Frozen 2 e la magia del crescere
Ogni volta che c’è un’anteprima a Milano in redazione parte sempre la gara al primo che risponde o all’ultimo che si tira indietro. Questa volta l’ultima a chiamare “io no” sono stata io con Frozen 2. Non fraintendetemi, andare alle anteprime mi piace e Frozen è un mio guilty pleasure segreto, e neanche troppo nascosto. E allora? Allora ero scettica perché tutti i sequel ci rendono scettici, è l’esperienza a farci avanzare protetti, invece di farci prendere a schiaffi in faccia da un “2”.
Abbassando un po’ la guardia, si nota subito che Frozen 2 è un film che gioca con la semplicità: inserisce elementi chiave facilmente intuibili, anche se subito emergono più livelli di comprensione, tali da far abbassare ulteriormente lo scudo. Nel primo capitolo della saga ci sono tante questioni in sospeso o non spiegate, che vengono apprezzate proprio per il gusto della magia che portano con loro, facendo sgranare gli occhi ai bambini e sospirare i più grandi. Il secondo capitolo si presenta più maturo dall’inizio, e lo dimostra attraverso tante chicche e citazioni, anche in quei momenti necessariamente legati all’intrattenimento dei più piccoli.
Partiamo dalle canzoni, ovviamente avendo sentito solo la versione italiana non posso esprimermi in senso assoluto, ma quello che trasmettono è una profondità maggiore, i temi sono più seri, fin dalle prime scene le tematiche sono più adulte, nonostante si parta dalla storia delle due principesse Elsa e Anna ancora bambine. Il problema è la ridondanza di alcuni testi, ma non so se per colpa dell’originale o dell’adattamento, mentre quello che potrebbe essere un guaio, o una salvezza per le nostre orecchie, è che non esiste una vera erede di “Let it Go”. Il tema ricorrente è dato da una voce che Elsa continua a sentire, come una sirena che la richiama lontana da Arendelle… ebbene il canto ipnotico della creatura rimane più in testa di ogni altro brano, e man mano la voce di Elsa include nelle sue canzoni anche questo suono ipnotico, in un mix che potrebbe diventare un nuovo tormentone, ma senza dubbio senza avere il primo impatto alla “Let it go”. Perfino la canzone più brutta, un assolo di Kristoff insieme a Sven, in uno stacchetto in stile boyband da far venire la nausea, strizza l’occhio all’adulto con palesi citazioni dai Queen, per esempio.
E sono proprio le varie soluzioni registiche come questa, i colori e la fotografia, ciò che ho trovato più apprezzabile del film. Tutto molto cupo, oscuro e a tratti un po’ spaventoso per un bambino magari, ma con una ricerca artistica che non lascia indifferenti, anche se il tutto è condito da una storia piuttosto banale e prevedibile.
Abbiamo molti ingredienti gustosi: il legame tra sorelle, il rapporto tra uomo e natura, gli elementi… tutte cose poetiche e belle e quantomai importanti in quest’epoca. La volontà di avvicinare i bambini a questi temi si esprime con efficace delicatezza e con molta empatia, ma il costante occhiolino all’adulto fa fare un passo in più a questo film rispetto alla sua prima parte.
In ultimo, il tasto dolente: Olaf. Perché lo scemo del villaggio e mascotte deve sempre esserci, anzi, c’è un lieve abuso di mascotte forse in questo episodio, con un po’ troppi personaggi “carini” ma la buona notizia è che ognuno con una funzione diversa. Ed è qui che Olaf si salva, perché questa volta, serve. Sta crescendo, sta invecchiando, perché ora è “perenne” e non si capacita di tutti i cambiamenti costanti che deve affrontare ogni giorno. Uno dei motivi conduttori della storia è anche questo, il cambiamento, e lui è il punto di raccordo tra adulti e bambini, in una serie di riflessioni leggere e profonde, su come si vedono diversamente le cose da piccoli e poi da grandi, il tutto unito da un filo di stupore e magia che permeano la pellicola da inizio a fine.
Quindi abbassate pure la guardia: Frozen 2 è un film magico in grado di sciogliervi il cuore.
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