Ombrelli a Hong Kong: cosa sta succedendo?
Partiamo rispondendo a un’altra domanda, che può sembrare sciocca e scontata ma forse non è proprio chiara a tutti, come recentemente ci ha mostrato anche Versace (ma questa è un’altra storia, di cui parleremo un’altra volta).
Hong Kong fa parte della Cina?
Anche se i movimenti e le proteste possono già far intendere la risposta corretta, confermiamo: sì, Hong Kong è una regione amministrativa speciale della Repubblica Popolare Cinese, come Macao, e vive del principio che viene chiamato “un Paese, due sistemi”. Gode di notevole libertà, più di ogni altra regione autonoma o municipalità cinese, e la confusione sulla sua indipendenza è dovuta al fatto che Hong Kong partecipi ad attività internazionali sportive o umanitarie con i propri rappresentanti invece che insieme alla RPC.
All’atto pratico, ciò che viene controllato dal governo centrale di Pechino sono le relazioni diplomatiche e la difesa, mentre l’autodeterminazione della città riguarda il sistema legale, la moneta, la dogana, l’immigrazione e l’estradizione.
Ed è proprio a partire da quest’ultimo punto che si è sviluppato tutto il caos da giugno a oggi.
Ciò che sta accadendo è nato da un emendamento proposto nei mesi scorsi riguardo l’estradizione, ossia che, se venisse approvato, sarebbe possibile estradare da Hong Kong alla Cina, andando così a interferire con quel diritto garantito di amministrare a Hong Kong le questioni giudiziarie.
Il vero problema è il timore, anzi il terrore, che questa nuova politica possa essere utilizzata per far giudicare avversari politici e personaggi ostici da tribunali cinesi, dove i diritti civili non sono sempre rispettati.
Dunque a seguito di ciò a giugno sono iniziate proteste ogni fine settimana e a noi sono arrivate varie notizie, sentendo tanto parlare di Rivolta degli Ombrelli o cose simili.
Il Movimento degli Ombrelli, in realtà si chiama così, prende origine da una serie di proteste pacifiche nate nel 2014 per richiedere il suffragio universale.
Gli ombrelli non sono altro che una protezione organizzata da parte dei partecipanti per evitare di essere colpiti direttamente dalla polizia e per proteggersi dai fumogeni.
A seguito delle nuove proteste, la governatrice in carica Carrie Lam ha sospeso quasi immediatamente l’approvazione dell’emendamento, ma non l’ha ritirato completamente, ragion per cui i cortei sono continuati e addirittura aumentati.
Quello che viene richiesto oggi è il ritiro completo dell’emendamento proposto sull’estradizione, la rimozione dell’uso della parola “rivolta” per definire i movimenti di protesta, il rilascio incondizionato di tutti coloro che sono stati sommariamente arrestati durante le proteste e che le accuse su di loro cadano immediatamente. Inoltre viene reclamata un’indagine sui metodi e comportamenti adottati dalla polizia in questo frangente e un’implementazione di un vero suffragio universale.
Le proteste coinvolgono molte parti della città e l’apice più grave si è raggiunto con il coinvolgimento dell’aeroporto e dei voli anche di lunga tratta e importanti come verso Stati Uniti e Gran Bretagna.
Per capire un po’ meglio quel che sta accadendo come sempre bisogna far luce sulla storia: HK è stata una colonia inglese dal 1842 come esito della sconfitta della guerra dell’oppio e nel 1898 la Cina aveva ceduto i diritti dei Nuovi Territori agli inglesi per 99 anni.
A metà degli anni 80, l’allora presidente Deng Xiaoping aveva iniziato a discutere col governo inglese le modalità di ritorno della città sotto la giurisdizione cinese, e fu in quell’occasione che venne coniata l’espressione “un Paese, due sistemi” che sta a indicare appunto la dualità di presenza della Cina come Stato unico, ma due sistemi politici differenti (e la cosa si applica anche a Macao).
Parte dell’accordo includeva che la Cina non interferisse né imponesse il proprio modello governativo per 50 anni dalla riannessione, a eccezione della politica estera e della difesa.
Tuttavia il capo esecutivo di HK è correntemente eletto da una commissione di 1200 membri, meno del 6% della popolazione che avrebbe diritto di voto, commissione per altro accusata di avere al suo interno prevalentemente simpatizzanti del governo pechinese.
Ma come si sta comportando il governo di Beijing?
Da una parte è molto, molto difficile raccogliere informazioni imparziali su come stiano procedendo le cose e in che modo si evolveranno. Gli organi d’informazione cinese, che chiaramente remano a favore del governo centrale, si focalizzano su contro-proteste pacifiche organizzate da cittadini di Hong Kong, cinesi e d’oltreoceano, tutti uniti in un coro di condanna a chi vuol minare la pace e l’equilibrio de “un Paese, due sistemi”.
Ciò che sottolinea il presidente Xi Jinping è che la rivolta non può essere ignorata e intanto proseguiranno le manovre per cercare di limitare i danni.
Dall’altra c’è l’occhio non sempre obiettivo occidentale, soprattutto americano, che viene spesso filtrato da pregiudizio e dalla malizia economica, e quindi vi consigliamo di leggere da tante fonti diverse, anche quelle cinesi, per avere un’idea più completa di un fenomeno molto complesso e che mette radici molto più antiche di ciò che vediamo oggi.
Quel che è certo è che schiere di migliaia di poliziotti si stanno riunendo sempre più vicino a HK e stanno ricevendo un addestramento antisommossa.
Non è dunque possibile prevedere dove tutto questo potrà portare, perché la Cina tende a non cedere su posizioni che minino la sua autorità, ma è anche vero che una seconda Tian’an Men sarebbe se non umanamente impossibile, una mossa suicida a livello politico-economico.
Rimaniamo con gli occhi aperti e vi aggiorneremo presto.
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