Barbussola

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Barbussola

È cominciato tutto con un fumetto abbandonato sulla scrivania di un amico, un po’ di sbieco. Una prima uscita. Il tratto molto interessante, graffiante e un po’ sporco, mi incuriosisce subito. Lo prendo e lo sfoglio, mi fermo su un paio di pagine a caso. Un uomo con una maschera a cappuccio, chiusa da una cerniera sulla bocca, squarta alcuni uomini usando una roncola, ad un certo punto si ferma, si china di fronte ad un animaletto nero e con vocina acuta e vezzosa, almeno così io me la immagino, dice: “un gattino!”.

Quelle due pagine contenevano tutto quello che mi piace trovare in letteratura! Un personaggio misterioso da scoprire, violenza e gattini. È stato amore a prima vista.

Appena in edicola ho recuperato UT e seguito la miniserie fino alla sua conclusione. Ammetto di aver impiegato qualche tempo a dare un volto agli autori. La copertina recitava Roi – Barbato. Per me Lei è stata la vera scoperta.

In seguito, spulciando in un mercatino alcuni albi di Dylan Dog, mi ritrovo gli stessi nomi, sulla fiducia seleziono proprio quelli fra i tanti. Ritrovo lo stesso tratto e la stessa penna e, per quanto gli occhi vengano accarezzati dal meraviglioso stile del disegnatore, l’amore va alle storie, va verso di Lei.

In libreria, nello stesso periodo vedo il suo nome campeggiare su un libro che mi inquieta al solo titolo: “Non ti faccio niente”. La povertà mi porta a lasciare la libreria per la biblioteca. Lo leggo in due giorni; due solo perché la prima notte non era risultata abbastanza lunga per finirlo. Credo di aver parlato di questo libro a chiunque mi abbia dato il tempo sufficiente per farlo!

Sempre più affascinata, faccio per la prima volta un gesto che poi avrei ripetuto per ogni autore mi avesse incuriosito… cerco Paola Barbato su Facebook e in generale su internet.

Recupero ogni suo libro, sempre in biblioteca, sempre causa povertà, chiudo la collezione di UT, e in un attimo di follia compro pure il cartonato “UT. L’inizio”. L’amico sopra citato mi presta “Davvero!” una sua serie che era difficile recuperare. All’uscita mensile di Dylan Dog controllo il nome degli autori e i suoi non me li faccio scappare.

È stato un po’ come conoscere una persona che ti piace da impazzire, così, a pelle, e creare una nuova amicizia.

Conosco così la Paola Barbato scrittrice, e tramite quell’ovattata finestra che è la sua pagina Facebook,  anche un po’ la donna. Con le sue fragilità i suoi amori e le sue passioni. Ogni sfumatura che scopro me la fa piacere di più.

Poi appare Lui.

Lei è una donna con occhi neri e profondi, una malinconia che aleggia fra le pagine e i ricci. Ogni tanto parla di questo curioso, a tratti buffo, personaggio, detto “il Bussola”. Pure lui scrive.

Capatina in biblioteca e già dal primo titolo il tono mi pare ben diverso da quello cui mi ero abituata: “Notti in bianco, baci a colazione”. Con tutta la buona volontà non trovo modo di leggere paura in queste due righe. Magari la copertina, comprendente una bimba, poteva provocare un brivido lungo la schiena a qualcuno allergico all’idea di figliare, ma era un po’ forzata come interpretazione.

Comincio a leggere. Il tono di voce che userei per descrivere i racconti all’interno di quel libro sarebbe, più o meno, quello immaginato per la sopracitata battuta: “un gattino!”. Mi sciolgo in tanta tenerezza e inizio a seguire anche Matteo Bussola.

Una strana coppia non vi pare? Una scrittrice di thriller psicologici e uno scrittore che parla d’amore famigliare. Non so voi, ma già così avevano la mia attenzione. Adoro i contrasti.

In qualche modo mi sono ritrovata tra le mani un terzo filone letterario che riguardava questa coppia. La loro storia. Quello che emergeva un po’ dai racconti di lui, ma ancora di più quella che c’era nelle parole delle interviste, nei post social sulla loro quotidianità, negli sguardi che hanno nelle loro foto, con tutto quello che mi pare di poterci leggere.

Seguendoli sulle rispettive pagine mi sono crogiolata nella dolce sensazione di conoscerli un po’. Potendo spiare in qualche modo le loro vite, oltre l’autore, scorgendo la persona che c’è dietro. Una onestissima e limpida corrispondenza fra opera e autore me li ha fatti amare entrambi, ancora di più. Due persone all’apparenza diverse. Ciascuna con le proprie inquietudini e fragilità. Due persone che si sono incontrate. E che hanno trovato un nuovo equilibrio insieme. Con i loro tempi. Con la loro idea di felicità.

La lettrice che è in me è stata appagata dall’incontro con le opere. Mentre la persona che sono si è sentita rassicurata dalla loro storia.  In qualche modo entrambi hanno sperato, pazientato, lavorato sodo e ora sembrano felici. Continuano a sperare, pazientare e lavorare sodo, ma hanno trovato forse un po’ se stessi, un po’ si sono trovati l’un l’altra.

Per quanto uno in fondo ai propri occhi neri nasconda un pozzo di solitudine e malinconia può farcela, può essere felice. Per quanto uno rischi un lavoro sicuro e invidiabile per buttarsi nel vuoto e seguire la propria passione può riuscire a farcela e essere felice.

Vedere che può davvero arrivare questa felicità è stata una liberazione. Una liberazione da quell’ansia di realizzarsi con i tempi e i modi imposti da altri. Una liberazione per la nuova consapevolezza che si può scegliere, aspettare i propri tempi e le proprie modalità, per essere felici.

Alla porta dei trenta è stato un incontro salvifico in qualche modo. Cominciato con un albo abbandonato distrattamente su una scrivania.

Chiudo queste poche sciocche righe con il cuore in gola, come arrivata alla fine di una lettera d’amore, al momento di dichiararmi. In qualche modo devo un po’ della mia attuale tranquillità all’incontro con queste due persone. Un dolce incontro a senso unico, come vuole il destino di una lettrice.

Ci sono libri che salvano. Autori che lo fanno. Questo articolo è per ringraziare Paola Barbato e Matteo Bussola, per il loro lavoro, certo. Ma anche, e soprattutto, per essersi condivisi con persone che non conoscono. Per essersi indirettamente donati un po’ anche a me. Per avermi fatta sentire meno sola. Perché ora so, che un giorno, tutto andrà bene e che in fondo, con pazienza e duro lavoro, si può essere felici.

Grazie.

G.

 

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