Una tipica lezione sull’Area 51

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Una tipica lezione sull’Area 51

La porta del bunker viene divelta da un’esplosione immane. Tra la polvere e il fumo che aleggiano si delineano delle sagome dalle fattezze umanoidi, i cui tratti vengono rischiarati dal bagliore rossastro delle fiamme. Eppure, dalla statura e dalle proporzioni di arti e testa si capisce perfettamente che di umano queste creature hanno ben poco. Avanzano con decisione sul terreno sabbioso in direzione della lunghissima pista di atterraggio della base, come se sapessero esattamente cosa fare. Era da quella notte infernale del 1947 a Roswell che non assaporavano la libertà. Ben 72 anni trascorsi nei livelli sotterranei di quella base militare segreta. Anni passati in stato di semi-incoscienza immersi nelle vasche di sospensione, punzecchiati di tanto in tanto da sonde, aghi, bisturi. Aspettando. Attendendo con pazienza un momento di debolezza degli scienziati umani, una distrazione dei militari. E finalmente la loro occasione era arrivata, quando quel giorno di Settembre del 2019 una marmaglia disorganizzata di fanatici, qualche migliaio di persone, avevano invaso il perimetro di sicurezza dell’area. La sicurezza nei laboratori era minima, con soldati e guardie a difendere gli ingressi della base. E dopo 72 anni di paziente riposo le tre entità erano più cariche che mai.

Il professor O’Connor fermò il filmato per passare alla successiva slide.

<<Bene, lo spezzone che abbiamo visto non è altro che un’opera di fantasia ispirata da quello che probabilmente fu il più grande fiasco di un evento organizzato su Facebook. Era il 20 Settembre 2019, bene o male c’eravamo tutti.>> Il professore rivolse un sorriso a 180 gradi sul pubblico, mentre si sistemava gli occhiali sul naso. <<Il film da cui è tratto è entrato di diritto tra i colossal di fantascienza alla pari di Independence Day, ma oggi non siamo qui per parlare di cinema>> disse, accennando una risata ironica. <<Cosa c’è di vero sull’area 51? Era davvero la sede di strani test su velivoli provenienti da un altro mondo ed esperimenti su creature extraterrestri? Beh, dopo la chiusura definitiva delle installazioni, qualche anno fa, molti dei fascicoli a riguardo sono stati declassificati e resi pubblici, e vi possiamo assicurare che nulla di tutto questo corrisponde a verità. I documenti affermano che l’Area 51 serviva per lo sviluppo e i test di apparecchiature militari e aerospaziali tecnologicamente all’avanguardia!>>

O’ Connor fece una pausa per bere un sorso d’acqua, ma prima di riprendere la spiegazione il suo sguardo notò la mano alzata di un giovane ragazzo, vestito con una sobria camicia da cui spiccava una spilletta scintillante dell’Air Force. Un sorriso eccitato impreziosiva il suo volto.
Il professore gli concesse la parola.

<<Professore, è vero che tramite le ricerche dell’Area 51 sono stati creati gli aerei da ricognizione “Blackbird” SR-71, “Nighthawk” F-117 e anche l’Aurora, uno dei aerei stealth più veloci al mondo?>>

<<Esattamente giovanotto: dai fascicoli declassificati sono emersi i dettagli della creazione di questi aerei, incredibilmente veloci e adatti per la raccolta d’informazioni. E non solo! Queste opere di ingegneria aeronautica hanno profondamente influenzato lo sviluppo di nuovi e sempre più sofisticati aerei spia che tutt’oggi vengono utilizzati nell’esercito statunitense.>>

Il sorriso del giovane appassionato si allargò sempre di più.

<<Allora possiamo dire che lo sviluppo aeronautico nel periodo della Guerra Fredda sia in qualche mondo attribuibile alle ricerche effettuate nell’Area 51?>>

<<Senza alcun dubbio. Ed è proprio in questo contesto che troviamo una delle spiegazioni alla sua segretezza: era fondamentale che nessuno sapesse dell’Area 51 e delle sue attività allo scopo di proteggere le ricerche effettuate durante la Guerra Fredda, periodo in cui la fuga di informazioni confidenziali costituiva una minaccia per la sicurezza nazionale. E proprio per questo motivo il governo ha ammesso l’esistenza stessa della base solo molti anni dopo la fine della Guerra.>>

Il giovane appassionato tornò a sedere soddisfatto, ringraziando calorosamente il professore. Ma O’Connor non ebbe tempo di ricominciare che un altro ragazzo alzò la mano. Il professore capì subito con chi stava per aver a che fare: il ragazzo era un mingherlino pallido e smunto con una maglietta tre volte più grande di lui, sulla quale era stampata una frase che era ormai divenuta di uso comune in tutto il mondo: “I Want To Believe”.

