Kevin Spacey: e adesso che succede?
Sgombriamo subito il campo da qualsiasi forma di equivoco: questo articolo non verrà in vostro soccorso.
Se vi aspettate un’analisi dettagliata, oggettiva e definitiva sulla vicenda giudiziaria e umana di Kevin Spacey non troverete nulla di tutto ciò fra queste righe. Non per una incapacità personale, sia chiaro: volendo, questo pezzo avrebbe potuto essere un excursus sullo scandalo legato al due volte Premio Oscar ricco di rigore e documentazione. Anzi, vogliamo essere sinceri: una delle prime stesure puntava proprio in quella direzione. Poi, però, ci siamo chiesti: a cosa servirebbe un articolo come quello? In cosa si distinguerebbe dai moltissimi scritti e pubblicati negli ultimi mesi in occasione della svolta relativa alle sue traversie personali? Nulla, assolutamente nulla.
Da questa storia, invece, ci piace provare a trarre alcune considerazioni in merito alla difficoltà di mantenere una forte obiettività in determinate situazioni. Perché, ammettiamolo, nell’autunno del 2017 nominare Kevin Spacey equivaleva per molti a manifestare ammirazione in pubblico nei riguardi delle doti diplomatiche di Adolf Hitler! Un’accusa di molestie lanciata dal giovane Anthony Rapp e risalente al 1986 quando il ragazzo aveva solo 14 anni innescò un furibondo effetto valanga. Piovvero decine di accuse simili e la carriera dell’attore ne uscì frantumata.
Ora, però, le cose sono cambiate. A luglio sono cadute le accuse rivolte all’attore nell’unico processo che (per ora) lo vedeva coinvolto e legato a presunte molestie ai danni del giovane William Little in un locale nel 2016. Spacey si è ripresentato in pubblico proprio nel nostro Paese, a Roma, recitando una poesia di Gabriele Tinti che, attraverso la metafora di un pugile, esplicitava la volontà di rialzarsi dopo le avversità.
Interessante come la quasi totalità dei quotidiani si sia schierata con l’attore in occasione della sua rentrée. Non perché non dovessero farlo, ovviamente, ma perché sembra quasi che tutti gli espedienti giornalistici e i toni adottati due anni fa per massacrarlo ora vengano utilizzati nel senso inverso per incensarlo. Come se la macchina comunicativa si fosse rimessa in moto cambiando assetto e puntando i riflettori diversamente ma sempre con il medesimo tono assolutista. O si è disgustosi mostri spregiudicati o si è vessate vittime del Sistema… non sono ammesse sfumature o distinguo! L’intera vicenda è diventata un strumento per smantellare il contestato movimento Me Too e non si contano le affermazioni vendicative di chi ha sempre visto, nelle denunce innescate a partire dal 2017, solo pura spregiudicatezza e opportunismo ai danni di uomini potenti.
Mancanza di sfumature, dicevamo. Pare non sia possibile mantenere saldo il principio di ritenere una persona “Innocente fino a Prova Contraria” (parlando di Spacey) evitando di crocifiggerlo anzitempo perché lo abbiamo visto avvenire in questi due anni. Pare altrettanto problematico, però, non giudicare immediatamente la vittima di un caso giudiziario legato all’ambito sessuale come un’arrivista che cerca di distruggere la vita di una persona usando affermazioni quali “Ah, prima ci è stata a letto e poi lo denuncia” (per citare la più diffusa). Sembra che le opinioni debbano sempre essere granitiche, all’insegna della semplificazione e dell’assolutismo ma così non cambierà mai nulla. Demonizzare tutte le denunce avvenute negli scorsi anni e delegittimare movimenti che hanno cercato di abbattere il muro di omertà che cela perenni abusi di potere a sfondo sessuale è ridicolo. Lo è altrettanto, ovviamente difenderne le azioni a spada tratta anche quando commettono errori che rischiano di fare a pezzi qualcuno o celano efferate vendette personali. Perché sembra così difficile affrontare queste vicende come degli adulti consapevoli e non come adolescenti incattiviti?
Forse ci stiamo sbagliando ma se le cose andranno come temiamo c’è il forte rischio che la stessa Stampa che annientò Spacey ora lo tramuti in una icona innescando un nuovo circolo vizioso che non porterà a nessuna riflessione ma soltanto a un inasprimento della lotta tra fazioni che, da due anni a questa parte, offusca la vera ragione d’essere di battaglie quanto mai necessarie.
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