In memoria delle sorelle Mirabal
Correva l’anno 1960. La Repubblica Dominicana era nel pieno della dittatura di Rafael Leónidas Trujillo. Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal erano tre sorelle di gran cultura e di forza d’animo che si erano viste privare dei loro beni, prima nazionalizzati e in seguito incamerati direttamente nei beni privati del dittatore. Le donne quindi, con i rispettivi mariti, si unirono al SIM (Servico de Inteligencia Militar), il movimento di ribelli che voleva porre fine alla dittatura. Incarcerate, poi rilasciate, furono vittima di un assalto armato mentre erano in auto per andare a far visita ai propri mariti, ancora detenuti.
Era il 25 novembre 1960. Di lì a poco, anche grazie allo sdegno dell’opinione pubblica, il movimento di rivoltosi riuscì nel proprio intento, mettendo fine alla dittatura di Trujillo, assassinato l’anno seguente. Nel 1980 in Colombia, in occasione del primo Incontro Internazionale Femminista, la Repubblica Dominicana propose la data del 25 novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne in onore alle tre sorelle Mirabal. Nel 1998 l’assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò all’unanimità l’internazionalizzazione della commemorazione di questa data. La scelta della data non è quindi casuale, ma è legata alla memoria delle tre sorelle Mirabal, considerate esempio di donne forti e rivoluzionarie. Al giorno d’oggi dovrebbe fare strano parlare di violenza, specialmente se a carico di donne. Alle porte del 2020, con tutte le innovazioni, le scoperte e le capacità che la razza umana possiede, il mondo dovrebbe essere un posto idilliaco e governato dalla pace, un po’ come traspare dai Golden Record che sono in viaggio a bordo delle sonde Voyager 1 e 2, la seconda tornata recentemente agli onori della cronaca per aver lasciato l’eliosfera, uscendo, di fatto, dal Sistema Solare inteso in senso stretto. Se una razza aliena dovesse intercettare e decifrare i messaggi che gli abbiamo lasciato, i nostri lontani vicini di casa immaginerebbero una società che vive in pace e tranquillità, tra le risate di un bambino e il bacio di una madre.
La realtà è stata e continua ad essere ben diversa. Secondo gli ultimi dati ISTAT relativi al primo trimestre del 2019, quasi 7 milioni di donne italiane dai 16 ai 70 anni hanno subito almeno una volta nella vita una forma di violenza. Il carnefice, in molti casi, è la persona che ha giurato loro amore eterno: su una cifra di 3 milioni di donne, la violenza è avvenuta nel 5,2% dei casi dall’attuale partner e nel 18,9% dei casi da un ex. Seguono poi colleghi di lavoro nel 2,5% dei casi, parenti nel 2,6%, amici nel 3% e conoscenti nel 6,3% dei casi. Non solo violenza sessuale: minacce (12,3%), spintonate (11,5%), schiaffi, calci e morsi (7,3%), contusioni per mezzo di oggetti (6,1%) sono solo alcuni dei modi in cui si può manifestare una violenza. Niente favolette da raccontare a fantomatiche razze aliene. L’essere umano è violento. Può essere un’affermazione difficile da digerire, ma bisogna prendere consapevolezza che, nonostante la sensibilizzazione a riguardo e una nutrita fetta di popolazione che sta cercando di fare il possibile per salvare quel poco di buono che ci resta e migliorare le condizioni di vita di un pianeta sull’orlo della distruzione, attualmente viviamo in tempi bui. Un secondo medioevo che colpisce tutti in ugual modo e che ci mette faccia a faccia con i limiti della società odierna.
Uno dei limiti principali con cui dobbiamo convivere quotidianamente è quello secondo cui solo le donne possono essere vittima di violenza. La violenza contro gli uomini esiste ed è un problema che fa affrontato. Nonostante sia indubbio che il sesso più soggetto a forme di violenza sia quello femminile, una recente indagine dell’ISTAT fa luce anche sulla controparte meno nota. Sono 3 milioni 574 mila gli uomini che hanno subito almeno una volta nella vita molestie a sfondo sessuale. 1 milione 274 mila con riferimento al periodo 2015-2016.
L’ISTAT, comunque, specifica che «gli autori delle molestie a sfondo sessuale risultano in larga prevalenza uomini: lo sono per il 97% delle vittime donne e per l’85,4% delle vittime uomini». Questi dati, ad una lettura superficiale, porterebbero alla banale conclusione che il genere maschile è malato, violento, facinoroso. Tutte cose che possono tranquillamente essere vere (e i dati statistici e la cronaca ce lo confermano, purtroppo, quasi quotidianamente), ma si tende sempre a sottovalutare l’altro lato della medaglia. Se è vero che quasi 7 milioni circa di uomini si sono dimostrati violenti, è altrettanto vero che oltre 3 milioni di uomini sono stati, invece, vittima. Il problema principale, in questo caso, sembra essere che la violenza contro gli uomini viene percepita come un tabù sociale, anche a causa dello stereotipo del “sesso forte”. L’uomo sembra essere sovrarappresentato come carnefice con la società che sembra essere decisamente sbilanciata verso la componente femminile.
Molto banalmente, e senza volontà di generalizzare, ma desiderosi di voler fare un esempio di facile comprensione, vogliamo analizzare la medesima situazione vista dai due opposti. Immaginiamo una coppia, ipotizziamo un litigio, pensiamo alla più tragica delle conclusioni. In verità non c’è nemmeno molto da immaginare, visto che notizie del genere ci arrivano molto più frequentemente di quanto vorremmo. Se la vittima è la donna, il partener viene subito additato come violento, instabile, pericoloso. Se la vittima è l’uomo, non è raro trovarsi davanti a commenti secondo i quali “se l’è cercata lui”, in quanto violento, instabile, pericoloso. Adottare due pesi e due misure è sempre stato sbagliato, ma in questo caso il peso sembra essere solo uno, completamente sbilanciato verso un lato della bilancia. Bisogna ricordarsi che, come già detto, l’essere umano è violento, non solo il maschio o la femmina, tutto il genere umano è intriso di una malignità e di una violenza che trascende l’anatomia. Può sembrare un discorso pessimista ed estemporaneo, dettato da chissà quali ideali e pensieri, ma basta guardare fuori dalla finestra, nel televisore o su una pagina web per rendersi conto che siamo quanto mai prossimi al punto di non ritorno. L’orologio dell’apocalisse segna due minuti a mezzanotte. È davvero il caso di perdersi in inutili gare a chi è più violento?
Non vogliamo iniziare una crociata contro il femminismo, lungi da noi stare a criticare un fenomeno che ha fatto tanto e che continua a fare quello è che è necessario per liberare il genere femminile da “catene” anacronistiche e del tutto superare, frutto di pensieri retrogradi e ormai ampiamente superati in un mondo civilizzato e che vive nel presente. Ci teniamo solo a far presente che la violenza di genere non solo esiste ma è un problema che affligge tutti i generi e che va affrontato, discusso e superato senza guardare al sesso degli attori coinvolti.
Lo dobbiamo a Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, a tutte le donne e gli uomini vittima di violenza, ai nostri figli ai quali abbiamo l’obbligo morale di lasciare un pianeta a misura dei loro sogni e, perché no, anche alla razza aliena che un giorno potrebbe venire a contatto con i nostri Golden Records. Affinché l’idea che abbiamo lasciato di noi possa corrispondere al vero.
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