Scenderemo negli Abissi d’Acciaio?
Androidi, replicanti, robot. La questione delle intelligenze artificiali ha permeato decenni di libri, film e fumetti.
“Non siamo capaci di costruire un robot con il senso della bellezza, dell’etica o della religione. Non c’è modo di elevare il cervello positronico di un centimetro sopra il perfetto materialismo”
Così dichiara Elijah Baley, il protagonista di “Abissi d’acciaio”, di Isaac Asimov.
Lo sventurato detective Bailey deve indagare su un omicidio insieme a ciò che disprezza di più, un robot. Il più avanzato, per la precisione: R. Daneel Olivaw, R sta per robot.
Bailey è tra i non pochi terrestri convinti che i robot siano un pericolo, macchine neanche lontanamente umane che sostituiscono le persone ormai in ogni tipo di lavoro.
Più forti, più veloci, una memoria fotografica, non hanno bisogno di mangiare o di dormire. L’efficienza all’ennesima potenza.
Il nostro detective si convince che Daneel, o un qualunque robot, non potrebbe mai sostituire un umano, nonostante la loro perfezione meccanica, perché relegati in una mente programmata e matematica; appunto, materialistica.

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Lo stesso Baley che vive in una megalopoli sovrappopolata e chiusa, che ha paura della luce del sole, in cui per sopravvivere la società si è adattata a uno stile di vita prettamente industriale e utilitaristico. Ogni individuo è tenuto a svolgere precisi compiti, come un ingranaggio, come un algoritmo, un algoritmo matematico. Le risorse diminuiscono, le persone fuori dallo schema vengono emarginate per necessità, per mantenere l’efficienza.
La stessa società che considera i robot mere equazioni, senza i concetti di bellezza, etica o giustizia.
I robot non li raggiungeranno mai, è vero, perché non è necessario, perché forse sono stati gli umani a raggiungere i robot.
Questo è ciò che Isaac Asimov aveva teorizzato più di cinquant’anni fa, ma siamo davvero così lontani da questo futuro? Non così tanto come possiamo immaginare.
L’utilizzo di robot all’interno delle catene di montaggio è realtà da molti anni a questa parte, ma ciò che ci sta avvicinando sempre di più a questo futuro è l’avvento della cibernetica attraverso l’industria 4.0.
L’industria 4.0 si pone al centro di una nuova rivoluzione industriale dove la tecnologia prende il centro del sistema produttivo grazie a tre parti distinte: produzione, energia e infrastruttura.
La fase di produzione si pone l’obiettivo di integrare le tecnologie creando più collaborazione, a volte arrivando alla codipendenza tra operatore, macchina e strumento.
L’energia riguarda la riduzione dei consumi, creando nuovi sistemi produttivi, possibilmente utilizzando le energie rinnovabili. Uno scopo nobile, ma spesso in contrasto con alcuni proprietari d’azienda.
La parte riguardante le infrastrutture ha lo scopo di collegare le aziende in maniera più coesa attraverso nuovi, e più performanti, sistemi informatici.
Tutto ciò è possibile grazie ai CPS (Cyber-physical system) o sistemi cyberfisici. Queste unità utilizzano dei dispositivi integrati con determinate capacità computazionali, in grado di comunicare dati all’operatore e a un server di controllo.
In Italia questi sistemi vengono gradualmente impiegati dalle grandi industrie stimolando un grande dibattito. Non solo su quali migliorie l’industria 4.0 porterà, anche il nuovo ruolo dell’operatore e le capacità di controllo sull’operato.

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Nello scenario peggiore, è l’operatore che diviene la macchina, relegata a un compito specifico, senza capacità decisionali e di intervento. Questo eventuale futuro, decisamente distopico, potrebbe portare alla totale e completa uniformità di pensiero e comportamento delle persone, facendo così diventare oscuro ciò che oggi dovrebbe portarci a un futuro più sicuro.
Il grande problema sul controllo è connesso al ruolo stesso dell’operatore, questo perché avendo accesso in tempo reale ai dati di produzione alcuni datori di lavoro potrebbero sfruttare queste informazioni per punirli.
Il caso dei braccialetti di Amazon dello scorso anno è, ancora oggi, l’esempio più emblematico di come queste nuove tecnologie siano utili, ma devono essere utilizzate lasciando la giusta dose di libertà al lavoratore.
L’incremento della tecnologia sul luogo di lavoro è giusto, ma deve essere regolamentato in maniera corretta, portando meno sforzi fisici e più sicurezza all’operatore.
[Redatto da Guglielmo Sudati e Davide “Dino” Viola]
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