Romance is dead?
“E al momento, come puoi vedere, noi appariamo per recitare la parte di persone che attendono l’inizio di un gran spettacolo…”
E con queste parole che comincia l’adattamento del Cyrano De Bergerac di Martin Crimp, sceneggiatore e drammaturgo inglese che ne sa una più del diavolo, nella quale il ruolo del poeta guascone più famoso del mondo viene affidato niente meno che da James McAvoy. Io e il buon Alessandro Felisi siamo andati a vederlo a Londra lo scorso gennaio, nel meraviglioso Playhouse Theatre situato nel West End. ( Del viaggio Londinese ve ne parleremo il prossimo mese.)
Non voglio dilungarmi troppo nel raccontare una storia che ho già avuto modo di sviscerare in ogni salsa, esiste un giorno apposito in cui poterlo fare e ahimè, è ben lontano. Vi posso solo dire che in questo adattamento diretto da Jamie Lloyd sono tutti vestiti in stile anni ’00, i microfoni prendono il posto delle spade e delle lettere, Rossana è un’universitaria di colore e Cyrano un artista di strada che combatte con i versi, come fosse un coraggioso rapper dei sobborghi londinesi…ed è incredibilmente magnifico. Uno degli adattamenti più belli mai scritti e portati in scena a memoria d’uomo, con un James McAvoy potente e carismatico che trascina un cast immenso e pieno di attori dal talento quasi ultraterreno.
Stop, fine della recensione. Perché adesso vorrei parlarvi di un altro argomento, qualcosa che è legato a doppio filo a questo adattamento o, più nello specifico,a questo spettacolo: ovvero il romanticismo e la sua presunta morte.
Ultimamente è difficile sentir parlare di vero romanticismo. Lasciate perdere i post con filtro colorato di Facebook o le frasi smielate messe sotto le foto soft porno caricate su Instagram da modelle succinte, non parlo di quello. Parlo delle lettere d’amore scritte a mano e inviate alla persona amata, delle poesie scritte di getto pensando al volto che rivediamo ogni notte prima di andare a dormire e che ci saluta quando ci svegliamo, della canzone che ascoltiamo incessantemente perché ci ricorda lei/lui. Il groppo in gola che si crea non appena ce la ritroviamo davanti, la voglia di attirare la sua attenzione con gesti e prodezze ispirate dalla tocco di Eros…questo è romanticismo. Ma tutto questo è stato soppiantato, dimenticato, messo da parte. Troppo smielato, finto per molti. Si preferisce il piacere fisico semplice e diretto, senza sforzi. Preferiamo il corpo all’anima, il godimento momentaneo all’unione vera e propria.
Ma perché? Perché ci risulta così difficile dire “Ti amo”? Perché abbiamo abbandonato il romanticismo fatto di parole e versi in favore di un approccio più glaciale e sbrigativo?
Semplice: perché abbiamo paura.
Non diamo la colpa ai social o alle nuove tecnologie: esse ci permettono di poter arrivare direttamente alla fonte del nostro amore, semplifica il romanticismo ma non lo snatura, perché è pur sempre uno strumento che veicola la nostra vena creativa. Siamo noi il problema, la nostra paura di aprirci ed essere romantici ci fa nascondere dietro quello strumento tecnologico e ci mantiene in una confort zone senza rischiare di soffrire. Perché è questo che ci terrorizza: la sofferenza che nasce dall’amore. La paura di essere rifiutati dopo un buon corteggiamento , forse per un aspetto fisico non al top o per passioni differenti o peggio, perché si pensa di non essere all’altezza. Ma anche la sofferenza di essere lasciati, abbandonati dopo aver mostrato i nostri sentimenti e la parte più vulnerabile di noi. Troppo da sopportare.
Quindi preferiamo nasconderci, reprimerci, mentire…meglio questo che sopportare il dolore del rifiuto, dell’abbandono. Siamo tutti un po’ Cristiano, troppo impauriti per esprimerci come realmente sappiamo fare, fuggendo dal primo poeta di turno per farci prestare la voce e l’eloquenza, a volte anche il volto, quando siamo insoddisfatti di esso. Un poeta che ha le sembianze di una scatola cibernetica che può fare tutto, ma che uccide il romanticismo con i suoi inganni. Inganni che noi produciamo attraverso di lui.
L’amore è dolore e sofferenza, questo lo sappiamo tutti. Ma siamo davvero sicuri di voler vivere una vita senza di esso? Di nasconderci dall’amore ed evitare così di poter godere dell’affetto e del calore della persona che ci fa battere il cuore? Io credo di no. A volte bisogna saper rischiare, non vergognarsi di essere smielati o melensi e dar fondo a tutto il romanticismo che abbiamo nell’animo. Non c’è bisogno per forza di scrivere versi romantici o poesie articolate, bastano solo poche parole dette con coraggio e passione. Basta poter andare sotto il balcone della persona amata, senza vergognarsi di un naso deforme o di una povera dialettica, e parlare direttamente all’amore, senza nessun timore a frenare la lingua. Se incontreremo un rifiuto, si può sopravvivere, con un po’ di coraggio in più nell’animo e senza alcun rimpianto. Se invece, questo gesto romantico colpisce il segno e l’amore viene corrisposto, preparatevi a un meraviglioso corteggiamento a due, lungo una vita intera…
Il romanticismo non è morto. Magari un giorno riusciremo a capirlo, sperando che non sia troppo tardi.
Attore Novizio al vostro servizio!
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