<<Professore, mi scusi, ma non crede di essere saltato alle conclusioni troppo in fretta?>>

Il professore si sistemò gli occhiali con un cipiglio vagamente infastidito. <<Prego? In che senso?>>

<<Non crede che magari il governo abbia intenzionalmente reso pubblici quei fascicoli proprio allo scopo di nascondere il vero motivo per cui l’Area 51 è stata costruita, ossia contenere i resti di un’astronave aliena e il suo equipaggio?>>

<<Oh, andiamo. Ma non ha ascoltato tutto quello che ho detto finora? Non ci sono prove al riguardo di tale teoria… Forse lei ha guardato troppe puntate di X-files…>> Ma il giovane complottista non lo fece andare avanti.

<<Invece sì, abbiamo le prove: dalle immagini satellitari si può notare, vicino alle istallazioni dall’Area 51, una pista lunga circa 3775 m con un prolungamento asfaltato rettilineo che porta la lunghezza totale della pista all’eccezionale valore di circa 7 km, che attraversa il lago Groom e vari hangar, caserme, laboratori, uffici… Il tutto circondato da chilometri di dune desertiche disseminate da telecamere nascoste e sensori di movimento. Per non parlare delle pattuglie armate che fanno la ronda a bordo di jeep mimetiche ed elicotteri. Mi spiega perché vi era bisogno di una struttura simile, e con un tale livello di sorveglianza, se non per lo studio e la ricerca sugli extraterrestri?>>

<<La motivazione l’ho spiegata prima, giovanotto: per i test sui velivoli da ricognizione occorreva uno spazio molto vasto per le prove di volo…>>
Altra interruzione: <<Già, a proposito dei velivoli messi a punto nell’Area 51: com’è possibile che in quegli anni sia stato possibile creare degli aerei così potenti e tecnologicamente avanzati, quasi dal nulla? Non è forse possibile che siano riusciti a costruirli sfruttando la tecnologia aliena che tengono segreta agli occhi dell’umanità?>>

il professore cominciò a spazientirsi. <<Non è forse possibile che invece ci siamo arrivati con i nostri sforzi, con il nostro ingegno, e con l’utilizzo delle risorse tecnologiche fornite dalle ricerche di brillanti scienziati e ingegneri? Certo, è molto più facile inventare favolette su un’astronave aliena caduta anni fa e frettolosamente nascosta chissà dove, vero?>>

Il giovane complottista accusò il colpo, ma incalzò: << Beh, allora l’incidente di Roswell? Vuole forse negare la testimonzianza di un’intera cittadina che vide precipitare un UFO dal cielo durante un violento temporale? E i testimoni che videro gli ufficiali americani prelevare dai rottami corpi di provenienza extraterrestre?>>

O’ Connor si tolse gli occhiali: <<Vi sono prove tangibili che l’oggetto caduto a Roswell il 2 Luglio 1947 fosse un pallone sonda, denominato Mogul n°4, che faceva parte di un progetto governativo per rivelare le esplosioni nucleari derivanti da eventuali test sovietici. Mentre i “corpi di provenienza extraterrestre” non erano altro che manichini antropomorfi utilizzati nei progetti militari>> O’Connor concluse: <<Ha qualche domanda seria da fare oppure posso continuare la lezione?>>

 

Il giovane complottista si mise seduto scuotendo la testa, imbronciato. O’Connor continuò la sua conferenza mostrando le sue diapositive al resto della classe. Durante lo scorrere delle immagini e le relative spiegazioni, ad un certo punto il professore notò un bambino seduto in prima fila che osservava silenzioso ma sorridente tutte le immagini proiettate. La sua testa era piena di riccioli biondi, aveva la carnagione pallida di qualcuno che non vedeva la luce del sole da mesi. L’iride dei suoi occhi era incredibilmente scura, quasi a fondersi con il nero della pupilla. O’Connor s’incuriosì e sul finire della conferenza decise di essere lui a rivolgerli una domanda: <<Ehilà piccolo! Noto che ti sono piaciute le mie diapositive. Dimmi, sei anche tu un appassionato dell’Area 51?>>

