La Chinatown più diversa del mondo
Esistono tanti luoghi in giro per l’Italia che ospitano comunità di varie origini, molto più amalgamate con il resto della popolazione italiana di quanto si tenda a credere a causa di slogan politici e disinformazione mediatica.
Non è una novità che più grande è una città, più naturale è l’incontro di culture e provenienze diverse e a Milano questa realtà esiste da oltre un secolo.
Quella che ormai viene comunemente chiamata Chinatown, è la zona che si sviluppa intorno a via Paolo Sarpi (vicino a Porta Garibaldi, per dare un’indicazione più ampia) e non è da poco che fa parte della città.
Negli anni Venti del 1900 inizia una migrazione potente dallo Zhejiang (una regione cinese vicino a Shanghai) verso quella zona della città meneghina caratterizzata da magazzini e laboratori dove si lavora la seta e conosciuta come Borgo degli Ortolani.
In realtà c’erano stati cinesi che avevano fatto parlar di sé già da fine Ottocento e con l’Esposizione Universale del 1906, i primi movimenti dall’estremo Oriente avevano avuto il loro inizio.
Perché questa zona?
Non solo setifici e artigianato della pelle hanno fatto sì che diventasse il “quartier generale dei cinesi”, così definito in epoca fascista, ma la conformazione urbanistica stessa. La struttura infatti di gradi cortili con annessi magazzini era molto simile a quella cinese e naturale centro di aggregazione.
Fino agli anni Novanta, per lo più si tratta di una immigrazione lavorativa, con ricongiungimenti famigliari dopo qualche anno, mentre è da quel che periodo che inizia a esserci una nuova migrazione, quella di famiglie intere.
Nasce dunque una nuova necessità, quella di “aiutarsi tra simili” e creare strutture e servizi che possano dare una mano a chi è appena arrivato in Italia senza essere troppo spaesato.
Si sviluppano così servizi per immigrati in lingua cinese, agenzie di viaggio, attività da e per cinesi solo nella loro lingua… tutto questo isola automaticamente parte della comunità cinese che ha sempre meno bisogno di confrontarsi con l’italiano e nasce il famoso stereotipo del cinese chiuso che non vuole avere a che fare con chi non è della sua nazionalità.
Ma oggi le cose sono ben diverse, ci sono tantissimi cinesi di ormai terza o quarta generazione, completamente integrati con la comunità italiana e che mandano avanti attività che mettono in comunione e comunicazione le due culture.
Ed è molto diversa anche la situazione abitativa.
Si tende a pensare che a Chinatown, come nelle varie Chinatown nel resto del mondo, abitino solo cinesi, ma a Milano non è affatto così.
Sempre mettendo le radici nel secolo scorso, a lavorare nel Borgo degli Ortolani, c’erano prevalentemente donne italiane.
Negozi, persone, attività italiane non si sono spostate (ovviamente in ambito commerciale ci sono sempre aperture chiusure e variazioni, ma è una questione più economica che sociale in questo caso) ma si sono sempre interfacciate positivamente con la comunità cinese.
Tra il 2010 e il 2011 il quartiere intero è stato rimesso a nuovo con una riqualificazione urbana che ha reso l’area uno dei luoghi più “in” di tutta Milano: aiuole, alberi, area pedonale e pavimentazione in pietra, rendono ormai via Sarpi uno dei fulcri della movida milanese e oramai anche una delle aree più costose dove prender casa.
Abbiamo parlato solo di italiani finora, a dire il vero, ma i cinesi come hanno vissuto tutto questo?Fino a pochi anni fa, chi emigrava veniva considerato un traditore capitalista, ma è ormai qualche anno che Xi Jinping, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, ha ribattezzato “sogno cinese” questa volontà di migliorare le proprie condizioni, con una conseguente mitizzazione di quanti “ce l’hanno fatta” oltremare.
E dunque, tra miti più o meno realistici, quello che possiamo vedere noi qui è un esempio di integrazione seppur non perfetta perché di guai ce ne sono sempre o ovunque, se non altro un modo attivo e positivo di far convivere comunità differenti.
Volete una prova?
Allora il prossimo capodanno cinese, andate in piazza Gramsci e guardate con i vostri occhi, oltre lo spettacolo incredibile di draghi danzanti e parate scenografiche, vedrete che lì, in uno dei momenti più importanti per la cultura cinese, un momento quasi sacro, a partecipare ci sono tantissimi italiani entusiasti.
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