L’inquinamento in Cina: quello che non sappiamo

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L’inquinamento in Cina: quello che non sappiamo

Molto spesso quando si parla di Cina, uno dei grandi temi che vengono sventolati ma di cui si sa ben poco è l’inquinamento. La situazione in passato è stata drammatica, così drammatica che esiste una pagina wikipedia solo sull’inquinamento in Cina; ora lo è un po’ meno ma i passi da fare sono ancora moltissimi.
Vanno fatte però molte puntualizzazioni su cosa sia successo e su cosa stia accadendo ora, perché come ho già ribadito più volte, non è così semplice reperire informazioni ufficiali e approfondite che non siano rivisitate dalla censura cinese né manipolate dalla stampa occidentale ostile.
Andiamo per gradi, partendo dai grandi problemi oggettivi della Cina, primo su tutti l’inquinamento dell’aria.
Solo a Pechino fino al 2013 le oltre 5 milioni di auto e le industrie manifatturiere contribuivano in maniera incisiva alla già terribile situazione dovuta agli impianti industriali a carbone, tanto da causare (e non solo una volta) quel fenomeno chiamato Airpocalypse, con banchi di nebbia dove la nebbia però è data solo dallo smog.
Un altro esempio drammatico si è avuto a Shanghai nel 2013, dove in un emissario del fiume Huangpu migliaia di maiali morti per l’acqua inquinata galleggiavano sulle sue acque in seguito a una perdita di materiale tossico da parte di un’azienda chimica della zona. E questo è solo la punta dell’iceberg del problema dell’acqua di superficie in Cina, che è così inquinata che non solo non è potabile ma non si riesce nemmeno a purificarla.
Oltre a questi due problemi più evidenti c’è poi la desertificazione, erede di millenni di agricoltura intensiva, di deforestazione e di impossibilità delle piante di ricrescere, creando zone sempre più ampie di suolo e roccia.
Questo porta a un rischio mortale per la biodiversità e la salvaguardia di specie che possono sopravvivere solo in determinate condizioni.
Insomma, è tutto molto grave ma quello che c’è da sapere è che la Cina sta facendo molto per rimediare alla sua folle ascesa economica che ha ignorato completamente ogni riguardo nei confronti dell’ambiente.
Nel marzo del 2014 il premier Li Keqiang ha annunciato ufficialmente una presa di posizione ferma e definitiva nella guerra all’inquinamento.


È importante sapere e capire che se un argomento viene incluso nel piano quinquennale (che è l’insieme di politiche economiche su cui si basa la Cina, attualmente siamo nel Tredicesimo, dal 2016 al 2020) significa che c’è un impegno serio ed effettivo, ma soprattutto che verrà fatto tutto il possibile per attuarlo realmente.
Così sono stati imposti limiti, divieti, conversioni obbligatorie e chiusure delle industrie più inquinanti con livelli massimi nazionali e locali.
A Pechino per esempio il consumo di carbone è stato dimezzato tra il 2013 e il 2018, e migliorando la qualità dell’aria del 35%.
Ma anche nel quotidiano le scelte si fanno sentire: il traffico alternato delle auto, il miglioramento degli impianti di riscaldamento in inverno, hanno fatto sì che in molte altre città la qualità dell’aria migliorasse e anche la prospettiva di durata di vita si allungasse.
Sono stati chiusi moltissimi vecchi impianti impossibili da convertire e centinaia di milioni sono stati stanziati per le nuove tecnologie più ecosostenibili.
Alcuni esempi pratici di ciò che sta avvenendo oggi è in ambito agricolo l’uso combinato di previsioni del tempo accurate con sensori, foto aeree, studi delle proprietà del suolo per minimizzare l’utilizzo di fertilizzanti, pesticidi e acqua. Sensori ottici sui trattori identificano le erbe esatte da estirpare o su cui applicare erbicidi, i contadini hanno più mezzi per prevedere il raccolto e possono ottimizzare tempi e costi.
Le industrie stanno convertendo i propri scarti di produzione attraverso tecnologie avanzate per riciclare e produrre materiale che per esempio può essere utilizzato nell’edilizia.
C’è ancora molto da fare e da migliorare, ma la strada che si allontana definitivamente dall’airpocalypse è sempre più vicina.

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