglie diventano più numerose, la guerra più aspra. È proprio in questi periodi che dobbiamo ricordarci degli Hobbit.

Non c’è bisogno di chiamarli eroi: loro per primi non riescono a capacitarsi di trovarsi di fronte a cose così grandi e difficili da risolvere. Qualcosa di troppo grande per un semplice Hobbit. Eppure vanno avanti, anzi, caricano sulle spalle i loro doveri consapevoli che è il loro turno per lottare. Sono Hobbit dai pensieri a volte semplici, ma dal cuore grande.

Non siamo tutti eroi, ma questo non ci deresponsabilizza: tutti, nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza, e possiamo migliorare il mondo che viviamo. Forse con gesti che sembrano insignificanti, o con la sola gentilezza nei confronti degli altri. Non tutti partiremo all’avventura e saremo in prima linea a sconfiggere il male: ma poter aiutare chi si è trovato a combattere, essere pronti ad accogliere gli Hobbit in cerca di un rifugio, anche questo è fondamentale.

Quando mi sono resa conto che ne Lo Hobbit Bilbo non risolveva tutto da solo con una trovata delle sue, ci sono rimasta male. Mi aspettavo che scoprisse il modo per cambiare le carte in gioco, stravolgere le sorti di tutti in modo inaspettato. Ma Bilbo non fa tutto da solo, e questo è in realtà il messaggio più bello che potesse esserci.

“In fin dei conti, allora, le profezie delle vecchie canzoni si sono rivelate vere!” disse Bilbo. “Ma certo!” disse Gandalf. “E perché non avrebbero dovuto dimostrarsi vere? Dubiti forse delle profezie per aver contribuito tu stesso a farle avverare? Pensi che tutte le tue avventure e traversie si siano risolte per pura fortuna, perché solo tu ne traessi profitto? Sei una bravissima persona, signor Baggins, e io ti sono molto affezionato; ma in fondo sei solo una piccola creatura in un mondo tanto vasto!”
“Grazie al Cielo!” disse Bilbo ridendo, e gli porse la borsa del tabacco.

I grandi protagonisti non sono come noi: insomma, tutti siamo indiscutibilmente protagonisti della nostra stessa vita, ma nella Storia ci troviamo accanto a tanti altri come noi, e se i protagonisti sono tutti significa che non lo è nessuno. Bilbo ride di questa scoperta. La sua avventura l’ha fatta, e tornerà un po’ a godersi la contea.

Mi piace l’idea di un’umanità fatta di hobbit. Di piccole creature in un mondo tanto vasto che però cercano il bene per tutti. Mi piace l’idea che non siano eroi classici, ma che ci facciano sorridere delle loro stranezze, e che a volte commettano errori. Abbiamo bisogno di sapere che esistono eroi così, fragili, a volte inadatti, persone comuni che combattono contro il Male.

E vi saluto così, con una delle più meravigliose dichiarazioni di Sam, che mi fa piangere ogni volta. Lo dedico a tutti coloro che stanno combattendo: con il peso dell’anello addosso, in un campo di orchetti, o sulle spalle degli Ent.

“Nulla di tutto ciò che ci circonda mi piace,” disse Frodo “sasso o gradino, vento o macigno. Terra, aria, acqua paiono maledette. Ma questo è il nostro sentiero”.
“Sì, è così”, disse Sam.

“E noi non saremmo qui, se avessimo avuto le idee un po’ più chiare prima di partire. Ma suppongo che accada spesso. Penso agli atti coraggiosi delle antiche storie e canzoni, signor Frodo, quelle ch’io chiamavo avventure. Credevo che i meravigliosi protagonisti delle leggende partissero in cerca di esse, perché le desideravano, essendo cose entusiasmanti che interrompevano la monotonia della vita, uno svago, un divertimento.
Ma non accadeva così nei racconti veramente importanti, in quelli che rimangono nella mente. Improvvisamente la gente si trovava coinvolta, e quello, come dite voi, era il loro sentiero. Penso che anche essi come noi ebbero molte occasioni di tornare indietro, ma non lo fecero. E se lo avessero fatto, noi non lo sapremmo, perché sarebbero stati dimenticati. Noi sappiamo di coloro che proseguirono, e non tutti verso una fine felice, badate bene; o comunque non verso quella che i protagonisti di una storia chiamano una felice fine. Capite quel che intendo dire: tornare a casa e trovare tutto a posto, anche se un po’ cambiato…, come il vecchio signor Bilbo. Ma probabilmente non sono quelle le migliori storie da ascoltare, pur essendo le migliori da vivere.”

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