Il paradosso della Non esistenza – Onigiri Calibro 38
Ultimamente quando scrivo i pezzi per la mia rubrica mi sembra di parlare solo delle caratteristiche negative della società giapponese, ma in realtà è solo questione di conoscere i difetti per poter godere di più anche dei pregi.
Se qualcuno di voi è mai stato in Giappone, saprà che l’ospitalità è uno dei loro maggiori vanti, si occupano del turista/viaggiatore come se fosse una persona importantissima, facendoti sentire speciale come nessun altro.
Eppure, a lungo andare, ci si accorge di quella sottile linea che viene tracciata, tra loro e noi. Tra chi è giapponese e chi, semplicemente, non lo è. Gaijin è la parola che viene utilizzata per indicare lo straniero, una contrazione del composto Gaikoku (estero) e Jin (persona), una contrazione usata in maniera quasi dispregiativa. Come se chiunque arrivasse da fuori fosse una specie di variabile che potrebbe sconvolgere l’equilibrio perfetto che sono stati in grado di costruire negli anni. Un macchinario perfetto che può andare avanti a funzionare solamente se tutti i pezzi arrivano dalla stessa fonte.
È quasi paradossale, perché la mentalità non è sigillata. Sono ben disposti a guardare al mondo per vedere come vengono fatte le cose, come si vive altrove. Sono molto curiosi ma molto gelosi del loro spazio, quasi si aspettassero che nessun altro abbia la mentalità per avvicinarsi al loro modo di vivere, così ordinato, così ben oliato.
E allora fintanto che sanno che tu sei un turista che starà a casa loro per un periodo determinato allora hanno per te ogni cura possibile.
Quando invece capiscono che sei arrivato per restare, allora la musica cambia, le porte si chiudono e tutto diventa più difficile.
Si può vivere in Giappone per decenni, ma non si sarà mai davvero giapponesi ai loro occhi.
Persino i figli di coppie miste, arrivati al compimento della maggiore età devono fare una scelta: o sei giapponese o non lo sei. Punto.
Sarà l’idea instillata di discendere dalle divinità o semplicemente una paura recondita di non riuscire ad avere a che fare con l’altro, ma è un Paese in cui ci si può sentire molto soli, sia se si è nati lì, sia se ci si è arrivati dopo. Mi è capitato di essere in mezzo a tantissima gente e avere la percezione di non essere vista, di diventare improvvisamente trasparente, di camminare e muovermi come fossi fatta d’acqua, sebbene nessuno mi abbia mai fatta sentire non voluta.
Essere e non essere.
Esistere ed essere invisibili.
Non si può davvero spiegare altro che come il mondo del paradosso perfetto.
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