Il bambino sorrise candidamente. <<Non esattamente>>disse con una voce che risuonava innaturalmente amplificata <<In realtà era casa mia, fino a qualche anno fa>>

Un mormorio si diffuse per la sala. << C-cosa? Stai dicendo che tu abitavi nell’Area 51? Ma dai, cosa dici ragazzino…>> sghignazzò O’Connor, pensando subito ad uno scherzo.

<<Sì, è così! Era casa mia! >> disse tranquillamente il bambino. <<Mi ci portarono i soldati quando io e i miei fratelli cademmo dallo spazio con la nostra navicella! Furono molto gentili, ci ospitarono e ci aiutarono a rimetterci in forze. Ci chiesero in cambio di dargli una mano a costruire i loro aeroplani super veloci! Per noi non fu facile, visto che la loro tecnologia era così arretrata rispetto alla nostra… Ma grazie alle nostre abilità siamo riusciti comunque a creare qualcosa che li rendesse felici! Eppure abbiamo senz’altro avuto modo di imparare gli uni dagli altri.>>
Tutta la classe si alzò stupefatta, indietreggiando. Un rivolo di sudore scese lungo la tempia del professore. Una strana aura azzurra emanava pulsante dal corpo del bambino. Il professore esclamò sbigottito: <<D-dunque ci stai d-dicendo che tu… tu sei un… alieno? Per mille neutrini, come… com’è possibile…?!>> Il nero negli occhi del piccolo essere si espanse ad occupare tutto il bianco del bulbo oculare. Il professore si sentì sbiancare. Stava per avere un mancamento.

<<Beh, sì! Anche se per come la vedo io… gli alieni qui siete voi!>> ridacchiò soddisfatto l’esserino.
Il piccolo alieno unì il pollice e il medio, e… SNAP!

<<Bene, la conferenza è finita, ragazzi. Grazie di aver partecipato! Mi raccomando, ai miei studenti, per la prossima settimana portate una relazione dettagliata sull’Area 51 e sui progetti aeronautici che sono nati da essa! A giovedì prossimo, grazie ancora a tutti per la vostra attenzione!>>
Il Professor O’Connor chiuse la sua borsa dopo avervi riposto tablet e puntatore laser, e vide i partecipanti uscire e discutere della conferenza: il giovane appassionato di aerei commentava come l’Area 51 avesse permesso una grande rivoluzione nel campo dell’aviazione americana, il complottista magrolino, furibondo, gridava ai suoi compagni che quei discorsi erano una farsa del governo per nascondere gli UFO, e che persino O’Connor era un Man In Black venuto a fare il lavaggio del cervello a tutti. Ognuno di loro aveva le proprie credenze, le proprie idee, ma in fondo, il mondo è bello proprio perché è vario! In ogni caso i ragazzi (perlomeno la maggior parte) parevano convinti che non c’era nessun bisogno di appellarsi ad alieni e astronavi precipitate per spiegare l’aura di mistero che aveva circondato l’area 51 per così tanto tempo.
Mentre si apprestava ad uscire, O’Connor ebbe ad un tratto la sensazione di ricordare che seduto nella sala conferenze ci fosse anche un bambino un po’ strano… ma la sensazione svanì com’era venuta. Mah.

<<Figurati se un bambino viene ad ascoltare le mie lezioni, solo un extraterrestre molto annoiato potrebbe farlo!>> ridacchiò tra sé e sé il professore.

Un’auto nera era parcheggiata in lontananza. Due uomini in giacca e cravatta vi sedevano. Mentre il tizio al posto dell’accompagnatore abbassava il binocolo e lo riponeva nel vano del cruscotto, il guidatore afferrava la radiotrasmittente.

<<Aquila 51, qui Tom e Jerry. Tutto sotto controllo. Il Puffo voleva solo divertirsi un po’. Rientriamo.>>

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