Il volto nascosto delle donne
La violenza ha vari volti e molte sfumature.
Può essere fisica, tra lividi visibili e nascosti, ma può essere anche mentale e spesso lascia ferite con conseguenze peggiori di un occhio gonfio o di un braccio rotto.
Nel Giappone antico
Tra i tanti paradossi della cultura giapponese uno dei più grandi e laceranti è quello della figura della donna nella società. Dalla nostra parte dell’oceano è sempre parso che la donna giapponese fosse gentile, graziosa e remissiva, senza un ruolo troppo importante nel grande gioco che è la società contemporanea. Eppure la divinità principale del pantheon shintoista, sebbene asessuata, ha fattezze femminili. Oppure fino ad un certo punto nella storia, in cui poi la politica ha preso il sopravvento, anche le donne potevano assurgere alla posizione di imperatrici regnanti, senza per forza essere mogli di mariti potenti.
E, nonostante questo, si è arrivati ad un punto in cui non avevano neanche la possibilità di studiare, perché non ritenute degne.
Eppure il romanzo più importante della cultura letteraria giapponese, il primo, il grande classico, è stato scritto niente meno che da una cortigiana: Murasaki Shikibu, che in teoria non avrebbe neanche dovuto saper scrivere.
Nel Giappone moderno
La donna è stata reclusa in casa, vessata da mariti frustrati e da suocere avvelenate. Compito del figlio maggiore era infatti prendersi cura dei genitori una volta che questi necessitavano assistenza in più, per questo andavano a vivere con il primogenito e la nuora… Ma nonostante il gran gesto amorevole che apparentemente ognuno di loro faceva, in realtà erano le loro mogli, che legami di sangue non avevano coi suoceri, a sobbarcarsi tutto il lavoro in più.
Parlo di lavoro perché si tramutavano in infermiere, accompagnatrici, quasi serve, per i genitori del marito, e la maggior parte delle volte non ricevevano in cambio nemmeno un po’ di affetto, solo ordini e insulti.
Per lungo tempo non è stato diritto della donna quello di poter chiedere il divorzio; qualsiasi fossero le condizioni della vita di coppia, erano destinate a non aver pace né via di fuga da un matrimonio infernale. Per non parlare poi del fatto che se una ragazza non si sposava entro i 24 anni, fino a poco tempo fa, era considerata una zitella, merce andata a male. Ma dalla vita coniugale si otteneva l’obbligo sociale a lasciare il lavoro per occuparsi esclusivamente della casa e del marito.

Photographer: Kiyoshi Ota/Bloomberg
E se qualcuna di loro avesse avuto qualche tipo di aspirazione… Beh poteva ben dimenticarsela.
Nel Giappone contemporaneo
Ed ora? Ora, come in molte parti del mondo, la donna combatte per avere il suo posto nella società. Lo fa, purtroppo, in una maniera non troppo incisiva.
Un mondo di sacrificio e di desideri repressi. Una vita di potenziali insulti e di lavoro non è riconosciuto e per nulla gratificante. Essere comunque sempre considerata inferiore, impura, e dover cercare delle scappatoie nascoste, senza potersi muovere liberamente alla luce del sole. Anche questa è violenza, una violenza che generazioni di donne hanno dovuto sopportare in silenzio. Molte ne sono state piegate, altre segnate per sempre. Le ferite non sono solo quelle che si vedono ad occhio nudo.
Love, Monigiri
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